Futuri evitabili: il ritorno dell’ancella

Mentre il romanzo di Margaret Atwood vIene ripubblicato e arriva in tv (in Italia a settembre) ecco un piccolo dossier con le voci di Giulia Abbate, Elena Di Fazio e Francesca Fiorletta

“Il racconto dell’ancella”

di Francesca Fiorletta (*)

Recentemente ripubblicato dall’ottima casa editrice Ponte alle Grazie, Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood è un libro straniante, enigmatico e suggestivo, che analizza la condizione della donna in ogni tempo e luogo, e sotto vari punti di vista: reale e immaginario, antico e futuribile, politicizzato e tuttavia estremamente intimista.
Il tutto, giunge al lettore attraverso la voce semplice, mai ammiccante, di una protagonista tanto soave quanto sofferente, strappata alla sua (che diremmo anche nostra, attuale) vita routinaria e “normale”, e improvvisamente costretta in un ruolo ancillare – che evidentemente non le può appartenere, come non potrebbe appartenere a nessun essere umano, mai – dal drastico mutare dei tempi; tempi che sono sì, in questo caso, frutto di un’ispirazione che potremmo anche, per brevitas, definire “orwelliana”, ma che, pericolosamente, sembrano tuttavia assomigliare sempre di più ai nostri giorni in divenire, al presente progressivo col quale sempre più spesso ci ritroviamo a fare i conti, e certamente incarnano – quantomeno – il concretizzarsi delle nostre paure più profonde.

Il rosso acceso della copertina rimanda al rosso sangue con cui le ancelle sono costrette a vestire, in chiarissima antitesi col bianco e l’azzurro, colori angelicati per antonomasia, che contraddistinguono infatti le caste superiori, i ranghi alti della società di questo orribile secolo del futuro. Ci ritroviamo perciò al cospetto di una donna alienata, derubata della propria femminilità, schiavizzata in più modi; una donna privata perfino delle libertà che oggi consideriamo fra le più elementari, come quella di uscire da sola, di sfogliare una rivista, di utilizzare una crema per le mani. Una donna, anzi – pardon! – un’Ancella, che per sopravvivere, o quantomeno per provare a sperare di sopravvivere in una, due tre case non sue, costretta a prender parte ad un ménage assolutamente non voluto, e a ricoprire uno status disgraziato certamente non meritato, tenta in ogni modo di appigliarsi all’unica cosa che forse davvero le può rimanere: la parola.
Una parola che però resta sempre in qualche modo mutilata, una parola segreta, divenuta ormai tanto pericolosa da risultarle a tratti quasi oscena, e sempre immensamente dolorosa. La parola del ricordo, degli affetti, la parola autentica che rappresenta quella che, almeno un tempo, è stata – diremmo – la sua vita vera. Una vita nella quale poteva ancora permettersi di chiamarsi col suo nome proprio, e non con un appellativo possessivo e patetico appiccicatole da una crudele autorità terza.
E infatti, un ulteriore aspetto interessante che mi piace sottolineare è che nell’universo descritto dalla Atwood, minuziosamente misurato attraverso un rischioso gioco di specchi, perennemente in bilico fra obblighi e privazioni, troviamo collocate su una linea retta ma perfettamente antitetica due attività particolari: scrivere, e fare figli. Laddove la scrittura risulta evidentemente proibita – tant’è che il racconto cui fa riferimento il titolo si snocciola tutto nella mente (e forse tutt’al più nella voce) della protagonista, con salti e alternanze temporali tipiche di un vero e proprio stream of consciousness – , la speranza della procreazione è invece percepita a tutti gli effetti come l’unico spiraglio che possa condurre le ancelle, le serve del sistema, le brutalizzate schiave macabre, a un’attesa, agognata, ma certamente parossistica forma di libertà. Di ritrovata indipendenza.
Di seguito, un estratto.

*

La notte è mia, il mio tempo, posso farne ciò che voglio, purché me ne stia zitta e ferma. Purché giaccia immobile. La differenza tra giacere e dover stare a letto. Dover stare a letto è un concetto passivo, anche gli uomini dicevano: mi piacerebbe dover restare a letto per un po’. Ma qualche volta dicevano: mi piacerebbe portarla a letto. Sono solo elucubrazioni. Non so davvero che cosa dicessero veramente gli Uomini. Avevo solo le loro parole per giudicare. Giaccio, quindi, nella stanza, sotto l’occhio di gesso del soffitto, dietro le tende bianche, tra le lenzuola, candide come le tende, e faccio un passo in là fuori dal mio tempo. Fuori dal tempo. Sebbene questo non sia tempo, né io sia fuori.

Ma la notte è il mio tempo libero. Dove andare?

[…]

Mi piacerebbe credere che sto raccontando una storia. Ho bisogno di crederci. Devo crederci. Coloro che possono crederlo hanno migliori possibilità.
Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera. Posso continuare da dove ho smesso.
Non è una storia che sto raccontando.
È anche una storia che ripeto nella mia testa.
Non la scrivo perché non ho nulla con cui scrivere e lo scrivere è comunque proibito. Ma se è una storia, anche solo nella mia testa, dovrò pur raccontarla a qualcuno. Non racconti una storia solo a te stesso. C’è sempre qualcun altro.
Anche quando non c’è nessuno.
Una storia è come una lettera. A voi. Comincerà così, semplicemente, senza nomi. Un nome crea collegamenti col mondo fattuale, che è più rischioso, più azzardato: chi sa quali sono, fuori, le possibilità di sopravvivenza? Le vostre?
Dirò a voi, a voi, come una vecchia canzone, voi significa più d’uno.
Voi può significare migliaia.
Non mi trovo in nessun pericolo immediato, dirò. Farò finta che voi mi possiate udire.
Ma non serve, perché so che non potete.

(*) ripreso da «Nazione Indiana»

 

Il Racconto dell’Ancella” (The Handmaid’s Tale, 1984) di Margaret Atwood – serie e curiosità

di Giulia Abbate ed Elena Di Fazio (**)

Ultimamente si è ripreso a parlare molto del romanzo di Margaret Atwood “Il Racconto dell’ancella”. Come mai?

Forse perché la scrittrice ha preso posizione contro Donald Trump, (***) come molte sue colleghe riservandogli parole non molto benevole ma molto citate?

È un soggetto inesauribile. Perché non hai mai idea di cosa farà. O di cosa può succedere. . […] Certo, una storia scritta nel 1985 non può avere nessuna relazione con lui. Ma è interessante che qualcuno pensi che sia così. Lo è abbastanza per chiedersi perché.”

Dall’intervista di Vanity Fair

Sicuramente le parole di Atwood e le sue prese di posizione chiare, sia prima che dopo il voto presidenziale, hanno fatto parlare di lei e delle sue colleghe fantascientiste più del solito.

Ma non è per questo che si parla del “Racconto dell’ancella”. Il motivo della hype in tema è il fatto che è stata realizzata una serie TV tratta dal romanzo, che inizia a essere diffusa e quindi a generare dibattiti e letture.

Del romanzo abbiamo già parlato sul blog Lezioni Sul Domani:

Il racconto dell’ancella” riesce a unire perfezione stilistica, sottotesti politici basilari e una devastante carica emozionale in una sola opera, un vero gioiello. Ci ricorda che quanto raccontato dalla protagonista è successo davvero, altrove, magari in altri termini e condizioni (significativo l’accostamento tra il regime di Galaad e un altro già esistente, che a molti verrà in mentre già nei primi capitoli), e che potrebbe accadere ovunque.

Dalla recensione de “Il racconto dell’ancella” (Dal blog Lezioni Sul Domani)

Margaret Atwood è una scrittrice e intellettuale dalla produzione varia e complessa. Ce ne parla anche Il Tascabile in un bel post in cui si invitano i lettori a “Riscoprire Margaret Atwood”.

(L’articolo, tra l’altro, cita in modo davvero azzeccato P.D. James e il suo “I Figli degli Uomini” in relazione a uno degli elementi che innescano la distopia: la crescita demografica zero.)

Il tema fondante della letteratura di Margaret Atwood, sin dagli esordi, è il corpo della donna. L’ambizione a un femminismo consapevole e lontano dai fanatismi ha dato vita a uno dei romanzi più dolorosi e meno consolatori della letteratura.

da “Riscoprire Margaret Atwood”

The-Handmaids-Tale-book

E in attesa di poter vedere la serie, che aspettiamo esca su Sky (****) ecco anche qualche fact interessante sul libro, che forse vi siete persi!

1) Atwood ha scritto gran parte del romanzo su carta da ufficio gialla

La scrittura del romanzo risale a quando Atwood viveva a Berlino Est: lo ha scritto a mano, su qualsiasi pezzo di carta avesse a disposizione, principalmente gialla e da ufficio. In seguito, Atwood trascrisse in bella copia quelli che, ricorda, erano “scarabocchi quasi illeggibili” e completò la stesura del romanzo usando una macchina da scrivere presa a noleggio.

2) Il suo soggiorno in Germania ha influenzato il romanzo

In un articolo per il New York Times Atwood scrisse: “Ogni domenica, l’aviazione della Germania Est faceva rumore, sparava colpi per non farci mai dimenticare quanto fosse vicina. Nelle mie visite in diversi paesi al di là della Cortina di Ferro — Cecoslovacchia, Germania Est — ho vissuto sulla mia pelle cosa significa vivere nel sospetto, nella sensazione costante di essere sorvegliati, nei silenzi, nei bruschi cambiamenti, osservando i modi circospetti e collaterali con i quali le persone si scambiavano informazioni. Tutto ciò ha avuto un peso su quello che scrivevo.”
Atwood cita anche
1984, Brave New World e Fahrenheit 451 come ulteriori influenze.

16513) Il romanzo è stato scritto in seguito a un “blocco” della scrittrice

Atwood era nel mezzo della stesura di un altro romanzo, che ha fermato per scrivere “Il racconto dell’ancella”. Ha raccontato, sempre al New York Times nel 1986: “Stavo lavorando su un altro romanzo, che continuavo a trascinarmi dietro e a fermare per pensare a questo. E mi fu chiaro che non sarei mai stata in grado di completare quel romanzo, se non avessi prima scritto questo. Così ho fatto!”

4) Il romanzo doveva originariamente intitolarsi Difred

Prima di dargli il titolo che noi tutti conosciamo, Atwood pensava di chiamarlo con il nome della protagonista. “Difred”; il nome dell’ancella, a sua volta chiamata con il nome del comandante di cui ella è proprietà: lui si chiama “Fred”; quindi la sua ancella è “di-Fred”. Difred, Offred nella versione originale.

5) Il romanzo non è mai andato fuori catalogo!

Il libro ha venduto, dal 1985, anno della prima pubblicazione, milioni di copie in tutto il mondo. Prima della serie di questi giorni, ha avuto adattamenti per la televisione, per un film, per un’opera lirica e molto altro!

6) Il libro è stato più volte ritirato o completamente eliminato dalle letture delle scuole superiori.

Il racconto dell’ancella” è uno dei libri più controversi di sempre negli USA. Ed è stato più volte messo al bando e all’indice con l’accusa di essere sacrilego, violento, senza speranza e nichilista, di contenere scene di sesso illecito e di contenere frasi e concetti offensivi contro dio.

Per tutta risposta, Atwood dichiarò più volte di non essersi inventata nulla: ogni singolo sopruso raccontato nel libro ha la sua verità storica. Le pratiche barbare che vengono descritte sono davvero state messe in atto contro le donne, in vari periodi storici, alcuni non molto lontani dal nostro.

Da The Handmaid’s Tale: 5 cose da sapere sulla serie su Wired.it

7) “Il romanzo non è una profezia”.

La Atwood afferma che il “Racconto” non è da intendere come una vera e propria previsione o profezia, perché narra fatti in generale impossibili. E il futuro ha troppe variabili per essere descritto così perfettamente. “Diciamo che è una anti-profezia: se quel futuro può essere descritto con così tanti dettagli, allora forse non si verificherà. Anche se questa speranza non è legata a nessun fatto in particolare.”

The Handmaid's Tale

Fonte dei facts: libera traduzione di Did You Know? 7 Facts About ‘The Handmaid’s Tale’

E nonostante il pragmatismo e la cautela che contraddistinguono l’autrice, che si è sempre guardata dall’ergersi a profetessa politica o influencer di qualsiasi tipo (e quindi proprio per questo nel nostro cuore è tutte e due le cose!) Atwood alla fine un consiglio ce lo da, e bello chiaro:

Andate a votare, finché vi è permesso!

Giulia Abbate e Elena Di Fazio

margaret_atwoodL’AUTRICE

Margaret Eleanor Atwood (Ottawa, 18 novembre 1939) è una poetessa, scrittrice e ambientalista canadese. Prolifica critica letteraria, femminista e attivista, è stata vincitrice del premio Arthur C. Clarke e del Premio Principe delle Asturie per la Letteratura, e soprattutto del prestigioso Booker Prize (finalista per cinque volte, vincitrice con L’assassino cieco nel 2000); è stata inoltre sette volte finalista del Governor General’s Award (Premio del Governatore Generale, un riconoscimento offerto dal Primo Ministro del Canada) vincendolo per due volte (con The Circle Game e Il racconto dell’ancella). La Atwood è considerata la scrittrice vivente di narrativa e di fantascienza (o narrativa speculativa) più premiata. È conosciuta particolarmente per i suoi romanzi e le sue poesie, ma è anche nota per la sua notevole attività a favore del femminismo. Molte delle sue poesie sono ispirate a miti e fiabe, che costituiscono uno dei suoi particolari interessi fin dalla più tenera età. Ha inoltre pubblicato racconti nella rivista Playboy. I suoi lavori hanno visto una continua e profonda preoccupazione per la civiltà occidentale e per la politica, da lei considerati ad un crescente stadio di degrado. Da La donna da mangiare a Tornare a galla fino a Il racconto dell’ancella, Vera spazzatura e altri racconti, L’ultimo degli uomini e il più recente L’anno del Diluvio, la narrativa di Margaret Atwood si presenta in una veste tormentata e visionaria, non priva però di spiragli ottimistici. La vasta cultura e l’ironia di Margaret Atwood sono due componenti fondamentali della sua opera, accompagnate quali sono da sensibili cambiamenti di stile da opera ad opera e continui rima[…] «»ndi sia ad episodi della vita contemporanea, sia a scrittori di epoche precedenti. (Biografia da Wikipedia)

(**) tratto da «La fantascienza delle donne» – che presto sarà recensito in “bottega” – e rilanciato dalla rivista «Andromeda» (http://andromedasf.altervista.org)

(***) Intervistata da Viviana Mazza per «La lettura» (inserto domenicale del «Corriere della sera») del 27 agosto, Margaret Atwood esordisce così: «Non sono troppo sicura di che cosa significhi Make American Great Again» (a proposito dello «slogan stampato sui cappellini degli elettori di Donald Trump»)… «A quale parte della storia americana ci si riferisce? Alla schiavitù? Alla guerra civile? Al massacro della popolazione nativa, come in California? All’era di Robber Barons?… O a che cos’altro? Cosa significa “grande”? Grande dovrebbe essere un luogo dove tutti possano vivere insieme in un modo o nell’altro, senza che ciò implichi che l’uno calpesti e sottometta l’altro?» [db]

(****) La serie “The Handmaid’s Tale” – tratta da “Il racconto dell’ancella” – in Italia è annunciata in streaming su Timvision. [db]

Redazione
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