Fra noi e il «buen vivir» c’è un futuro da conquistare

Salute, farmaci e catastrofi classiste: dibbì (*) propone un sentiero di lettura e alcune riflessioni a cavallo di mondi reali e della buona fantascienza

 

AVANTI E INDIETRO NEL TEMPO

Cosa c’e di più fantastico, magico, immaginifico – ma anche terribile – della malattia e della salute?

Pensate all’origine dei farmaci: nell’antica Grecia “farmaco” era lo schiavo cui periodicamente veniva data la caccia perchè la comunità fosse esentata dal male.

Anche oggi, per molte/i di noi (e non solo per gli uffici pubblicitari delle ditte farmaceutiche) la salute resta un assoluto: come la verità essa è sempre oltre, altrove, irraggiungibile ma forse un elisir – venduto a caro prezzo – può avvicinarci alla beatitudine.

Osservava tempo fa il caustico Karl Kraus che «oggi una delle malattie più diffuse è la diagnosi». Così il cerchio si completa: tutto è malattia, nulla lo è.

Aumenta il disagio mentale o ciò che viene diagnosticato come tale per vendere cure; persino la felicità di essere bimbi e giocare va “curata” (con il Ritalin e simili).

Allo Stato (sociale? sodale?) interessa poco la salute – comunque monetizzabile e dunque in vendita – collettiva. Mentre ogni nuova malattia fa sorridere Big Pharma e il PIL torna a salire.

Un vecchio manifesto del ’68 italiano – lo vedete qui sotto – mostra un camice bianco e un padrone a fare l’altalena sulla siringa piantata in un braccio operaio (riconoscibile dall’ovvia chiave inglese stretta nel pugno). Riguardiamolo con calma: il medico recita: «Più gli operai si ammalano, più guadagno» e il padrone-con-tuba sogghigna «più guadagno, più gli operai si ammalano».

Con le grandi lotte operaie degli anni ’60 e 70 e poi la nascita di Medicina Democratica qualcosa cambiò in meglio. Poi, come si sa, venne il riflusso cioè ri-vinsero i padroni.

E’ impopolare fare questo discorso oggi, quando medici e infermieri lottano per noi e rischiano la pelle contro il corona-virus? No, perchè una delle verità indicibili è che le catastrofi sono sempre classiste. Così molti medici si sono arricchiti e continueranno a farlo sulla nostra pelle: sono i primi complici (dei governi e della Regione Lombardia o della Regione Toscana tanto per fare 2 nomi bi-partisan) nelle “privatizzazioni” cioè nel costante smantellamento della sanità pubbica. E i medici – con ovvie eccezioni, lo sappiamo – sono una colonna del capitalismo sempre più malato che a ogni passo produce malattie ma cura soltanto quelle su cui può guadagnare.

Non c’è contraddizione con chi dai balconi applaude chi davvero difende la salute di tutte/i.

L’operaio-scrittore Tommaso Di Ciaula nel suo romanzo «Tuta blu» (Feltrinelli, 1979) auspicava un ritorno… all’antica Cina in cui i medici venivano pagati solo quando il paziente stava bene.

 

LA “BUONA “FANTASCIENZA

Dal passato al futuro prossimo. Perché usare la letteratura detta fantascienza? Non per la sua capacità profetica ma in quanto cerca di immaginare scenari, possibilità al crocevia delle paure e dei desideri. Se preferite, è un grimaldello per scardinare il presente immobile. Non a caso esplose nel ‘900 (come si conta da queste parti del globo), nel secolo della scienza e del tecnovudù – così io e Riccardo Mancini lo etichettammo – cioè tecnologia ovunque ma incomprensibile ai più: dunque magia nera. Siccome non ho qui lo spazio per dilungarmi sulla “buona” fantascienza e la sua utilità, ove mai la faccenda vi interessi, rimando ai sentieri che ho raccontato appunto con Riccardo Mancini in «Di futuri ce n’è tanti» (Avverbi edizioni, 2006) e all’altro libro, più pedagogico, «Quando c’era il futuro» (FrancoAngeli, 2013) che ho scritto con Raffaele Mantegazza.

La buona science fiction (il 10 per cento del totale) ci ha messo in guardia che dopodomani – cioè oggi, visto che corriamo sempre più in fretta – al centro della scena resteranno malattia e salute ma con caratteristiche in parte nuove. Qualche esempio:

  • crescerà ancora e ancora l’ossessione della salute e dell’asettico, del presunto pulito, della bellezza standard che ne sono “ovvii” corollari;
  • crescerà la mercificazione del male, del dolore e dei (magici) rimedi e dovremo tutte/i adeguarci alla fine dello «star bene» personale cioè che non sia scientificamente controllato (per la serie: come ti permetti di crederti sano, se il tuo medico, il tuo governo, il tuo PIL e soprattutto Big Pharma non sono d’accordo?);
  • nuove-vecchie malattie saranno raccontate e curate senza mai tener conto della prevenzione (primaria e secondaria):
  • si chiederà a medici, psicoterapeuti, assistenti sociali di dare risposte a un “cattivo vivere” che ha origini politiche e mai potranno aiutarci (**).

Qui troverete alcune informazioni (possibilità, paure, speranze) dal futuro prossimo, dalla “buona” fantascienza. Per le soluzioni dobbiamo lavorarci collettivamente. Non verranno dèi o alieni a salvarci ; non ci sarà “l’effetto Carson” (***).

 

QUALCHE STORIA PER CAPIRSI

Riprendendo un’idea del “classico” (1877) «Erewhon» di Samuel Butler in cui la malattia fisica veniva considerata un delitto, Clifford Simak ha trasformato l’ossessione della salute in un così diffuso imperativo sociale che, nel suo romanzo «La legge delle stelle» se stai male per ventiquattr’ore senza avvisare un medico sei perseguibile.

Un’idea simile attraversa le pagine di un bel racconto del “papà” della fantascienza italiana, Lino Aldani. In «Trentasette centigradi» (del 1963) Aldani parlava di «esculapiocrazia, condita da inferni subliminali, dittature dei tecnici-dottori» e altre piacevolezze in un’Italia di fine 1900. Per le strade, la pubblicità inarrestabile urla slogan tipo: «Cittadino, credi veramente di avere la coscienza a posto? Sei certo di avere con te il tuo tubetto di aspirina?». Attenzione: la parola aspirina non è soggetta a satira, vedi qui in botttega la recensione a «Bayer contro Aspirina. L’umorismo che resiste ai diserbanti».

Se non hai pagato le tue vecchie tasse mediche e d’improvviso devi farti curare, sei fritto: «pagherai tutti gli arretrati con interessi tali da fare impallidire la gabella» …. e se non puoi saldare tutto e subito, allora crepa pure. Chi vuole vedere come conclude Aldani, cerchi il racconto nell’ottima antologia tutta italica, «Futuro» (Editrice Nord, 1978).

Va però chiarito che questo delle prestazioni mediche “a strozzo” è un incubo per chi abita in Italia dove comunque esiste – per quanto? – un Sistema Sanitario Nazionale che, pur con i suoi crescenti difetti e tagli, resta gratuito e universale; negli Usa questo scenario non si colloca nel futuro ma è l’orribile presente (nonostante la timidissima riforma di Obama).

Parallelo allo star bene assoluto come ossessione e ricatto, ecco l’incubo del pulito a ogni costo. E’ naturale che quando Fritz Leiber vi farà incontrare i marziani (nel racconto «Povero superuomo») dovrà fare questa precisazione, allorchè un visitatore si troverà le mani imprigionate in una feritoria: «Non allarmatevi. E’ solo una misura medico-estetica. Mentre le vostre mani vengono lavate, radiazioni invisibili stanno percorrendo il vostro corpo eliminandone tutti i germi, ed emananzioni più delicate stanno producendo un riassestamento positivo delle vostre emozioni».

Ma l’asetticità a ogni costo e lo sporco visto come “il male” generano agorafobia, la paura della «piazza», cioè di abbandonare anche se per poco, la casa-bunker. Secondo il buon Isaac Asimov (confronta «Abissi d’acciaio» e i numerosi “seguiti”) i terrestri preferiranno non uscire più «all’aperto» per paura di contaminarsi.

 

OGNI GIORNO HA LA SUA TERAPIA

Ma le «pozioni magiche» (i farmaci appunto, eredi degli schiavi e dei filtri alchemici) rimedieranno a tutto. Tre esempi.

«Si spogliò, fece un bagno di vapore, sotto la fila di flaconi nell’arrnadietto dei medicinali. Prima il neutralizzatore, per estinguere completamente l’estro creativo, poi il suo dito sfiorò flaconi con scritto: Creatività, Artistica, Sentimentalismo, Stoicismo, Loquacity, Misticismo e si fermò su quelli della Taciturnity e dell’Aggressività. Inghiottì le pillole senz’acqua. Una spruzzata di odorante e fu pronto a partire» (dal vecchio romanzo di E. C. Tubb «La corsa del manichino» che coincidenza vuole Urania abbia rimandato in edicola da poco).

Simile scenario in «Questo giorno perfetto» di Ira Levin (Garzanti 1970), ennesimo figlioccio del «1984» orwelliano e/o di «Il mondo nuovo» di Aldous Huxley. II trattamento obbligatorio dei cittadini ben coccolati è composto di vaccini, enzimi, contraccettivi, tranquillanti in abbondanza e di «Lpk che riduce al minimo l’aggressività ma anche la gioia, le percezioni e ammazza ogni altra cosa di cui il cervello umano è capace». Così si garantisce l’obbedienza e si riduce il rapporto erotico a non più di «dieci minuti una volta alla settimana».

Un racconto datato 1961 di Federik Pohl e Cyril Kornbluth («Massa critica» in «La civiltà dell’incubo») conferma: «Denzer si svegliò. Prese una capsula di.vitamina, una compressa di aspirina, un’iniezione di tiroide, uno schizzo blandamente euforico di sulfato d’anfetamina racemica caffeina sotto forma di tre tazze di caffè nero con sucryl, e nicotina, sottto la forma di sigarette dal filtro che non filtrava».

Ognuna/o di noi conosce già da tempo personaggi così: drogati di tranquillanti e poi di eccitanti e poi daccapo. Che importano gli effetti collaterali? Tanto, i rapporti annuali dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) sulle malattie da farmaci praticamente sono stampa clandestina e nel nuovo secolo Big Pharma ha censurato anche quel poco che girava.

Lasciamo perdere gli spaventosi scertari futuri dei trapianti (classisti, c’è bisogno di ricordarlo ai più ingenui?) ma ricordiamo che la malattia e il dolore sono anche spettacolo. Robert Silverberg ha immaginato che la tv sfrutti a fondo il desiderio egoistico di salute mischiando ad esso il sadico piacere di veder soffrire gli altri: e dunque trasmetta in diretta operazioni, decessi e altre squisitezze (il racconto tristemente splendido si chiamava appunto «Mercanti di dolore» e fu pubblicato anni fa dalla rivista «Robot»).

 

ALIENOMETRI

Un altro aspetto della salute “imposta” è/sarà la certezza-paura di non essere in regola con i canoni della «sanità mentale». La science fiction ha scritto su ciò pagine bellissime e forse profetiche, giungendo, con Robert Sheckley, a immaginare «alienometri» (****) diffusi come macchinette del caffè.

Dalle parti della fantapsichiatria sono soprattutto – non a caso – immagini di donne che restano in mente, Come la protagonista di «Sinthajoy» (ormai introvabile) dell’inglese D. G. Compton dove la felicità di Naomi è ridotta a questo: «Adesso che sono ufficialmente psicotica posso fissare la gente senza provare il minimo imbarazzo».

Oppure le protagoniste di molti racconti di zia Ursula (Le Guin) o la Consuelo del romanzo «Nel corso del tempo» (Eleuthèra) di Marge Piercy che vi prego fatevi, senza indugio, regalare o prestare…. Prima o poi librerie e biblioteche riapriranno, giusto?
Non per caso sono donne del futuro che restano in mente parlando di “pazzia”. Per un filo che viene da lontano: le donne-streghe sono le ultime a essersi opposte alla totale espropriazione del sapere medico «popolare» che la casta dei medici sottrasse per abolirlo e/o mercificarlo. E la «stregheria» — come ricorda Luisa Muraro nel suo bellissimo «La signora del gioco» (Feltrinelli, 1976) – fa il suo ultimo passo verso l’abisso della tortura proprio quando il potere la sancisce come «malattia mentale», nel periodo storico in cui la medicina diventa scienza eppure i morbi vengono considerati «giusta punizione di Dio» oppure destino (il darwinismo sociale) per le classi subalterne.

Come fu di recente per l’Aids: se ne cercano in laboratorio origini e rimedi, ma c’è sempre un cardinale («vox populi, vox dèi») a predicare che essa è castigo di Dio.

Se per la Naomi di «Sinthajoy» il fissare qualcuno in viso è chiaro segno di pazzia, ecco un altro inglese (Walter Tevis) a trarne le logiche conseguenze, in «Solo il mimo canta al limitar del bosco» (Editrice Nord, 1983). A scuola si insegna soprattuto la «privacy»; il «sesso svelto» è garantito dalle leggi; la tenerezza è un crimine sociale. «Dove sono finite le conversazioni?», se nessuno parla più e se è vietato guardare negli occhi un interlocutore (oh, certo, per non metterlo a disagio). Il joint (spinello) è legale, ma il «dividerlo», il passarselo è un crimine, contro la privacy, cioè la salute mentale, fisica, di Stato, obbligatoria, assoluta.
Rimane qualche speranza in un quadro così fosco della salute di domani?
Certo, a esempio un ottimista Isaac Asimov rilancia (alla grande) la musicoterpia, scoprendo che in un ospedale psichiatrico una certa canzone dà eccezionale ritmo ai malati, li aiuta a guarire. Sarà solo un caso se la canzone (come il racconto) si chiama Marcia di santi, o per l’esattezza «Quando i sanli marceranno»? Ma il discorso sulla musica che guarisce e ri/crea mondi – o sulle rivolte future da organizzare – lo faremo un’altra volta.

Quanto all’Asimov meno ottimista in coda vi consiglio due letture.

 

LA SECESSIONE ECOLOGICA
Controcorrente è il settore sanitario immaginato nello stupefacente romanzo “verde” di Ernest Callenbach «Ecotopia» (Mazzotta 1979, ristampato da Bluedizioni nel 2003).

Il Nordovest degli Usa nel 1999 attua una «secessione» ecologica. I visitatori esterni troveranno ben strani gli ospedali di Ecotopia dove non si separa la medicina dalla vita e dove le corsie ospedaliere sono «i posti migliori che esistano». Leggiamone un brano: «Le cllniche e gli ospedali non sono controllati da chi esercita la professione medica, ma sono responsabili di fronte alla comunità, ossia di solito nei confronti di mini-città di circa 10.000 abitanti. In questo modo, il potere dei medici di stabilire i propri onorari è dissolto (…) Ho notato che le conversazioni tra medici, personale e pazienti sono assai più vivaci che nei nostri ospedali (degli Usa NDR); evidentemente l’autorità morale e scientifica del medico si è dissolta». Qui la salute non è più «un affare» ma un compito dell’intera comunità: il sapere (anche medico) è redistribuito nell’interesse generale.
Avete presente quanto siamo lontani da tutto ciò? Nell’attesa della «secessione» della parte «ecologista» degli Usa (o del mondo) guardiamo magari a Cuba. Oppure al Nicaragua sandinista che purtroppo è solo un ricordo: lì il ministro (anzi, la ministra) della sanità – pur in un’economia di guerra, per l’aggressione dei contras sostenuta da Regan — riteneva il suo dovere lottare per difendere la salute di tutte/i e, fra l’altro, andare (di sorpresa) ogni notte in un ospedale diverso a vedere come venivano davvero trattati i malati. Già, come sono assistite le persone malate in ltalia – corona virus o no – quando i riflettori della tv sono spenti? Una buona domanda per il nostro futuro prossimo.

NON FINISCE QUI

Chi produce malattie? Anzi le 5 W : chi, cosa, dove, quando, perchè. La buona fantascienza ci può essere d’aiuto. Ma ci vorrebbe un libro. Io e Erremme (Riccardo Mancini) volevamo farlo e riempimmo quaderni di appunti – negli anni ’80 non esistevano i computer personali, ci pensate? – ma poi non ci fu possibile; troppo breve fu la vita di Erremme. Se la memoria non mi tradisce il titolo doveva essere «Fra noi e la salute c’è un mondo da conquistare». Avevamo anche pensato di chiedere la prefazione a Dario Paccino e di dedicarlo a Giulio Maccacaro…

Chissà se qualcuna/o prima o poi tenterà di fare qualcosa del genere.

Nel caso ecco il mio consiglio per l’ultimo capitolo (titolo: «Ora è possibile guarire l’antico morbo»). Si basa sul racconto «Riunione» di Arthur Clarke, solo due pagine con gran colpo di scena finale.

L’inizio della vicenda è abbastanza “classico”: un messaggio dallo spazio. «Popoli della Terra, non abbiate paura. Veniamo in pace. E perchè dovrebbe essere il contrario? Siamo vostri cugini; siamo già stati qui in passato».

Arrivano dunque. «Fra poche ore». Sono umani, come noi. «Voi avete dimenticato la vostra storia, mentre noi abbiamo serbato memoria della nostra».

Il messaggio spiega che i nostri cugini colonizzarono la Terra, «quando regnavano i grandi rettili che si stavano spegnendo e non riuscimmo a salvare».

La colonia dei cugini fiorì «per milioni di estati – non c’erano inverni in quei tempi antichi».

Poi le glaciazioni. Ma il cataclisma non fu solo climatico, «cambiarono anche i coloni» e molti si convinsero che gli umani erano stati aggrediti «da una malattia strana e repellente».

Siamo già oltre metà del messaggio cioè del racconto. Come in «Sentinella» di Fredric Brown è difficilissimo indovinare il finale “sottosopra”.

I cugini raccontano: «la colonia si separò in due gruppi» anzi «quasi due specie diverse, sospettose e gelose l’una dell’altra». Fu guerra. «Quelli che potevano si ritirarono dalla Terra».

Il tempo passò (non secoli ma eoni) e i cugini – occupati «in un universo di mille trilioni di stelle» – ci persero di vista, non sapendo neppure se sulla Terra gli umani fossero sopravvissuti o magari si fossero fatti a pezzi da soli.

Finchè «captammo i vostri primi segnali radio». Il messaggio ribadisce che questo è un rendez vous di pace: «Veniamo a salutarvi, parenti da tanto tempo perduti. E ad aiutarvi».

Temiamo i “cugini” anche se portano doni? Anzi: temo i doni anche se li portano i (perduti) cugini? O possiamo fidarci? La frase «abbiamo un semplice rimedio per la disgustosa ma innocua piaga genetica che afflisse tanti dei coloni» è una metafora o si riferisce a una concreta malattia?

Chi legge il messaggio venuto dallo spazio spera che i cugini si spiegheranno. Anche se «fra poche ore» li incontremo sarebbe buona regola comunicativa se ci dicessero qualcosa sulla «disgustosa piaga» e sul «rimedio».

Ed ecco le ultime due frasi del messaggio-racconto: «Gente della Terra, potete ricongiungervi alla società dell’universo senza vergogna, senza imbarazzo. Se alcuni di voi sono ancora bianchi, possiamo curarli».

Carissimi cugini se davvero arriverete vi informo che purtroppo lo stupido orgoglio di essere bianchi e lo schifoso disprezzo per chi non lo è abbastanza … regnano ancora su gran parte della Terra. Una malattia che infetta e uccide più del corona virus.

Curarsi è possibile, è giusto, è urgente. Grazie se ci aiuterete.

 

POST SCRIPTUM CON DUE CONSIGLI “ASIMOVIANI”

Qui in “bottega” vi segnalo l’analisi di due splendidi racconti di Asimov che rientrano in questo discorso sugli scenari medici e/o sociali del futuro prossimo. Il primo si intitola «Diradamento selettivo» e lo trovate qui: Ben pensato, vecchio Isaac (1). Il secondo si chiama «Crumiro» ed è qui: Ben pensato, vecchio Isaac (2)

NOTE

(*) Dibbì – e non db – perchè io e Riccardo Mancini quando scrivevamo sul quotidiano “il manifesto” ci firmavamo Erremme Dibbì. E questo testo si basa su un articolo che scrivemmo insieme nel 1986.

(**) Al proposito ri-consiglio la lettura de «L’epoca delle passioni tristi» di Miguel Benasayag e Gerard Schmit.

(***) Effetto Carson è il nome di un sarcastico racconto di Richard Wilson che immagina le difficoltà di un bravo giornalista nello scrivere la cronaca della «fine del mondo» che l’indomani nessuno leggerà, insomma un pezzo impossibile. Eppure sarà pubblicato e letto. I luminari della scienza avevano ragione, la nube era velenosissima. Allora? Non si era tenuto conto di quello che da allora sarà chiamato “effetto Carson” in onore dell’autrice di «Primavera silenziosa», una delle prime indagini sugli effetti dell’inquinamento, appunto Rachel Carson. Per l’ottimista Wilson siamo ormai così abituati ai gas velenosi da esserne immuni. Una mutazione “mitradatica” di specie. Magari.

(****) cfr Gli alienometri

 

LA PRIMA VIGNETTA  E’ DI BENIGNO MOI

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

4 commenti

  • Una lettura densa, emozionante, ragionata. Tanti i passaggi e i rimandi, mi soffermo su un soffio di vento, e ripeto il paradigma della fusione di orizzonti, così ben riportato in … “Dal passato al futuro prossimo. Perché usare la letteratura detta fantascienza? Non per la sua capacità profetica ma in quanto cerca di immaginare scenari, possibilità al crocevia delle paure e dei desideri. Se preferite, è un grimaldello per scardinare il presente immobile…”, di ispirazione, per chi scava tra le parole un fortunato 10% di illusione e speranza.

  • I NOSTRI CUGINI CHE VIVONO SULLA TERRA DA MILIARDI DI ANNI…
    SONO PRPRIO I VIRUS…
    CHE FINO ALL’ULTIMO TENTANO DI SALVARCI.
    ASCOLTIAMOLI
    Giuseppe Altieri, Agroecologo

    FERMIAMOCI… L’ORDINE IRREVOCABILE DELLA TERRA MADRE .
    Prima del Suicidio Universale… (un video da diffondere come un virus)

    Riconversione Agroecologica ed Econologica Globale Immediata.
    Cosa volevate aspettarvi… Dopo 100 anni di guerre e devastazioni planetarie, 70 anni che ingoiamo pesticidi, allevamenti “disumanimali”, avveleniamo il mare, con bioaccumulo di microplastiche e miglialia di residui chimici industriali e radioattivi… fino alla sterilizzazione di massa e alla “confusione sessuale” causata dalla distruzione ormonale… nostra e dei nostri “fratelli animali” terrestri e acquatici.
    Dopo aver riempito l’atmosfera di gas serra e nanoparticelle che entrano fin nei polmoni e bruciato le foreste produttrici di ossigeno.
    Con tutte le mutazioni indotte nei nostri intestini dalla miriade di sostanze chimiche e radioattive, che alterano i nostri “microbi amici”.
    Indeboliti da radiazioni e “telecomandati”…

    Miliardi di morti di cancro e terribili malattie degenerative ci chiedono di fermarci.
    Madre Terra manda l’ordine irrevocabile ai suoi figli.
    Salviamoci! Fermiamoci…
    Finalmente… Tutto è fermo, non c’è un aereo…
    la Terra Respira… e noi con Essa.

    La Madre ha fermato il figlio che si stava suicidando con il più piccolo frammento di vita… un Virus Rna.
    Ringraziamola e rispettiamola.

    Giuseppe Altieri

    Caricare il video In primo piano su
    https://www.facebook.com/Giuseppe-Altieri-740012552835256/

    https://www.facebook.com/740012552835256/videos/209166980295399/

  • Donata Frigerio

    lo so db che mi dai dispersa in chissà quale galassia dei mondi senza tempo invece sono ancora sulla terra ancorata al mio corpo (e ai miei ottimi, spero, anticorpi, allenati a botte di ebola).
    Mitico come sempre. Dove trovo il racconto Riunione di Arthur Clarcke???
    Per ovvie (almeno a te) ragioni mi interessa molto = )
    la doni

  • Silvana Fracasso

    grazie mille Daniele, avrei citato in questa lista anche il grande Ivan Illich
    un abbraccio

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