Elogio del condominio, futura umanità

Il vivere quotidiano cambia anche attraverso piccoli gesti, come racconta Paolo Cacciari in «101 piccole rivoluzioni», appena pubblicato. (*)

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Per ora l’idea, salomonica, di una “Fiera del libro” in comune fra Torino (dove è nato l’appuntamento di maggio col Salone) e Milano (dove alcuni editori, i grandi, vorrebbero portarla) ha suscitato una gran cagnara. A prescindere dall’oggetto, cioè dai libri, è sembrata a molti irricevibile proprio l’idea di condominio, di condivisione. Curioso: qualche decennio fa gli opinionisti tifavano Mito, cioè l’unificazione di Milano e Torino in una sola metropoli; che, a dire il vero, ha già dato raffinati frutti come il festival internazionale della musica “Mito SettembreMusica”.

Forse l’inconscia antipatia “condominiale” che alcuni hanno manifestato deriva dalle esperienze di partecipazione a quelle riunioni un po’ kafkiane su come ridipingere le finestre del palazzo.

Vale allora allargare lo sguardo e ragionare sull’idea di condominio, cioè della messa in comune di idee e/o beni.

Anche perché in giugno l’Istat ha diffuso un rapporto sulla mobilità urbana: in Italia risultano in forte crescita i servizi di «mobilità condivisa», ovvero bike sharing, scooter sharing, car pooling e car sharing. Il primo è in 60 città con più di 11 mila biciclette (il doppio del 2011); il quarto è in 23 città – 18 al Nord – per oltre 4 mila veicoli, con diverse modalità. Piccoli numeri certo ma segnano una inversione di tendenza.

E in Sardegna? Qualcosa si muove. Sul fronte car sharing da segnalare l’esperienza di Alessio e Fabio Mereu della PlayCar, la prima nell’Isola; il Comune di Cagliari ha stipulato un accordo con loro rendendo il servizio più accessibile. I fratelli Mereu hanno importato in Italia alcuni taxi londinesi, gli unici con super omologazione per trasportare disabili.

C’è poi il nuovo autostop detto «blablacar». Anche qui le ragioni sono di risparmio ma influisce – nell’epoca della socialità elettronica – il piacere di non stare da soli in automobile… O in casa, perché risultano in crescita anche il cohousing e forme simili di «vicinato elettivo», ovvero vivere in alloggi privati ma con ampi spazi condivisi: cucine, lavanderie, laboratori, sale giochi per bambini, biblioteca e altro. Non esistono numeri affidabili ma è visibile che molte persone, sia giovani che anziane, sono affascinate dal cohousing.

Se non fratelli almeno cugini dei suddetti sono coloro che fanno parte dei Gas, gruppi d’acquisto solidale, o che praticano il P2P (peer-to-peer) per la condivisione di software e altri servizi. O che si iscrivono alle nuove Società di Mutuo Soccorso e alle Banche del Tempo. Oppure che si dedicano agli orti urbani e talvolta condominiali, omaggio a quelli “di guerra” nati perfino nelle aiuole dei monumenti, amorevolmente curati da cittadini che per necessità si facevano contadini. In molte città italiane gli orti condivisi sono una pratica incoraggiata dalle amministrazioni mentre negli Usa è spesso vietata, con “buona pace” di Michelle Obama che invece ha incarnato questa scelta, trasformando in giardino un angolo di terra della Casa Bianca.

Sull’insieme di attività “comunitarde” non esistono in Italia dati certi. Però sappiamo che gli orti urbani sono presenti già in 44 capoluoghi italiani anche grazie a un uso intelligente della legge 10 del 2013, «Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani». Gli ecovillaggi italiani invece sono già una quindicina, ma siamo su un territorio un po’ diverso. Dei molti modi in cui il vivere quotidiano può cambiare attraverso piccoli gesti ha raccontato Paolo Cacciari in «101 piccole rivoluzioni», appena pubblicato. Che la socialità e le scelte condivise abbiano un grande futuro?

(*) questo mio articolo è uscito – al solito: parola più, parola meno – domenica sul quotidiano «L’unione sarda». I molti temi che si intrecciano avrebbero meritato una ben più ampia trattazione. Vorrà dire che: 1) in bottega sono graditi interventi e/o racconti di esperienze concrete e/o consigli di lettura; 2) alla prima occasione anche io ci tornerò su, magari con una serie di interviste. Intanto ecco qui sotto la presentazione che Altreconomia fa del volume di Cacciari. Un’ultima nota per chi si appassiona di fantascienza e magari ricorda il devastante romanzo «Condominium» di James Ballard: la metafora di quel vecchio romanzo non è solo nell’idea che il sovraffollamento, il vivere pressati come topi sia poco sano ma soprattutto nell’annuncio che a forza di cercare divisioni fra popoli, culture e usanze ci ritroveremo a fare le guerre “di pianerottolo”… E se vi sembra un’idea balzana vorrei chiedervi: da quant’è che non guardate il mondo? Quello di cui racconta invece Paolo Cacciari nel suo nuovo libro è il contrario: la rinnovata voglia di condivisione e socialità, di confronto e progetto collettivo. (db)


«101 piccole rivoluzioni: storie di economia solidale e buone pratiche dal basso»
Non basta l’indignazione: in questo libro il racconto delle esperienze concrete e delle azioni di resistenza che – da tutta Italia – cambiano la propria comunità e il modello di società verso un’economia eticamente orientata.

Scarica QUI <http://www.altreconomia.it//presskits/Press_KIT_101PiccoleRivoluzioni.zip> il Press kit con: • La copertina in HR • Un estratto dalla presentazione di Aldo Bonomi • Uno stralcio dall’introduzione di Paolo Cacciari • L’indice delle 101 storie

«Le grandi svolte sono il risultato di mille svolte quotidiane» ha affermato il filosofo Roberto Mancini. Paolo Cacciari racconta in questo libro «101 buone prassi di economia solidale» e di buen vivir, dall’agricoltura alla finanza, dall’urbanistica alla salute: per la prima volta una raccolta così ampia – curatissima e aggiornata – di progetti da tutta Italia, capaci di scardinare dal profondo, sia pure a livello locale, il sistema fondato sul “capitale”. Perché non solo sperimentano best practice socio-economiche a 360 gradi, ma propongono un modello differente, fatto di responsabilità, collaborazione e sobrietà.
Le 101 “brevi storie” raccontano infatti l’attività di singole persone, gruppi, collettivi, associazioni e movimenti sociali che – oltre a criticare i rapporti economici vincolati alla logica del profitto – sperimentano in concreto modelli di produzione, impresa e convivenza più sostenibili sotto l’aspetto ambientale, sociale ed economico. Una narrazione che dà voce a un popolo di “obiettori di coscienza al mercato”: contadini della filiera corta e consumatori critici dei Gruppi d’acquisto solidali, banchieri etici e “transizionisti” delle Transition Towns, “decrescenti”, attori della “semplicità volontaria” e permacultori, pubblicitari pentiti e molti altri.
I capitoli sono otto: fra i temi forti economie plurali, ambiente, terra e cibo, produzioni e consumi responsabili, cura del patrimonio di tutti e delle persone. L’autore sceglie i protagonisti di questa “rivoluzione anfibia” tra i contadini “genuini clandestini” e senza caporali, gli ortisti urbani e i custodi dei semi, gli operai delle fabbriche recuperate, i movimenti di difesa dei beni comuni e del territorio, i collettivi di piccola distribuzione organizzata, locale e sostenibile, i giornalisti e i comunicatori fuori dal coro, gli amministratori e i cittadini che fanno incontrare economia solidale e Stato: dai pomodori liberati, alle reti della legalità, dai migranti imprenditori agli immobili ristrutturati a favore della comunità, decine di volti e gesti di economia alternativa.
Nella sua ampia e documentata presentazione, il sociologo Aldo Bonomi sottolinea la dimensione locale delle “piccole rivoluzioni”, che definisce
«un processo carsico di pratiche territoriali» e ne rivendica l’appartenenza alla comunità: «è anche un repertorio di protagonismo dei luoghi. Dove fare impresa di comunità e rivitalizzare spazi dismessi, condividere conoscenza e beni, disegnare filiere corte e circuiti solidali». L’invito è quindi a partecipare alla “transizione” verso una società più giusta con la propria personale “rivoluzione”. Come scrive Paolo Cacciari: «Il cambiamento ci sarà solo se sapremo immaginare una vita diversa, liberata dagli imperativi del sistema economico che ci soverchia».

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Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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