Fiat voluntas illo

di Rom Vunner

Forse qualcuno ricorda ancora il motto “fabbrica Italia”, il fantamirabolante progetto di sviluppo della FIAT in Italia. Giù di referendum per scegliere se andava bene così o se si voleva perdere il posto. Ovviamente chi ha risposto che era meglio perdere il posto è stato accontentato.

Poi è sparito il tutto, in un colpo di tosse, del tipo “co-co-co-lpa deimerc atì atì”, giusto qualcosa che non resti nei ricordi. Nel frattempo ci sono i licenziamenti in Polonia, dove la Fiat aveva investito, disinvestendo in altri posti, grazie alle politiche del governo per agevolare la nascita di “nuove” imprese. Pomigliano era in crisi perché c’era la Polonia e la Polonia è in crisi perché è la Polonia.

Nel frattempo, però, il nostro manager canadese, chiamato a guidare la Fiat a causa delle condizioni tossicomaniche di tutti gli eredi, non si arrende e progetta una nuova linea produttiva in Serbia, a Kraguijevac. Si tratta di una delle più antiche città industriali europee. L’istituto tecnico in cui si formano le maestranze risale all’800.

La fabbrica di quella città era molto conosciuta un tempo, la Zastava. Già socia Fiat dal 1953.

Nel millenovecentonavantanove la bombardiamo per guadagnarci una fetta nella ricostruzione, secondo la teoria dell’allora capo di governo e recuperabile sul sito dell’ANSA nella sezione Balcani, in cui si segue l’andamento degli affari tra Italia e Serbia in virtù di quella guerra.

Ascolto la ricostruzione che fa Gilberto Vlaich, dell’Associazione Non Bombe ma Solo Caramelle, dell’ultima avventura Fiat in quel territorio. Un territorio vicino a noi, molto vicino, in cui è stata sperimentata a più riprese la guerra prossima ventura, quella urbana, come accade anche in Siria. Una guerra e il suo profitto.

Cerco di riassumere per sommi capi: nel 2008 Fiat e governo serbo sottoscrivono un accordo per investimenti della multinazionale. In sostanza la Fiat propone un forte investimento negli stabilimenti della ex-Zastava con una garanzia del governo serbo. Ossia: se la cosa va male le perdite non saranno Fiat, per fare l’investimento non assume rischi di impresa, questa l’offerta. Ovviamente la ex-Zastava è messa male per cui si crea un bello spezzatino o, per dirla come si usa oggi, una bad company e una new company. Dividono gli operai tra le due, assumono in cassaintegrazione quelli della new company e accompagnano alla disoccupazione quelli della bad.

Ovviamente in cambio ci saranno un pacco di assunzioni, anzi no, bhè vedremo…

Pare che la Serbia, in genere non solo per Fiat, dia un contributo tra i duemila e i diecimila euro all’azienda per ogni assunzione. Uno stipendio in Fiat sarà di circa trecentocinquanta euro al mese. Anche un paio di anni di stipendi pagati.

Ovviamente la zona in cui questo avviene è tax free.

Nella new company si lavorerà dieci ore al giorno per quattro giorni la settimana e straordinari obbligatori.

Questa la novità che potremmo ritrovarci al prossimo democratico referendum.

 

Per chi vuole qui l’audio con la spiegazione più analitica (25′ circa)

Rom Vunner

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