Enichem Ravenna: da oggi l’appello a Bologna

di Vito Totire (*)

Si apre oggi a Bologna l’appello per il processo amianto/Enichem di Ravenna. La AEA – Associazione Esposti Amianto – invita alla mobilitazione sulla “incredibile” (e incomprensibile) sentenza di sostanziale assoluzione in primo grado. Siamo presenti in questo appello rappresentati , come in primo grado, dall’avvocato Gugliemo Giuliano.

Il rinvio a giudizio aveva riguardato 35 casi di mesotelioma, 5 tumori polmonari, 13 casi di broncopneumopatia cronico-ostruttiva, 24 asbestosi parenchimali, 44 casi di placche pleuriche asbestosiche.

Nel corso del processo – in rappresentanza della AEA e di numerose parti civili e parti lese – abbiamo parlato per due giorni facendo riferimento alle conoscenze della comunità scientifica sull’amianto sul piano dell’eziologia e della prevenzione. Abbiamo fatto riferimento alle posizioni riconosciute alla unanimità relative al ruolo della dose, al ruolo della dose cumulativa, all’importanza della prevenzione, alla cronologia delle conoscenze (la consapevolezza del potere cancerogeno dell’amianto risale al 1935, la consapevolezza della sua nocività non oncogena risale alla fine dell’Ottocento!),

Abbiamo assistito ad una carrellata di consulenti giunti anche dall’estero che hanno cercato di riscrivere la storia della medicina e di criticare le acquisizioni ormai unanimi della comunità scientifica fino asserire che 900.000 fibre di amianto per grammo di tessuto polmonare repertati a 15-20 anni dalla fine della esposizione in fabbrica non sarebbero prova sufficiente dell’eziologia professionale del tumore.

In verità i 35 casi di mesotelioma dimostrano drammaticamente una esposizione estremamente alta ad amianto (Burdorf, Iwatsubo, vedi anche «Quaderni del Ministero della salute», giugno 2012) ma siamo in un Paese in cui qualcuno si lasca convincere più dai campionamenti ambientali non eseguiti al momento giusto che dalle evidenze epidemiologiche cioè, brutalmente, dal numero dei morti.

Un rischio così alto quello nell’Enichem degli anni sotto esame che è stato trasferito anche a domicilio e ha causato la morte per mesotelioma anche della moglie di un operaio.

Allora di cosa si è trattato se non di esposizione indebita, massiccia, prevenibile, al rischio cancerogeno dell’amianto?

Si è trattato di calamità naturale?

Non che alle calamità naturali l’uomo sia estraneo ma in questo caso si è trattato di calamità industriale/capitalistica.

Al quesito di cui sopra dovrebbe ora rispondere la Corte d’Appello e non tanto al dubbio se l’amianto c’era o non c’era;

Certo per i non addetti ai lavori o per chi non ha seguito il processo la vicenda potrebbe sembrare controversa; fra i più distratti e i meno informati potrebbe sorgere il dubbio di una sentenza con qualche margine di fondamento. Ma le sentenze, quando non sono giuste, spesso non sono neanche coerenti. La sentenza di primo grado condanna un solo imputato e per un solo caso di asbestosi!

L’asbestosi è tra le patologie di amianto quella che viene innescata dalla dose più alta. Dunque coerenza: se si è materializzata una esposizione asbestosigena come si può assolvere per patologie indotte da livelli di esposizione anche notevolmente più basse?

L’evidenza scientifica e materiale non si può riscrivere a uso penale: come se per giungere ad una condanna occorresse registrare l’unanimità di tutti, compresi i consulenti degli imputati.

Saremo presso la Corte d’Appello di Bologna a ribadire le ragioni nostre, delle vittime dell’amianto e dell’intera comunità scientifica pubblica e indipendente.

(*) Vito Totire, medico del lavoro, è presidente AEA, l’Associazione Esposti Amianto e rischi per la salute.

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