Dylan Dog e gli alieni dallo spazio profondo

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia

Dylan-Groucho

«L’infinito… forse è dentro ognuno di noi» conclude Dylan Dog, il noto indagatore dell’incubo alla fine di quello che è considerato uno dei più bei racconti a fumetti degli anni ‘90 cioè «Terrore dall’infinito”, albo 61 della serie, scritto da Tiziano Sclavi, qui probabilmente al suo massimo, per le talentuose matite del grande Bruno Brindisi.

dylandognumero61

L’inizio del racconto ha dell’insolito, per un albo horror: il protagonista, Withley Davies, viene perseguitato da un disco volante e rapito da alieni (che lo esaminano con attenzione) per poi risvegliarsi nel suo letto, madido di sudore. Sembra che gli Et vogliano dirgli qualcosa, ma cosa? Davies vuole vederci chiaro, in queste visioni che hanno il sapore di incubi vissuti ad occhi aperti. E chi meglio di Dylan Dog può aiutarlo?

Però Dylan pare davvero impotente davanti alle manifestazioni aliene a cui sembra assistere insieme all’inseparabile Groucho, qui in versione molto contenuta, rispetto alla solita mitragliatrice di battute.

Gli alieni esistono e uno di loro – che si fa chiamare Choky (bella citazione dall’omonimo romanzo di John Windham, quello dei famosi Trifidi, per intenderci) – sembra conoscere Whitley fin dall’infanzia, purtroppo molto tormentata, segnata da un padre alcolizzato e violento, da una madre bigotta e assente, da un fratellino affetto da un grave ritardo mentale.

chocky-DylanDog

Dylan Dog, grazie all’aiuto del bravo amico psichiatra dottor Bronsky, riesce a scavare nell’inconscio di Whitley, arrivando a materializzare l’arrivo degli Ufo e di Choky. Il quale non è altro che l’immagine del suo fratellino morto, che gli rivela la terribile verità, che il buon Whitley ha tenuto nascosta e trasformata nel suo inconscio: suo fratello non è morto in un incidente, ma caduto dalle scale a seguito del tentativo della madre di ucciderlo.

Alla fine Dylan riesce ad aiutare Whitley a superare le barriere che dall’infinito lo portano a contatto con la parte più profonda di sè, riuscendo a fargli accettare e superare l’amara verità.

Ma gli alieni erano davvero presenti. Come è possibile … se tutto alla fine era davvero una proiezione dell’inconscio di Whitley?

Nella stesura del suo diario, Dylan riflette sul senso di inconscio arrivando a ipotizzare come l’infinito non sia in realtà una dimensione spaziale ma qualcosa di cui l’essere umano fa parte, come tutte le cose viventi.

Come direbbe lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung, tutti partecipiamo attivamente all’inconscio collettivo, quel serbatoio di immagini primordiali condivise, che stanno alla base del patrimonio dell’umanità e del mondo, la voce della natura che ognuno di noi sente dentro di sè.

«Chiunque avanzi sul cammino dall’autorealizzazione deve inevitabilmente riportare alla coscienza i contenuti del suo inconscio personale, allargando in tal modo in grande misura il campo della sua personalità. […] Come l’individuo non è assolutamente un essere unico e separato dagli altri, ma è anche un essere sociale, così la psiche umana non è un fenomeno chiuso in sé e meramente individuale, ma è anche un fenomeno collettivo»: così ebbe modo di scrivere Jung («La struttura dell’inconscio» in «La psicologia dell’inconscio», traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997: pagine 109 -110).

Si potrebbe anche affermare che la fantascienza non è altro che il processo di auto-realizzazione dell’inconscio collettivo rappresentato in questo caso dal genere orrorifico, ovvero dal perturbante freudiano, ciò che sconvolge la tranquilla pacifica vita dell’io conscio del mondo, dimentico della propria ombra.

L’ombra – ciò che rappresenta la parte più profonda di noi, sia a livello personale che collettivo – ritorna sempre dalle tenebre dello spazio profondo cercando la propria sopravvivenza, l’autorealizzazione, la vita. Solo stabilendo un dialogo con il profondo, si esce dalle anguste stanze della prigione dell’Io, arrivando a realizzarsi come individui in relazione con il tutto.

Un racconto di liberazione dall’incubo, d’indagine e di riflessione filosofica e psicologica insieme, oltre che una profonda ed emozionante avventura a metà strada fra horror e fantascienza, luoghi solo in apparenza appartenenti a galassie diverse.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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