Com’è fosca Reggio (in Emilia)

Fuma solo Nazionali. Si immagina paziente come Giobbe ma ogni tanto ha scatti di violenza. Veste male. Spesso gira in ciabatte. «Il bizzarro poliziotto di una commedia all’italiana» così si pensa. Ha una faccia da bulldog ma qualcuno direbbe che somiglia un po’ ad Alberto Lupo o Amedeo Nazzari. Quando parla sputacchia. «Son fatto più per il lupanare che per la chiesa anche se non frequento nè l’uno nè l’altra». Il commissario Ernesto Donadei non piace ai suoi superiori e combina guai. Quando parla divaga. Ama il cinema e le parole difficili. E crede nella giustizia. Per questo solo lui si interessa a quegli stracci e «ossa spezzate» che una volta erano una bambina cinese.

Sullo sfondo di una Reggio Emilia incattivita e omertosa, a caccia di un serial killer che si diverte a torturare – ma che resta invisibile a tutti – Donadei è uno dei poliziotti («sbirri» ironizzerebbe lui) più memorabili che si siano visti nei libri italiani. Eppure «Il caso» (256 pagine per 16 euri) di Antonio Fantozzi viene pubblicato da L’autore Libri Firenze, dunque un piccolo editore. Faticherete a trovarlo … ma ne vale la pena.

Poco si può rivelare della trama – come per ogni poliziesco che si rispetti – ma chi legge si sente avvantaggiato rispetto a Donadei perchè, sin dalle prime pagine, sa che il serial killer esiste ed è una ragazza. E se invece non fosse così? I capitoli «colore rosso» sono i pensieri di una bambina che cresce con la voglia di uccidere e straziare, quelli «colore nero» accompagnano le ricerche di Ernesto Donadei. Ogni tanto i colori si mescolano oppure si inserisce un misterioso Antonio con brevi racconti.

Scarne le notizie sull’autore: vive a Regggio e ha già pubblicato una raccolta di racconti (mescolati ad appunti di viaggio) sul Senegal. La sua scrittura è camaleontica: oscilla fra una crudeltà quasi insopportabile e lucidità “scientifica” se scava nella testa dell (presunta?) assassina mentre si aggroviglia in saggezza-pazzia quando fa i conti con pensieri e azioni del commissario. Gioca con immagini e metafore efficaci e sempre fuori dal banale: il gambero rosso della Louisiana, il Bagatto, la pornografia degli alberi, le storie incrociate di Billie Holiday e di Abel Meeropol.

Tutto è «in circolo» come le infinite rotatorie stradali di una città che man mano si scopre essere Reggio. Tanti inizi e tanti finali. La prima mezza pagina insinua che Donadei sia pazzo oppure che a tutti faccia comodo crederlo. Il protagonista e l’autore ci ripetono (con il fim «Matrix») che «l’ignoranza è un bene». Forse proprio questo è il punto. Come per i reggiani che non vogliono sapere cosa è diventata la loro città: «solitudini e cattivera», cemento e lucciole, cooperative e camorra. Impietosi i pensieri di Donadei o i racconti di Antonio. «Ci hai mai pensato? Al focolare filippine, agli anziani badanti slave, alle coccole puttane africane… Ecco la globalizzazione dei sentimenti spiegata ai bambini».

Colpisce basso Fantozzi. Ed è forse anche per questo che (ma spero di sbagliarmi) faticherà a trovare recensori o editori per i suoi prossimi libri. Ma chi leggerà questa indagine non la dimenticherà. E aspetterà ansiosamente il prossimo libro.

Redazione
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3 commenti

  • ok, lo cerco….

  • con l’autorizzazione di Antonio posto qui un suo lamento e la mia risposta; è ovviamente anche un modo per vivamente ri-consigliarvi questo libro (db)

    Ciao Daniele. Ti mando poche righe per sfogarmi. Ieri uno mi ha detto che nel romanzo c’è troppa realtà. E’ vero. Ho messo al centro la carne afflitta e senza redenzione. Carne che urla di dolore. E l’anima che ci sta dentro urla anche lei di dolore. La carne martoriata nei posti di lavoro, dove l’orologio scandisce il tempo del lavoro salariato. La carne distrutta dallo sfruttamento e dalla guerra. Ho ridato alla carne la sua centralità, perchè tutto viene commesso sulla carne ma nessuno vuole ammetterlo. Allora ho capito che questo romanzo piace a quelle persone che hanno una loro spiritualità, o religiosità, o come la vuoi chiamare. Ai pragmatici, positivisti e materialisti non piace, risulta scomodo. Sono molto giù di morale. Passerà. Un saluto.

    caro Antonio,
    il tipo ti fatto un complimento (anche se non voleva): c’è MOLTA realtà – e meno male – e quasi sempre (qualche sforbiciata avrebbe giovato o almeno io la penso così) tu la controlli benissimo nella fiction sia come scrittura che come storia. Hai capito bene: il tuo romanzo piace a chi ha qualche morale (io forse aggiungerei dignità e desideri) perciò PURTROPPO poche persone – relativamente poche – nella brutta Italia di oggi ma io spero che MOLTE di queste poche, grazie al passaparola, arriveranno al tuo libro… e ti incoraggeranno a continuare
    db

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