I guardiani della foresta: energetica presenza di indigeni in Europa

di Loretta Emiri (*)

I delegati delle organizzazioni indigene COICA (Bacino Amazzonico), AMPB (America Centrale), AMAM (Indonesia), accompagnati da rappresentanti di organizzazioni forestali, stanno realizzando un lungo viaggio in pullman attraverso l’Europa. Conosciuta come “I guardiani della foresta”, l’iniziativa è partita in Germania il 15 ottobre per poi raggiungere città del Belgio, Francia, Olanda e Inghilterra. A rappresentare i popoli indigeni brasiliani ci sono ben sei membri dell’APIB – Associazione dei Popoli Indigeni del Brasile, e precisamente: Sônia Guajajara, Woie Patte Xokleng, Dinamam Tuxá, Patrícia Juruna, David Guarani, Luiz Eloy Terena. I leader indigeni si sono già incontrati con movimenti sociali della Germania; hanno denunciato la realtà politica dei loro paesi nella sede del Parlamento Europeo a Bruxelles; a Londra hanno incontrato specialisti e scienziati del clima, partecipato a una marcia, rilasciato dichiarazioni durante una conferenza stampa tenutasi nella Royal Society. Da Parigi hanno poi raggiunto Amsterdam, da dove sono tornati in Germania. Il viaggio si concluderà a Bonn, dove avrà luogo la COP23, la 23ª Conferenza sul Clima indetta dall’ONU.

La coordinatrice-esecutiva dell’APIB, Sônia Guajajara, ha spiegato che l’obiettivo del viaggio è quello di contattare stampa, istituzioni non governative, autorità politiche e della società civile per denunciare la persecuzione affrontata dagli indigeni nella difesa delle loro foreste. Tra l’altro, Sônia ha dichiarato: “Si tratta di una formidabile opportunità per accendere i riflettori sulle difficoltà alle quali devono far fronte le nostre popolazioni. Il viaggio attraverso l’Europa contribuirà a far stringere i legami tra le varie organizzazioni, e dare visibilità alle diverse lotte travate nella realtà politica e sociale dei nostri paesi d’origine. La comunità internazionale deve essere sensibilizzata circa il ruolo che i popoli indigeni svolgono come guardiani della natura, e su come i territori preservati contribuiscono alla soluzione della crisi climatica. In questo senso, l’importanza del riconoscimento e legalizzazione delle terre indigene è fondamentale. Garantire i diritti dei popoli indigeni significa frenare il disboscamento e dare legittimità a differenti modi di vita, alla molteplicità delle culture, alla biodiversità del pianeta”. Sônia e gli altri leader sostengono che il mondo deve riconoscere che i popoli indigeni e le comunità forestali sono i maggiori guardiani della foresta esistenti sul pianeta. Stanno anche ricordando che nella decade del 1990 il Parlamento Europeo emise una risoluzione che proibiva alle imprese di commercializzare prodotti che provenissero da territori non legalizzati. Questo provvedimento incentivò grandemente il processo di demarcazione delle terre indigene. Nel 2016 il Parlamento Europeo si è espresso di nuovo in relazione al martoriato popolo Guarani-Kaiowá, esigendo la demarcazione delle sue terre. Quest’anno gli indigeni brasiliani sono tornati per sollecitare una risoluzione che esiga la continuità della demarcazione delle terre, nel rispetto dei diritti dei popoli indigeni.

La COP23 si terrà a Bonn dal 6 al 17 novembre 2017. La presidenza, però, non andrà alla Germania, bensì alle Isole Fiji. Una scelta dal valore simbolico, tenendo conto del fatto che sono proprio gli stati isola, gli atolli e le piccole nazioni insulari ad essere più a rischio a causa dei cambiamenti climatici. Infatti, Stati come Tuvalu o la Repubblica di Kiribati sono già costretti a valutare programmi di evacuazione dei propri abitanti perché i loro piccoli territori possono ritrovarsi sommersi dagli oceani, in crescita a causa dell’aumento delle temperature medie globali. Sarà nell’ambito della COP23 che i Guardiani della Foresta sintetizzeranno quanto stanno ripetendo in giro per l’Europa. Il messaggio più rivoluzionario e contundente che lanceranno alle autorità internazionali è quello di riconoscere e definire l’ecocidio un crimine. Coloro che disboscano, uccidono i fiumi, inquinano, distruggono, devono essere puniti perché i loro sono crimini contro l’umanità.

(*) tratto da Pressenza

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