Francia all’«avanguardia»? Violenze poliziesche o…

… o eterogenesi della democrazia

di Salvatore Palidda (*)

Perché con il regime Macron la gestione dell’ordine e l’attuale pratica della gestione violenta di qualsiasi atto classificato come deviante o delinquente hanno raggiunto un livello inimmaginabile di violenza anche durante i momenti più difficili del conflitto sociale e politico dalla fine del guerra d’Algeria? Come spiegare questa deriva? La guerra post-terrorismo? O il fascismo democratico di Macron?

 

Poco prima del movimento dei gilets gialli era abbastanza raro leggere articoli di esperti di polizia francesi che analizzavano la violenza della polizia in Francia, tranne che per descriverli come fatti episodici e non del tutto sistemici. Ora, a parte alcuni servi della corte macroniana, anche i più moderati e un tempo riverenti nei confronti della polizia e delle autorità in generale hanno iniziato a studiare seriamente il fenomeno. Questa è anche la prova che la violenza della polizia ha superato i limiti. Anche l’assai moderato e riverente verso le autorità di polizia S. Roché in un articolo che peraltro cita soprattutto le fonti ufficiali ricostruisce un bilancio eclatante dell’impressionante escalation della gestione molto violenta dell’ordine della parte della polizia francese sia rispetto all’operato della stessa gendarmeria e ancor di più rispetto a quello delle altre forze di polizia di altri paesi europei (vedi qui). Sembra indiscutibile che con Macron la violenza della polizia non solo contro i gilets gialli ma anche prima contro qualsiasi protesta, contro i giovani delle banlieues e contro la mobilitazione contraria alla riforma del sistema pensionistico, hanno superato di gran lunga il livello già abbastanza senza precedenti che s’era registrato con Sarkozy e Valls. Allora come spiegare che il regime di Macron, che si è presentato come il garante dello stato di diritto democratico, è arrivato a questa deriva inimmaginabile dopo la fine della guerra contro gli algerini? Lo stesso Macron s’è detto recentemente indignato per “discorsi politici straordinariamente colpevoli” che suggeriscono “che non saremmo più in una democrazia e che una qualche forma di dittatura si sarebbe installata“. In effetti, non è una dittatura che ha preso piede e non è una questione di tutte le maldestrie del signor Castaner (ministro degli interni), né di errori, né di una situazione di impasse temporanea dovuta a una squadra di governo con poca esperienza. La sorpresa da parte di molti osservatori ed esperti appare allo stesso tempo un po ‘ingenua ma deriva soprattutto dall’idea che la democrazia esclude pratiche violente come quelle viste con Sarkozy e Valls e tre volte più con la coppia Macron e Castaner. In effetti, la democrazia è sempre una continua coesistenza con l’autoritarismo o addirittura il fascismo democratico. Lo stesso giorno, nella stessa città e in generale nello stesso paese, si può avere una polizia che adotta comportamenti umanitari e persino anti-razzisti o paternalistici e accanto una polizia che pratica violenza inaudita e persino tortura nei confronti di un giovane della banlieue, di fronte a manifestanti o persino di fronte a un migrante senza documenti o un senzatetto. Questa convivenza è sempre esistita, ma è chiaro che si manifesta sempre di più nell’attuale contesto neoliberista perché questo ha aumentato l’asimmetria di potere e di forza e dà al dominante (pubblico e privato) la sensazione di essere in grado di agire senza precauzioni cioè in pieno libero arbitrio. Ci troviamo di fronte a ciò che dobbiamo chiamare l’eterogeneità della democrazia sognata dai padri dell’utopia liberal democratica. Oggi più che mai, la democrazia appare un simulacro che può nascondere l’orrore di un autoritarismo molto violento. Lo abbiamo visto anche durante l’amministrazione Obama e ovviamente di più con Trump, con Tsipras in Grecia o il centro-sinistra che in Italia ha difeso i responsabili delle violenze e delle torture durante il G8 di Genova o nei lager libici ecc. E lo abbiamo visto nella cosiddetta guerra al terrorismo pseudo-islamista: in nome dell’indiscutibile e persino sacra necessità di questa guerra, il libero arbitrio è diventato la norma di uno Stato d’urgenza permanente. Il passaggio da questo tipo di guerra del terrorismo alla guerra contro i gilets gialli e contro qualsiasi atto e comportamento classificati come intollerabili non è sorprendente, come lo è la tolleranza delle illegalità di coloro che detengono il potere (come sottolineato da Foucault il gioco di questo doppio registro del trattamento degli illegalismi è proprio allo stato di diritto).

(*) pubblicato su blogs.mediapart.fr

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani.

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