Estradizione in Cile per una ex agente della Dina?

Adriana Rivas, assistente di Manuel Contreras, è stata arrestata in Australia il 19 febbraio. Sydney sembra intenzionata ad estradare la donna in Cile. Finora l’Australia si è contraddistinta per dare rifugio a un gran numero di repressori pinochettisti.

di David Lifodi

Lo scorso 19 febbraio Adriana Rivas, ex agente e torturatrice della Dina (Dirección Nacional de Inteligencia), la polizia politica pinochettista, è stata arrestata dalla polizia australiana. La donna, nome di battaglia “Chani”, era stata nello staff di Manuel Contreras, il deus ex machina della repressione della giunta militare. Nel 2006, la ex appartenente alla Brigada Lautaro era stata arrestata per il suo coinvolgimento attivo nel caso Conferencia, un’operazione clandestina condotta dalla Dina nel 1976 per disarticolare la direzione clandestina del Partito comunista cileno. Processata nel 2007, approfittò della libertà condizionale per fuggire in Australia nel 2009, dove è rimasta finora.

Adriana Rivas non si è mai pentita per i reati di cui è accusata, tanto da definire la sua appartenenza alla Dina come “i migliori anni della vita”. L’Australia, benché adesso il governo ne solleciti l’estradizione verso il Cile, si è trasformata negli anni nella meta principale dei profughi della giustizia cilena. Si parla di almeno 400 repressori fuggiti in Australia, dove si sono riciclati soprattutto come consulenti dell’intelligence. Del resto, è stata confermata la collaborazione della stessa intelligence australiana nel far cadere Salvador Allende l’11 settembre 1973 e l’infiltrazione di alcuni suoi membri tra le fila degli oppositori a Pinochet, da cui è scaturita la forte vicinanza tra governi australiani (anche laburisti) e il regime militare cileno.

Nel 2007 Rivas era stata accusata, in Cile, di almeno sette casi di sequestro e omicidio tra il 1974 e il 1977. In particolare, l’assistente di Contreras aveva partecipato in prima persona al rapimento di Víctor Díaz, Fernando Navarro, Lincoyán Berrios, Horacio Cepeda, Juan Ortiz, Héctor Véliz e Reynalda Pereira. Si trattava di esponenti del Partito comunista cileno, dirigenti sindacali, funzionari pubblici e semplici cittadini, torturati selvaggiamente e poi fatti sparire. Quando gruppi di solidarietà con il Cile di Allende iniziarono a reclamare, di fronte al governo australiano, contro la presenza di numerosi torturatori, sollecitandone l’estradizione, la loro richiesta venne accolta ma poi l’impunità continuò a regnare sovrana. I repressori godevano senza dubbio della protezione della Cia e della sua corrispondente australiana e quindi poterono restare in libertà.

Sull’attenzione mediatica suscitata dal caso Rivas hanno senza dubbio influito i comitati Extradite Adriana Rivas Now e Chilenos en Australia, oltre alle pressioni esercitate da Adriana Navarro, avvocata cilena stabilitasi a Sidney per alcuni anni allo scopo di rendere giustizia ai familiari dei desaparecidos. Sulla storia di Adriana Rivas ha cercato di fare luce Robert Austin Henry, professore associato onorario al dipartimento di Storia dell’Università di Sydney, che sul sito web Rebelión ha ripercorso la traiettoria politico-giudiziaria della donna, sottolineando l’estrema tolleranza delle istituzioni australiane nei riguardi di questa torturatrice rea confessa.

Difficile capire quale sarà il futuro di Adriana Rivas. Da parte cilena l’attuale presidente, Sebastián Piñera, eletto alla Moneda anche con i voti dei simpatizzanti del pinochettismo, non pare intenzionato a fare davvero i conti con la memoria e Rivas sembra soltanto essere una delle poche teste da far cadere per dare una parvenza di rigore contro i torturatori di allora. Dall’altro lato – osserva Robert Austin Henry – in Australia tra tre mesi si terranno le elezioni federali e, di fronte al rischio concreto di perderle (sia per via degli scandali legati al trattamento inumano e degradante verso i migranti sia per la troppa vicinanza dell’attuale coalizione conservatrice a gruppi di estrema destra) l’estradizione di Adriana Rivas sembra essere diventata lo strumento per darsi una frettolosa ripulita e guadagnare voti al centro. Infine, la presenza nel Paese di almeno 50.000 cileni residenti potrebbe rappresentare una ulteriore motivazione che ha fatto propendere il governo australiano per estradare in Cile Rivas.

La Corte suprema australiana aveva sollecitato fin dal 2014 l’estradizione della Rivas a seguito di un verdetto unanime, nell’ambito del relativo trattato tuttora vigente tra Australia e Cile.

Green Left, organo di informazione australiano, sostiene l’estradizione della donna perché l’Australia non può diventare un rifugio per torturatori e criminali.

Chissà se a Sydney e a Santiago del Cile ci si limiterà soltanto a dichiarazioni ad effetto, ma senza fatti concreti.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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