El Salvador: le donne fermano le miniere

La storia di Vidalina Morales e delle sue compagne che hanno fermato l’estrattivismo minerario in El Salvador

di Diana Delgado e Maitane Arri (*)

Più di un decennio di movimento comunitario instancabile, in cui a poco a poco si é costruita una resistenza ai progetti minerari, un’organizzazione che ha vinto una partita, quella delle miniere, ma che continua a scendere in piazza per riuscire a fare sì che l’acqua sia considerata per legge un diritto fondamentale per la vita nel Salvador.

El Salvador é un paese piccolo, con un’estensione poco più grande della provincia di Cáceres (o, in Italia, del Veneto, ndr), per fare un esempio. Ma é molto più popoloso. Il più densamente popolato del continente americano. Molte persone devono andare a prendere l’acqua alla fontana o al pozzo. E stanno rimanendo senza acqua: “stress idrico”, lo chiamano. Principalmente perché, quando piove, l’orografia del terreno, sommata all’ampia deforestazione di alcune zone, non permette che l’acqua venga trattenuta ed essa scorre direttamente verso il mare. Ciò é dovuto anche ai cambiamenti climatici, all’inquinamento e ad una gestione politica mercantile e ingiusta per quanto riguarda l’accesso all’acqua.

Oltre che scarsa, l’acqua é di cattiva qualità. Il 90% dell’acqua salvadoregna é inquinata, piena di sostanze chimiche come il glifosato. Poca acqua, privatizzata e di cattiva qualità. E in questo contesto di violazione di uno dei diritti umani fondamentali per la vita, arriva in Salvador un’impresa canadese che vuole sfruttare la poca acqua che ancora resta.

Nel 2004 Pacific Rim é riuscita ad avere dal governo un permesso di esplorazione nel dipartimento di Cabañas, nel nord del paese. É in quel momento che Vidalina Morales comincia a lavorare con l’Associazione di Sviluppo Economico e Sociale di Santa Marta (ADES). “Un compagno dell’associazione mi ha proposto di far parte dell’equipe tecnica e un venerdì mi ha detto che dovevo cominciare quello stesso giorno. Io non sono neanche andata a chiedere a mio marito, non avevo dubbi sul fatto di accettare. Il mio compagno e i miei figli non hanno mai protestato. I più grandi si prendevano cura degli altri (il piccolo aveva 7 anni). Non ho avuto molti ostacoli in famiglia. Ma nella comunità sì, sono stata molto criticata. Perché uscivo di casa e lasciavo mio marito e i figli da soli? Per cercare un altro uomo, pensavano. Ero malvista solo per il fatto uscire di casa. Mi sono detta che se non riuscivo a rompere queste barriere non avremmo mai potuto vincere la lotta”, ricorda Vidalina.

Il lavoro di Vidalina consisteva nel portare il tema delle imprese minerarie nelle comunità, rafforzare la lotta locale e dare visibilità alla problematica. A tempo pieno. Come formichine, lei e i suoi compagni hanno cominciato a smascherare il mostro. Sono riusciti anche ad avere un rapporto elaborato da Robert Morán, un esperto nordamericano che poteva dire con imparzialità se ci sarebbero stati impatti inquinanti nel caso si fosse aperta la miniera d’oro nella regione.

La comunità era già preparata. Come spiega Vidalina, lo spirito comunitario e rivoluzionario di questa zona é storico: “La comunità di Santa Marta fu espulsa dal Salvador verso l’Honduras durante il conflitto armato del 1981. Nei sette anni che rimasero là si organizzarono negli accampamenti e, una volta organizzati, decisero di tornare in Salvador. Al ritorno misero in marcia un progetto di educazione popolare, negli anni novanta si crearono associazioni, nacque Radio Victoria, una radio comunitaria che é stata fondamentale nella lotta contro l’impresa mineraria. È una comunitá molto legata alla teologia della liberazione, alcuni sono stati guerriglieri negli anni novanta…”

E poi…la paura. Senza che ci fosse una guerra, cinque persone sono state assassinate. Minacce, botte. “La paura si sente-dice Vidalina-, ma una ha la convinzione che, se ti tocca, beh, é un cammino che devi seguire.”

Foto tratta dal sito dell’Ades

Donne in prima linea

Le prime a manifestare sono state le donne. E sono state anche le prime a ricevere i colpi. “Quando hanno assassinato Dora, mi hanno chiesto di accompagnare la famiglia nei giorni del funerale. Io avevo molta paura, perché eravamo stati tutti minacciati, ma sono andata la mattina lo stesso ad accompagnarli”: Dora Sorto era incinta di 8 mesi e aveva tra le braccia un bambino di due anni, anche lui è stato ferito dalle pallottole.

Le donne non si sono allontanate dalla prima linea. Per questo, nel 2012, le imprese minerarie hanno cambiato strategia e hanno cominciato a minacciare i figli delle persone più in vista del movimento di resistenza.

Vidalina Morales parla di femminismo come difesa dei beni comuni, perché le donne dipendono più direttamente dalle risorse naturali, vivono a stretto contatto con la terra e con l’acqua. Il discorso di Vidalina nelle comunità é chiaro. Se restiamo senza acqua, saranno le donne ad alzarsi ancora più presto per andare a prenderla più lontano. Eppure “i gruppi femministi del Salvador si sono mantenuti un po’ ai margini della lotta per i beni comuni e io dico, senza sminuire la lotta per i diritti delle donne che portano avanti, che é molto importante lottare per quello che ci permette di vivere, perché chi può vivere senza acqua? Chi può vivere senza aria pura?

Nel marzo del 2017, dopo 12 anni di lotta instancabile delle comunità, il Congresso ha approvato all’unanimità la legge contro le miniere che estraggono metalli in Salvador. A partire da quel momento, nessuna impresa mineraria può intraprendere attività di esplorazione, estrazione, sfruttamento e trasformazione, né a cielo aperto né sotterranea. Oltre alla lotta popolare, “la pressione della Conferenza Episcopale é stata molto importante affinché tutti i deputati di destra votassero. Anche la Caritas, per esempio. E, ovviamente, le radio comunitarie.

Vidalina con Silvia Federici

Verso la legge generale dell’acqua

Hanno fermato le imprese minerarie, ma le comunità sanno chiaramente che non possono abbassare la guardia. La legge contro le miniere dipende ancora da come sarà costituita la maggioranza di governo e ci sono molti interessi che mirano ad impossessarsi delle risorse del Salvador.

“Il tema é ancora attuale, perché i minerali sono ancora là, abbiamo la maledizione di avere l’oro. Se ci sarà un cambio di governo si rafforzerà il rischio. Per questo siamo in una campagna continua con le popolazioni per fare loro conoscere il quadro giuridico (sono una decina di articoli) e questo ci permette di continuare ad organizzarci se avremo ancora la necessità di mobilitarci”. Il mese scorso la mobilitazione popolare é riuscita a bloccare un nuovo tentativo da parte della destra di incorporare le imprese private nell’ente publico che gestisce le politiche idriche del paese, grazie anche all’appoggio dell’Università del Salvador, dei sindacati e delle organizzazioni ecologiste. Il presidente del governo, Salvador Sánchez Cerén, del FMLN, ha ribadito che l’acqua non verrà privatizzata finché lui sarà presidente.

Rimane ancora inevasa la proposta delle comunità di una legge generale sull’acqua, che é sul tavolo dal 2012. Questa proposta definisce l’acqua come un diritto, stabilisce un ente di gestione totalmente pubblico e garantisce la partecipazione comunitaria alla protezione del liquido vitale. Oltre a blindare questo diritto, si chiede anche una legge che protegga i semi autoctoni. Perché, come dice Vidalina, chi può vivere senza acqua? Chi può vivere senza alimenti o aria pura?

(*) Fonte: blog Saltamontes di El Salto . Titolo originale: Defensoras del agua en El Salvador. Un ejemplo de organización comunitaria

Traduzione per Comune-info: Michela Giovannini

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