Donne arabe in rivoluzione

Una recensione e un video per «Ferite di parole»

di Monica Macchi   

Qui sotto il video dell’incontro organizzato dall’Associazione per i diritti umani (www.peridirittiumani.com) nell’ambito della Carovana dei diritti per la presentazione del libro scritto da Ivana Trevisani e Leila ben Salah, «Ferite di parole» ovvero «le donne arabe in rivoluzione. Mille fuochi di voci, di gesti e di storie di vita».

Il libro nasce dalla consapevolezza che mancava un’informazione sul ruolo e sulla partecipazione delle donne nelle rivoluzioni, che nel mondo arabo non iniziano certo nel 2011: c’erano prima (come dimostrano le associazioni di donne per la tutela della salute o della maternità o per far conoscere i loro diritti ad altre donne), ci sono state durante e continuano a esserci ancora; le rivoluzioni e il passaggio dalla dimensione privata sulla scena socio-politica hanno solo reso evidente quella partecipazione.

La tesi centrale è proprio lo spostamento del materno dalla dimensione privata a una dimensione pubblica: inizialmente le donne sono entrate nella rivoluzione come “madri di” o “mogli di” nella duplice funzione di prendersi cura di qualcuno o protestare contro le ingiustizie. Ben presto però sono passate a essere donne in prima persona con molteplicisfaccettature: uno dei personaggi-simbolo è Umm Khaled, la madre di Khaled Said, il giovane massacrato dalla polizia ad Alessandria (una delle scintille che hanno portato allo scoppio della rivolta del 25 gennaio in Egitto) e che è stata presente a tutte le manifestazioni e ai concerti per dar forza e sostegno ai manifestanti. Altro simbolo è la madre di Mohamed Bouazizi, il giovane morto per essersi dato fuoco dopo l’ennesima multa-sopruso per irregolarità del suo lavoro di venditore ambulante (una delle scintille della rivolta tunisina) che ha rinunciato a costituirsi parte civile nel processo contro l’agente di polizia municipale che aveva multato il figlio, riconoscendo che anche quella donna era stata eletta a capro espiatorio dal regime.

Le donne sono così entrate nel dibattito sul concetto di identità e gli artisti hanno dato il loro contributo ricordando sia l’identità storica che le tante diverse componenti (copta, ebraica, greca, italiana nella Alessandria cosmopolita di Yusef Chahine) come dimostrano le foto dei murales del Cairo presenti nel video. Una rivoluzione non “di genere” intesa solo come questione femminile ma sostenuta e accompagnata dagli uomini. La reazione del regime ha utilizzato lo stesso strumento di sempre: la paura attraverso le molestie sessuali con la precisa funzione politico-strategica di ricacciare le donne nel privato. Un ritorno al passato che non c’è stato e non ci sarà, né in Egitto né in Tunisia. Due segnali su tutti: le manifestazioni del 13 agosto 2012 in Tunisia, contro l’articolo della Costituzione che sanciva la “complementarietà” della donna rispetto all’uomo e Samira la ragazza che ha denunciato i test di verginità in Egitto, supportata dal padre.

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