«Esecuzioni a distanza», la guerra dei droni
recensione/riflessione di Giulia Abbate – da lezionisuldomani.wordpress.com – con un pezzo “resistente” di Silvia Ribeiro (ripreso da “Comune info”)
Se leggessimo solo libri di fantascienza e di meraviglie del futuro, ci perderemmo le meraviglie del presente. Vale anche per gli orrori. La guerra a distanza dei droni è un po’ di tutto questo: meraviglia, orrore, presente e futuro, talmente contemporanea da sembrare domani.
Il libricino “Esecuzioni a distanza” è un Adelphi che tratta appunto di guerra a distanza, sotto due diverse angolazioni:
- la guerra dei cecchini o tiratori scelti, nel primo racconto;
- la guerra dei piloti di droni nel secondo.
Trovo questo libro difficile da definire: mi ha molto colpita, ma forse non per suo merito, e lo valuto comunque in modo negativo.
Cose positive. Copertina, in primo luogo, azzeccata e foriera di riflessioni e sfumature (tragicamente assenti nel testo).
Ho apprezzato il secondo pezzo, “Predatori” (Predator è il nome dell’attuale modello di drone usato dagli USa in guerra e non): una quantità di informazioni sulle guerre dei droni, sulle implicazioni pratiche, etiche e morali vissute dai piloti, sull’organizzazione e le logistiche, che non avevo trovato altrove.
Tanti baci da Barack!
Direi che, proprio e solo grazie alle informazioni presentate, qui un fantascientista ci sguazza come un dodo nello stagno.
Però è tutto qui. Quello che manca, e che “altrove” invece ho più meno sempre trovato meglio di qui, è una qualità minima dello stile e una impostazione critica di base. Anche la traduzione scricchiola vistosamente, come nel caso del terribile “vado nella stanza di conversazione”.
Ecco.
Il difetto principale di EAS è che è scritto male e mal pensato. Lo stile, l’impostazione del discorso, la struttura, il modo in cui organizza i dati delle storie e mette insieme le cose per una resa omogenea… nulla è un gran che.
Sarò abituata forse troppo bene, da lettrice assidua di formidabili reportage di Internazionale e occasionale consultatrice di approfondimenti Limes?
Forse sì.
Non dimentichiamo però che lavoro come editor free lance e mi trovo tra le mani almeno cinque testi al mese, spesso al loro stato iniziale e bisognosi di cure come può esserlo un progetto architettonico disegnato da un dodicenne.
Questi scritti di Langewiesche non mi hanno convinta: ho fatto fatica a seguirli, non ho sempre capito chi fosse a dire cosa, né se stessi leggendo un reportage, o un testo romanzato, o un articolo predizionale, o un pezzo di “new journalism”.
Non sono riuscita a capire l’opinione, la visione di Langewiesche, o se ne ha una. Non si capisce quale sia l’ottica nella quale racconta e cosa vorrebbe suggerirci,. Tutte cose che devono essere chiare e sono indispensabili in un pezzo di attualità che voglia confrontarsi a carte scoperte con il lettore. A volte non capivo proprio dove si andava a parare: un attimo ci troviamo in un bozzetto realistico redneck americano, un attimo dopo in una biopic, poi il dilemma del cecchino, poi il generale che snocciola numeri… In così poche pagine, è come trovarsi al volante in una zona sconosciuta seguendo il navigatore, e accorgersi poi che sta flippando anche lui.
Insomma, in sostanza consiglio la lettura di “Esecuzioni a distanza” per i dettagli che porta all’attenzione, e per qualche notizia interessante che resta impressa, dato l’argomento e la novità della cosa. Per tutto il resto, è un “anche no”.
LA MORTE A CONTROLLO REMOTO
Nelle scorse settimane, oltre tremila dipendenti di Google hanno firmato una lettera di protesta chiedendo all’azienda di ritirarsi da un progetto, realizzato con il Pentagono, che potrebbe servire a uccidere individuando bersagli con i droni e ad aumentare la sorveglianza del governo sui cittadini. L’azienda si è difesa dicendo che anche Microsoft e Amazon (che però se ne vanta!) lo fanno, e che conosce le preoccupazioni della “comunità tecnologica” sulla possibilità di eliminare persone “in modo non corretto”. L’intelligenza artificiale al servizio della macelleria bellica e del controllo sociale, magari per ridurre gli spiacevoli “effetti collaterali” di qualche pioggia di bombe. Già, è una storia importante quanto tremenda ma davvero m olto antica, quella dell’utilizzo bellico delle “conquiste” scientifiche e tecnologiche. Per non annoiarsi, come di fronte all’ennesimo videogioco, forse c’è un solo modo: bisognerebbe guardarla con gli occhi delle vittime: il drone arriva e boom!, la tua casa e le persone che ami non ci sono più. Tutto finito. Intanto, Stati Uniti, Corea del Sud, Russia, Israele, India, Francia e Gran Bretagna sviluppano programmi di armi letali autonome, con robot killer. L’Onu vaglia la possibilità di condannare e chiederne il divieto…
SILVIA RIBEIRO
non sono d’accordo con tutto quello che scrive Giulia Abbate, il “bello” del piccolo libro di Langewiesche è che è tante cose insieme, un reportage, o un testo romanzato, o un articolo predizionale, o un pezzo di “new journalism”, ed un piccolo primo approccio per capire cosa è la guerra coi droni, poi si può approfondire con altri libri, per esempio quello di Gregoire Chamayou (http://www.deriveapprodi.org/2015/02/2795/) o con un film interessante (http://www.labottegadelbarbieri.org/cinema-6/).
ecco, io direi anche sì (http://www.labottegadelbarbieri.org/43236-2/)