Eric Dolphy: un geniale gessetto sulla lavagna

di Agostino Marzoli (*)


Primi anni selvaggi di quell’anarchia che era internet quando cominciò ad essere nelle case di tutti. Ero già appassionato di jazz e avevo già letto qualche libro su questa musica, ma ne sapevo ancora poco. Da uno di quei programmi peer-to-peer di dubbio valore legale scaricai un video di Charles Mingus. Non sapevo bene cosa aspettarmi. Aprii il file e già il fatto che non si trattava di un film porno camuffato sotto un titolo improbabile mi sollevò. Si trattava di un video del 1964 di un concerto del sestetto di Mingus che eseguiva Take The A Train. Il gruppo era fantastico, Mingus era uno sciamano; c’era energia, quel gruppo era vibrante e mi chiedevo come facesse quel pubblico di rincoglioniti a rimanere così impassibile di fronte a quella pulsione.
Il pezzo inizia, il gruppo introduce il famoso tema e poi è il trombettista Johnny Coles a fare il primo assolo per poi passare il testimone al pianista Jaki Byard. Fa un assolo bellissimo, mettendo in mostra inizialmente uno stile stride piano che si rifà alla tradizione per poi proseguire con un linguaggio più moderno. Poi arriva lui. È strambo, tutti smettono di suonare lasciando questo tizio a suonare in totale libertà. Si tratta di Eric Dolphy con il suo clarinetto basso. Cosa diavolo sta suonando? Ero scioccato. Le frasi melodiche erano spigolose, intervalli ampissimi si susseguivano a grande velocità. Pensai che non stava suonando, ma che stava maltrattando quello strumento. Vogliamo parlare poi del suono? Per me il clarinetto basso era quello di Harry Carney: caldo, sensuale, legnoso. Qui era aspro, stridulo, nervoso. Insomma… brutto! Era il gessetto spezzato sulla lavagna di scuola. Però tutto quel caos aveva un senso. Non erano note suonate a caso. Si capiva che Dolphy stava improvvisando un assolo ma che non si stava improvvisando! Dovetti guardare più e più volte quel video. Alla fine conclusi che Eric Dolphy era un semidio e che il rumore di quel gessetto sulla lavagna addirittura lo trovavo godibilissimo!
Da allora cominciai ad ascoltare le sue registrazioni. Doplhy è stato uno dei musicisti di jazz più originali della storia. Mai scontato, mai superficiale e soprattutto molto originale. L’originalità è forse la caratteristica più importante per un musicista jazz e lui suonava in un modo inimitabile, che non aveva precedenti e che non ha avuto imitatori.
Non starò qui a parlare della sua vita e di ciò che ha registrato. Nel web c’è già sufficiente materiale da consultare. In questi giorni, però, è doveroso ricordarlo per un doppio anniversario. Eric Dolphy nacque a Los Angeles il 20 giugno 1928 e morì, a soli 36 anni, a Berlino, il 29 giugno 1964, pochissimo tempo dopo la data di quel concerto che me lo introdusse. Visse poco, troppo poco, ma lasciò all’umanità una straordinaria eredità artistica.

Qui www.youtube.com/watch?v=vAn_gyNcvN4 il Charles Mingus Sextet (oltre a Mingus e Dolphy suonano Clifford Jordan, Johnny Coles, Jaki Byard e Dannie Richmond) in Take The A Train a Norway il 12 aprile 1964

L’IMMAGINE: https://www.suono.it/var/suono/storage/images/media/images/eric-dolphy-apre-photo-by-c -jean-pierre-leloir/2003941-1-ita-IT/Eric-Dolphy-apre-Photo-by-C-Jean-Pierre-Leloir_imagefullwide.jpg

Agostino Marzoli nasce in mezzo ad un sacco di gente. Alla perenne ricerca di una propria identità, rimane folgorato all’età di 17 anni dalla musica e dal personaggio di Duke Ellington e si innamora perdutamente di Billie Holiday. Da bambino inizia a suonare il clarinetto, poi sceglie il basso tuba per la sua estetica e perché è un affronto al conformismo. Si diploma in conservatorio quanto basta per capire che alle note preferisce i suoni. Rimane stregato da Gustav Mahler, ma ha il tempo per innamorarsi della musica brasiliana e della Traviata di Giuseppe Verdi. Legge tutto di Boris Vian, che lo aiuta a non annoiarsi. Alterna passeggiate in montagna a pantagrueliche mangiate. La ‘Patafisica è l’unica filosofia che sente di abbracciare. Ama la grappa e il cioccolato fondente. Ambisce a fare soldi senza impegnarsi ed a spenderli in cose non utili.

Per Diatomea scrive nella sezione NOTE e dintorni

Questo post di Marzoli esce – in contemporanea – anche su www.diatomea.net dove consiglio (a trombettisti e non solo) il suo west-end-blues-fenomeno-sociale-ai-tempi-della-quarantena: in continuo aggiornamento con versioni “post Covid” del brano di STI ovvero Sua Tromba Imperiale cioè Louis Armstrong (il titolo è insediato da molti ma per adesso soltanto Miles Davis è considerato STI a pari merito… o almeno così la pensa db, giurin-giurello)

Su Dolphy in “bottega” cfr Eric: 1) se amate il jazz e… e Scor-data: 29/06/1964

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Un racconto straordinario questo, a volte capita di viaggiare nel tempo su youtube. Ci si sposta verso immagini in bianco e nero, su istantanee congelate in studi di registrazione che scorrono sullo schermo, vecchi microfoni, giacche, cappelli, maglioni a collo alto, chissà dove, chissà quando. Ma poi dal ritmo, dagli assoli, ecco l’invito di una melodia che bussa dalle frontiere del passato e che risplende di originale sperimentazione. Nell’epoca attuale, triste, in cui la musica inizia a essere prodotta da intelligenze artificiali, godiamoci un confortevole viaggio nel tempo, l’invito a conoscere l’inimitabile, obliquo, geniale virtuosismo di un genio.

  • Non commento il pezzo scritto, commentare Eric Dolphy poi è come commentare il cielo quando c’è il maestrale. Però per quanto riguarda la tromba….. Chet Baker fa sognare.

Rispondi a Diego Rossi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *