Eppure ti conosco

Il 26 aprile è morto a Roma Leoncarlo Settimelli. Cantante di strada e non solo.

In rete lo ricorda così Stefano Arrighetti, presidente dell’Istituto Ernesto de Martino.

«C’era il Nuovo Canzoniere Italiano e c’era il Canzoniere Internazionale e c’eravamo noi, ragazzi, su e giù per la Toscana e  l’Italia a rincorrerli per i concerti, a cercare i dischi nelle librerie delle Feste dell’Unità o direttamente sotto i palchi. C’era la sinistra e raccontava l’Altra Italia, quella del coraggio e  della lotta per il riscatto. Ma questi sono ricordi e considerazioni personali. Il 26 aprile è morto a Roma Leoncarlo Settimelli. Era nato a Lastra a Signa nel 1937.  Nei primi anni 60 fondò a Roma il circolo L’Armadio insieme, tra gli altri, a Laura Falavolti, Marco Ligini ed Elena Morandi. Sono il nucleo fondativo del Canzoniere Internazionale che pubblicherà, tra gli altri, Canta Cuba Libre, Il bastone e la  carota, Questa grande umanità ha detto basta, Vita, profezia e morte  di Davide Lazzaretti. E’ stato un protagonista della canzone sociale e di protesta.  Ma Leoncarlo non era solo un grande interprete. Era una personalità poliedrica: musicologo e ricercatore, importante documentarista per la Rai, scrittore, giornalista per l’Unità. Il suo archivio sonoro è depositato presso l’Istituto della Memoria  in Scena di Scandicci ed è in fase di ordinamento e catalogazione. Salutiamo un compagno«».

Negli anni della strada, dell’Altra Italia appunto, ho incontrato Leoncarlo Settimelli in molte manifestazioni; di certo prendemmo insieme un po’ di botte dalla polizia  (che voleva impedire una protesta davanti all’ambasciata Usa) in via Veneto e non escuderei di aver messo qualche auto di traverso insieme a lui… se pure qualcuno o qualcosa era capace di convincerlo a posare per un attimo la chitarra. Ma potrei sbagliare. Non ero suo amico. Ho apprezzato le sue canzoni e, anni dopo, i suoi articoli (era un giornalista vero). Ma lo voglio ricordare perchè fra le molte canzoni che nacquero all’Armadio ce n’è una che ancora adesso ogni tanto canticchio e anzi uso come  parabola. Credo che nei versi ci sia lo zampino di Marco Ligini –  del quale, anni dopo, divenni buon amico – ma questo ha poca importanza, all’epoca si credeva molto nel lavoro collettivo.  Ne trascrivo qualche passaggio e spero che la memoria non mi inganni. Resta inteso che se qualche amica/o vorrà mandarmi il testo completo o, ancor meglio una registrazione, sarò felice  di socializzare.

«Io non ti ho visto mai  eppure ti conosco

di te potrei a lungo anche parlare.

Hai detto a uno studente “Ma cosa vi credete se quel momento arriva so sparare”

però per molto meno sempre ti hanno cercato

tu c’eri eppure non ti hanno trovato.

Hai sempre qualcosa di importante da fare, è sempre qualcosa che non può aspettare.

Hai sempre qualcosa di importante da fare, è sempre qualcosa che non può aspettare.

Avresti sì voluto stasera essere con noi in faccia ai poliziotti e alla violenza

ma vacca che disdetta, tv primo canale, c’era un programma sulla Resistenza

Hai sempre qualcosa di importante da fare, è sempre qualcosa che non può aspettare.

Hai sempre qualcosa di importante da fare, è sempre qualcosa che non può aspettare».

Fosse solo per aver cantato questi versi (e probabilmente alle feste dell’Unità qualcuno si offendeva assai) grazie Leoncarlo. E vaffanculo oggi come ieri a quelli che hanno sempre qualcosa di importante da fare.

Redazione
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  • non conoscevo. sì, bei versi!
    e vaffanculo a quelli là.

  • Marco Pacifici

    Che devo da commenta’? Con Marco Ligini (e D.B.) ho condiviso i mesi della scrittura della Strage di stato e tutti gli anni dopo e poi a Parigi al Tenon per il cancro fascista,lui dalla finestra mi faceva sbellicare che gridava …anch’io c’ho il cancro mica solo gianpaolo II, con lui ho perso la mia innocenza,accompagnato dai suoni Libertari di LeonCarlo e le riprese fantastiche avanti di vent’anni di Alberto Grifi… Mi auguro nessuno se inventi di farli santi…

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