Edna St. Vincent Millay: «L’infanzia è il regno in cui nessuno muore»

104esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)

L’infanzia è il regno in cui nessuno muore

 

L’infanzia non è un tempo della vita 

che ha principio coi giochi e si conclude 

quando, adulti oramai, ce ne disfiamo. 

L’infanzia è il regno in cui nessuno muore

 

Nessuno d’importante, si capisce. 

Ci sono lontani parenti che muoiono, 

che abbiamo visto solo per un’ora 

e che ci regalarono dei dolci 

in una scatola a strisce verdi e rosa, 

o un coltellino,ma presto sparirono, 

non puoi dire che siano stati ” vivi”.

 

E muoiono anche i gatti,che agitavano 

la coda sul tappeto, il pelo reticente 

all’improvviso scosso, percorso da pulci 

che nessuno vi avrebbe immaginato, 

lucente e bruno,i gatti che sapevano 

tutto quello che c’è da sapere, 

emigranti nel mondo dei vivi. 

Tu prendi una scatola da scarpe, 

che ora è troppo piccola per lui, 

ne’ puo’ la’ dentro raggomitolarsi: 

ne prendi una piu’ grande, lo seppelisci nel cortile, e piangi.

 

Ma non ti svegli dopo un mese o due, nel mezzo della notte, 

ne’ dopo un anno, ne’ dopo due anni, 

a piangere, mordendoti le dita, a gridare:” Mio Dio,mio Dio, mio Dio!”

 

L’infanzia è il regno dove nessuno d’importante muore

– madri e padri non muoiono.

E se tu hai detto: “Per l’amor del cielo, 

devi proprio baciarmi di continuo?” 

o ” Vorrei tanto che smettessi di battere contro la finestra” 

Domani o il giorno dopo, in pieno gioco, 

avrai il tempo per dire ” Scusa,mamma”.

 

Diventi adulta quando siedi a tavola 

in compagnia di morti, 

persone che non parlano e non sentono; 

che non bevono il te’, che pur dicevano 

essere il primo dei piaceri umani.

 

Corri in cantina a prendere per loro 

il vasetto più fresco di lamponi: 

non li tenti. 

Lusingali, allora: non abboccano. 

Gridagli in faccia, alzati, arrossisci, 

strappa alle sedie quelle spalle rigide, 

scuotile, strilla pure; 

rimangono impassibili,nemmeno imbarazzati; scivolano solo 

indietro sulla sedia.

 

Ora è freddo il tuo té. 

Lo bevi in piedi 

e poi lasci la casa.

[poesia tratta dal sito de «Il Sole24ore»: non sono riuscita a rintracciare la/il traduttrice/traduttore né il titolo della raccolta]

(*) Ricordo che qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala da oltre 15 anni invia ad amiche/amici per 3 o 4 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie inviate quella da regalare alla “bottega” e io posto. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni. [db]

Redazione
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