Formigli e ruolo – di Mark Adin

Un film già visto, quello della sostituzione “in corsa” di un giornalista televisivo di rango con uno del suo staff, qualcosa di simile a un crumiraggio piuttosto che a un assassinio del padre.

Mentana non è più gradito? Si gioca sporco e lo si sostituisce con l’ambizioso di turno, paventandogli l’occasione della vita, e il minus habens (si intenda colui che ha di meno, in senso professionale) è lì che scodinzola come una cagna in frega. Così è stato per Santoro, che non trovando una quadra alle sue richeste, è stato sostituito con il timido e spaventato Formigli. Il ragazzo di bottega ha preso il treno al volo e si è gettato nell’arena, colpito dagli strali del critico Grasso e dal sarcasmo di Vauro, comico della sinistra militante, che lo ha ribattezzato “operatore ecologico” (il titolo del programma è: “Piazza pulita”).

Entrambi i sopracitati hanno bellamente usurpato il format (che a onor del vero, almeno in un caso, risultava di proprietà della Rete) trovando comodo installarsi come cucùli nel nido altrui e mettersi felici a far cucù. Temo, però, che la differenza si veda, eccome.

E’ questo un ruolo assai noto, quello degli sgomitatori, che non conosce estinzione. Ce n’è sempre uno che spinge, che ti blandisce aspettando che cadi, che ti è servo ma sogna di diventare padrone, che ti loda covando odio:  il Salieri di turno. Gente pericolosa e disposta a tutto, ma senza speranza. Difficile uscirne, quando si nasce gregari.

Bisogna capire quella fattispecie umana: anime belle, lepide coscienze, mezze seghe. Ma non si corra il rischio di provare troppa pietà perché è il loro ruolo naturale, nascono e muoiono così; piuttosto li si maltratti e li si spinga a rivelarsi. Facciano outing. Che poi è bello vederli soffrire, negli angoli bui, vellicare la loro consapevolezza di essere nullità, smascherarli e sottoporli a tormento. Non so se sia eticamente giusto, ma credo sia doveroso, quando un uomo si degrada a tal punto in cambio di attimi di notorietà, disprezzarlo.

Chi ha idee senza avvertire necessità di copiarne da altri, chi ha capacità senza doverle sottrarre al vicino, ha un diritto proprio a godere il suo ruolo, che è anche quello di essere feroci con questo tipo di avvoltoi. Per legittima difesa, in primis, e non da ultimo per la ricerca del puro piacere. Perché è bello, è goduria stanarli.

Poi ci sono le sottospecie, quelle ancora più piccole, dei livelli più infimi, pertanto ancora più prive di dignità e capacità proprie: che ti segnalano l’editore che sanno essere un delinquente, che ti mettono sul binario morto, che ti rubano gli indirizzi della tua mailing list, che ti consigliano il ristorante dove hanno mangiato da schifo, che ti scopiazzano per pubblicare nello spazio siderale a loro nome e a tua insaputa, quelli che si spacciano per tuoi amici pur di raggiungere qualche nuovo contatto, che allignano nei blog per reperire idee perché non sono provvisti di proprie, quelli del copia e incolla con cui redigono pezzi che scrivono su autorevoli giornali, da cui sono pagati, dopo aver fatto razzia di spunti ed articoli raccolti dal web, quelli che non citano mai le fonti, che ti chiedono pubblicità per le loro vetrine ma non pubblicano mai le tue, che hanno amici-sicari a cui delegano, a comando, di sfotterti o calunniarti in commenti ai tuoi post, quelli che sognano che tu possa soccombere in faide tranelli e vendette, quelli che ti vogliono morto ma ti accolgono con il sorriso, quelli ormai sfigurati dalla piccineria, bolsi di acredine, libidinosi in acrimonia. Ecco: questi mi piace sfruculiare, sputazzare, esporre alla gogna, pizzicare, alludere, svergognare e deridere.

E godo. Godo come una vipera al sole: svelenisco e mozzico. A ciascuno il suo.

Leggiamo tra le righe, dunque, fratelli e sorelle che non hanno debiti con nessuno, sorelle e fratelli a cui piace vivere delle proprie risorse e che mai si farebbero parassiti, individuando e segnalando i nostri pidocchiosi inquilini. L’umanità è ancora sufficientemente in buona salute per ringraziarci della nostra più che minuscola, e pur meritoria, opera di risarcimento e disinfestazione.

Abbiamo titolo (se abbiamo idee).

Mark Adin

Redazione
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6 commenti

  • Ma chi è questo Formigli? Figurati che so perfino chi era Carneade, so chi è Tatiana (quella grassa ma così grassa…), ma Formigli proprio no. Sarà doveroso informarmi, ma prima di avviarmi alla ricerca, mi tolgo anch’io un sassolino dalla scarpa. Si cammina meglio.

  • Ignoro anche io (non avendo la tv) chi sia Formigli e non me ne dolgo. Invece concordo con Asdrubale che Salieri è stato “calunniato” da Forman oltre ogni limite… “Amadeus” era un film così avvincente e Salieri lì era tanto perfido da meritare un posto nell’immaginario collettivo e nel linguaggio (come le rane di Galvani da cui “galvanizzare”): ma al povero Girolimoni andò peggio e ancor oggi il suo nome resta legato alla memoria degli stupri mortali di bambine, pur se la sua innocenza venne riconosciuta e in quel caso il cinema gli restituì un filino del perduto “onore”. Una ventina di anni fa ero con amici latinoamericani che si accalorarono una sera intera per decidere chi fosse il Salieri dei nostri tempi. Ricordo persino che ne uscirono tre e una mi pare fosse una “salier-a” (insomma una donna) ma, porcaccia la mia memoria-Emmenthal, non rammento più i tre nomi. Potremmo indire un referendum sull’ultimo decennio. Nel frattempo l’ottimo Mark Adin paga pegno: deve raccontarci la vera storia di Salieri o, a sua scelta, di un altr* calunniat* del periodo storico e del contesto che preferisce. Per assonanza con Asdrubale il primo nome che a me verrebbe in mente è Annibale ma anche “il feroce Saladino” meriterebbe una totale rivalutazione. Una folla di Katharina Blum non ha incontrato Henrich Boll e tanti Luigi Scricciolo italiani non hanno avuto un Enrico Pili che scrivesse un “7171” per ricordare che a volte la calunnia fa più danni di un attentato. (db)

  • Gentile Asdrubale,
    Constato soltanto che ormai, nell’uso comune, Salieri è diventato, piaccia o no, sinonimo di “rosicone”. Nell’economia del post, la verità storica non mi pare rilevi granchè.
    Tento di spiegarmi: nell’uso comune, la parola “anarchia” viene spessissimo utilizzata per indicare una misura del massimo disordine, anche se il suo significato è tutt’altro. Questo non impedisce di fruire un articolo, di coglierne senso e sostanza. Le parole si modellano e acquistano significato anche attraverso l’uso che se ne fa, il linguaggio è in eterno movimento.
    Altro conto sarebbe se il contesto fosse storico o politico, ma non mi sembra questo il caso. Ovviamente, la tua puntualizzazione è del tutto ricevibile.

    Caro Dibì,
    dire che Tizio è “un avvoltoio” significa forse calunniare il povero avvoltoio citandolo impropriamente? Konrad Lorenz, per questo, mi avrebbe sfidato a duello?
    Non credi che, nella fattispecie, “ricordare che a volte la calunnia fa più male di un attentato” sia una amichevole enormità? Addirittura scomodando Scricciolo?
    Foscolo “calunniò” l’upupa: Montale riprese con leggerezza (il parallelo è, ovviamente, temerario).
    Devo cogliere una “civetteria” nella tua segnalazione di non possedere televisore?
    Avvoltoio, Upupa, Scricciolo e civette: ma non si parlava d’altro nel mio post? Non si parlava di cuculi?
    L’ornitologo.

  • stimato ornitologo
    pensavo di aver usato un tono leggero, se non è così me ne scuso
    la lotta per le parole e per il potere di dare (o togliere) significati è questione serissima e non ha mai tregua
    (forse)
    sul lato comico della questione: stamattina ho sentito in radio che “dobbiamo remare tutti dalla stessa parte”; uso improprio del linguaggio e soprattutto scarsa conoscenza dei remi
    Già che ci sono segnalo che in rete è possibile ascoltare varie versioni dello splendido “Ornithology”…. (Charlie Parker, spero a tutte/i noto)
    un saluto da Dibbì ma anche dal suo amico Horny-to-Rinko

  • Bravo, Mark Adin, ma il tema andrebbe sviluppato, certe irresistibili ascese sono la conseguenza dell’individualismo gregario. Con tale ossimoro designo la nuova concezione di sé, e del proprio ruolo nella vita, che si è fatta largo, a spintoni, a partire dagli anni ’90.
    L’idividualismo gregario, trasformando ogni tipo di collettivo nella caricatura di uno studio associato, ha fatto danni più a sinistra che a destra.
    Promuovendo tutti al rango di professionisti, a prescindere dalla solidità del background culturale e dalla consistenza dell’esperienza, espone al rischio di rapide carriere, che poi incappano nella disavventura del naufragio o, peggio, in quella di diventare eroe per telefono.

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