Donne (e) assorbenti

di Doriana Goracci (*)

Oggi, lo dice anche la pubblicità Nuvenia, è #bloodnormal parlare di assorbenti e donne e certe liquide presenze di sangue. Nessuna storia violenta.

Bari all’Auditorium Vallisa, fino al 19 settembre, si può visitare una mostra Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco, a cura di Manuela de Leonardis che coinvolge 68 artiste internazionali sullo stesso tema, ma ovviamente con obiettivi e presupposti del tutto differenti: gli assorbenti. L’ho letto dalla pagina di un’attenta amica di Facebook, Sonia Migliorini. E così mi è tornato alla mente quanto scrissi nel 2009 sulle donne e gli assorbenti, io,che non sono davvero un’artista ma mi piace comunicare. Buona lettura del mio vecchio post su certe liquide presenze…e buona visita per chi ha la magnifica Puglia vicino, per vedere la mostra.

 

Sarà stato intorno ai primi anni ‘70 che mi colpì qualcuno che raccontava la Fine – per l’Occidente s’intende – quando le donne cinesi avessero tutte usato gli assorbenti. Ancora mi ricordo di quelle operazioni bacinella su pannolini di cotone contaminati dal sangue, prima da lavare con acqua fredda e sapone e poi da far riposare in acqua e varecchina. Tornava tutto bianco.
Feci a tempo anche a vedere, appesi ai fili, i pannolini delle mie sorelline gemelle nate ai primi di marzo, e la loro entrata in casa con una insolita neve romana. Arrotolai e piegai in una cesta infinite fasce: si chiamavano sorrisi e triangoli.I sorrisi per queste alternanze mensili che vennero poi, allora furono pochi e perplessi. Di triangolare rimase il segnale di pericolo: l’assenza di sangue poteva essere sinonimo di nascita.
Ci siamo sottoposte tutte a questa spesa con piacere, per non buttare il nostro tempo in sciacquettamenti e sospiri. Una tassa che ha assorbito una vita riproduttiva, da produttrice a consumatrice: un fai da te, paga e getta e per cortesia senza esibizione. Solo pochi decenni addietro e si mostrava in parecchi nostri paesi, la pezza della prova sverginamento post nozze. Proprio come fanno ancora tante milioni di donne cinesi ad attestare il ciclo mestruale come controllo governativo delle nascite. Girava voce in Italia che qualcuna si faceva ricostruire l’imene: roba da ricche, come oggi il designer vagina.
Sanguinò a Sud la guancia della Madonna dell’Arco a metà del XV secolo, e poi a Nord la Madonna del Sangue, del latte e poi fu la volte del suo cuore, di altre immagini, di altre sante e donne… Si esibiva Madonna in Take A Bow: lei sanguinava e il toro moriva sul serio, era il 1994. E oggi Rihanna canta la stessa canzone, senza finzioni sceniche truculente anche se il suo viso ne ha prese di botte e credo che il sangue fosse vero ma ritorna dall’amato bene… «e bruci, tu brucerai brucerai all’inferno, si all’inferno brucerai all’inferno, si brucerai all’inferno per tutti i tuoi peccati». Take a Bow = Inchinati: lo Spettacolo continua.
Poi magari si diventa anziane e non si contiene più, neanche quel goccetto d’acqua come diceva mio nonno, scusandosi e andando ad orinare. Il racconto di una vicina di casa in paese, arriva a quella trasgressiva liberazione giallo paglierino che le donne sulla strada facevano allargando le gambe, complici le vesti lunghe. Oggi ci sono gli assorbenti: i tamponi di una scrittura vitale, magari non fertile. Tamponava anche il cotone, era un corredino segreto, riscoperto da una casa canadese che è bio, come noi donne: «Davvero utili e pratici da usare. Naturali e amici della nostra salute. Che possibilmente ci facciano risparmiare. A impatto zero, ovvero riutizzabili per lungo tempo e che non comportino un danno ambientale quando li si elimina».
Gli assorbenti sono con le ali: dicono che garantiscono una maggiore protezione. Non so se noi le abbiamo messe. Di certo abbiamo una gran capacità di assorbimento, per natura.
Possiamo avvolgerci nella carta igienica e dormire tra due guanciali super assorbenti: asciutte e pulite. L’assorbente è invisibile, quasi quanto la violenza domestica e la nostra capacità di autodeterminazione, non solo nella scelta di cosa raccolga il ciclo vitale della donna ma di come esserci, esistere in rapporto all’incontro con l’altro da noi, che non può essere solo la denuncia, l’evadere con ali protettive.


La Storia della paura, preceduta da Le seduzioni della guerra, approda allo Stupro, con l’analisi di una donna Joanna Bourke: tre suoi testi che analizzano non le vittime ma gli stupratori le società e i soggetti portatori di violenza, che propongono il futuro come frutto delle nostre scelte. In un intervento al World Social Summit 2008, l’insegnante inglese del Birkbeck College, sinteticamente spiegò il suo punto di vista sulla Storia culturale della paura: «Paura e ansia possono annichilire l’ego. Ecco la testimonianza di un soldato britannico: “Mamma, scrivere non è nelle mie corde, proprio come combattere”. In questo modo si presenta l’individuo in pubblico. Questo ci terrorizza e così possiamo agire erroneamente, con omicidi, guerre, attacchi. Nella società moderna ci dicono di non aver paura e di reagire, ma al contempo ci inducono ad essere spaventati in diversi modi. Rispetto al passato, non ci si rivolge più alle organizzazioni e agli elementi della comunità per avere una consolazione dai propri timori. C’è un comportamento sempre più individuale. Vi invito a riflettere che c’è un pericoloso approccio universalizzante. Si crea un soggetto di sofferenza universale estraneo alla storia. Nel caso delle donne e delle violenze, ad esempio, il vero succo della storia non era più la donna, ma il suo trauma. Lo storico deve specificare il “chi” e il “dove”, solo con lo specifico eviteremo l’inevitabile e le visioni apocalittiche. L’invito è a forgiare una società più etica. Milioni di persone dovrebbero rispondere con un secco no alle tecniche di assassinio proposte dai governi».Una spilla da balia fa ancora da badante-chissà quante ancora oggi la usano- ché non si riapra la chiusura, tenga fermo il pannolino, contenga: riaprire almeno la libertà della memoria?
O per Altre Menti: «Davvero utili e pratiche da usare. Naturali e amiche della nostra salute. Che possibilmente ci facciano risparmiare. A impatto zero, ovvero riutizzabili per lungo tempo e che non comportino un danno ambientale quando le si elimina».
E le cinesi? Pare ci sia ancora tempo. Ma i canti delle risaie si fanno sempre più vicini, come cosa mettere nella ciotola, quotidianamente: tra divieti, triangoli e sorrisi in una sfera globale dove tabù spettacolare è ancora il sangue e come l’assorba la donna.
(*) ripreso da
www.agoravox.it

 

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