Ennesimo suicidio in carcere: stavolta a Ravenna

Sempre più urgente – ma ancora omessa – una concreta politica di prevenzione

di Vito Totire (*)

Morte in carcere a Ravenna: ci sarà il lutto cittadino o la solita indifferenza? Dalla trasmissione di Radiocarcere del 19 settembre abbiamo appreso del “suicidio” di un giovane detenuto a Ravenna. Si tratterebbe del trentaquattresimo evento suicidario nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno (**). Sappiamo solo che aveva 29 anni e che il decesso si è verificato in ospedale dopo il tentativo di suicidio, purtroppo riuscito e agito il martedì precedente.

Al sentimento di lutto che ci coglie in circostanze come questa si soprappongono le “solite” domande:

  • Cosa si fa nelle istituzioni totali per la prevenzione?
  • Cosa fanno le Ausl, la Regione, il governo? Nel discorso programmatico il presidente del Consiglio non ha neppure citato la parola «carcere», per poi rispondere in maniera incongrua ed evasiva a una parlamentare della opposizione che ha ricordato proprio il tema del rischio suicidario (delle persone detenute e dello stesso personale di custodia). Si è celebrata il 10 settembre «la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio» ma di provvedimenti concreti non c’è sentore salvo un generico impegno a migliorare la analisi epidemiologica del “fenomeno”: davvero poco quindi.
  • A volte pare che la prevenzione sia solo terziaria, nel senso di fare affidamento sulle capacità di percepire, correre e soccorrere da parte del personale di custodia. Ma, come abbiamo scritto sopra, anche questo personale è a rischio: un alto rischio, se confrontato con altre coorti di lavoratori. Una parlamentare di centro destra lo ricorda – e ha ragione – a un governo che del carcere preferisce non parlare per una questione di “equilibri politici”.
  • Le labili iniziative di monitoraggio e di “miglioramento” dell’ex-ministro Orlando sono state sepolte dalla real politik dell’ultimo governo, metà del quale ha “chiuso un occhio” o peggio ha condiviso la ideologia del «buttare via la chiave»: parole gravi, contrarie allo spirito della Costituzione pronunciate spesso da rappresentanti istituzionali che ciononostante rimangono al loro posto.

Su tutti i tragici eventi come quelli di Ravenna cala sempre una inquietante coltre di silenzio. Sarà così anche per questo ultimo “suicidio” ?

Facciamo appello a tutte le persone di buona volontà perché questo non avvenga.

(*) Vito Totire è psichiatra e portavoce del circolo Chico Mendes e del Centro Francesco Lorusso di Bologna

(**) dopo questo scritto di Totire è arrivata la notizia di un altro suicidio: nel carcere di Poggioreale.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Daniele Barbieri

    Ha ragione Vito Totire a ricordare che nell’ultimo – anzi penultimo – governo in tanti hanno parlato di inasprire le pene e di «buttare via la chiave». Salvo poi diminuire o azzerare le pene per aprire le porte delle carceri ai pochi “colletti bianchi” incriminati o a chi fa parte della Casta. Denunciando “il caso Sozzani” (4 giorni fa in Parlamento la maggioranza ha votato no alla motivatissima richiesta di concedere gli arresti per Diego Sozzani di Forza Italia) alcuni articoli de «Il fatto quotidiano» hanno raccontato – il 19 e il 20 settembre – quello che purtroppo ben pochi sanno: quanto le leggi si accaniscono contro chi ruba… biciclette, fiori di campo, un ovetto Kinder (in quel caso fu assolto), un panino e persino 22 pigne o 7 pietre. Vale, con il giornalista Antonio Massari, fare due conti. «Due anni di carcere per ricettazione di una bicicletta. Ovvero 17.520 ore da trascorrere dietro le sbarre. Silvio Berlusconi, per una frode fiscale da 7,3 milioni di dollari, se l’è cavata con 168 ore di servizio sociale fra i vecchietti».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *