«Futuro criminale: racconti fantapolizieschi»

La presentazione del curatore, Gian Filippo Pizzo. A seguire un “bando” per arruolare un recensore o una recensora

Introduzione

DEI DELITTI E DEL FUTURO

Gian Filippo Pizzo

Se si sfoglia quel prezioso volume che è la Piccola enciclopedia del giallo (un libro fuori commercio curato dalla redazione dei Gialli Mondadori nel 1979) vi si ritrovano diversi scrittori di science fiction: Asimov, Bloch, Boucher, F. Brown, Creasey, Hoch, Levin, Matheson, Lewis Padgett (alias Henry Kuttner), per non dire di E.A. Poe ed H.G. Wells. Il gioco potrebbe essere esteso ad altre enciclopedie e repertori sia sul poliziesco che sulla Sf e sicuramente molti altri nomi coinciderebbero. Non c’è nulla di strano se uno scrittore di narrativa popolare si cimenta in più generi, ma il rapporto tra fantascienza e detective story mi pare avere delle particolarità e mi è sembrato utile affrontarlo. Nella convinzione che il giallo sia fruito un po’ da tutti (chi non ha mai letto un romanzo di Agatha Christie scagli la prima pietra!) e che quindi l’argomento possa essere interessante.

Storicamente, il giallo fantastico nasce agli inizi del secolo sull’onda del successo di Sherlock Holmes. Come il famoso investigatore creato da sir Arthur Conan Doyle genera subito numerosi discendenti normali, così sono quasi altrettanti coloro che pensano di coniugare la figura del detective con avventure orrorifico-fantastico: ecco quindi il Carnacki, cacciatore di spettri di W.H. Hodgson, il John Silence, investigatore dell’occulto di Algernon Blackwood, il Jules de Grandin il cacciatore di fantasmi di Seabury Quinn e i meno conosciuti Ivan Brodsky di Victor Rousseau, Pierre d’Artois di E. Hoffman Price, Sebastian Quinn di S. Horler. Accanto a questi investigatori del soprannaturale vi sono poi quelli che si avvalgono di tecnologie avanzate e di macchinari futuribili: e sono talmente numerosi che negli Stati Uniti vi è addirittura stata una rivista riservata unicamente a questo tipo di racconti, Scientific Detective Monthly (anche se durò meno di un anno, nel 1930). Vi è da dire che queste storie, pur potendo definirsi fantapoliziesche, mirano più a meravigliare il lettore con l’utilizzo di fantastiche apparecchiature che a interessarlo alla soluzione di un delitto ben congegnato. I racconti risentono del periodo in cui sono scritti, quando anche la fantascienza è piena di fantastici macchinari (è il momento storico che va sotto il nome di “superscienza”) e di supercriminali geniali, direttamente modellati sul Capitano Nemo di Verne. Poiché sia i delinquenti che gli investigatori hanno accesso alla stessa tecnologia, queste storie finiscono per risolversi in un continuo rimpiattino tra buono e cattivo, in un inseguimento tra guardie e ladri condito dalle più strabilianti avventure.

In opere successive la Science fiction è diventata adulta e i romanzi hanno altri pregi: lo stile, la caratterizzazione psicologica dei personaggi, la descrizione della società futura. Sulla falsariga dei racconti degli anni Trenta, ma con caratteristiche meno eclatanti, sono infatti modellati gli esempi che seguono. Nel primo di questi, Strisciava sulla sabbia di Hal Clement del 1950 con il suo seguito di venti anni più tardi La cura impossibile un poliziotto alieno insegue sulla Terra un criminale del suo mondo: entrambi hanno facoltà metamorfiche e il suspense della ricerca è assicurato anche dalla figura del protagonista, un ragazzo col quale il poliziotto deve entrare in simbiosi. L’uomo disintegrato di Alfred Bester, romanzo bellissimo per altri motivi, mette in gioco un assassino telepatico in un futuro dove i telepatici convivono serenamente con le persone normali, anche se per ovvi motivi sono soltanto loro ad esercitare il mestiere di poliziotti; la ricerca del colpevole è degna di un police procedural (in italiano, “giallo di indagine”) di Nero Wolfe. Bester tornerà ai fantagialli almeno con il racconto Furiosamente Farenheit, tutto giocato sul piano psicologico (è la storia del possessore di un androide assassino), e col romanzo Golem 100, un pastiche tra horror e SF dove un poliziotto della Los Angeles del 2175 deve indagare su una serie di atroci e misteriosi delitti. Ancora, Erik Frank Russell in Wade Harper investigatore ci presenta l’omonimo protagonista, telepatico all’insaputa di tutti, teso a smascherare gli alieni che si sono infiltrati tra gli esseri umani come preludio ad un’invasione: un thrilling in piena regola, anche se inferiore a Schiavi degli invisibili dello stesso autore (che non è un giallo). Delitto alla base spaziale di Charles Eric Maine, il cui titolo non lascia dubbi, è un ro­manzo più futuribile che fantascientifico, con una trama che rispetta pienamente i canoni del giallo. Una creazione molto originale è quella di Lord Darcy di Randall Garrett, protagonista del romanzo La stanza chiusa e della serie dei racconti di Lord Darcy siamo in una Terra di un universo parallelo in cui funziona la magia, ed è grazie a questa che vengono commessi i delitti e risolte le indagini, con le complicazioni del caso. Una creazione originale e divertente che è anche uno dei rarissimi esempi di connubio tra poliziesco e fantasy.

Nel racconto “Servocittà” di Walter M. Miller viene descritto per la prima volta quello che poi sarà un luogo comune della SF anche cinematografica (Terminator, Robocop), cioè un corpo di polizia robotico. Questa tematica sarà in tempi successivi portata all’eccesso da Robert Sheckley, con una serie di racconti dall’intento satirico, non tutti rientranti nel genere del giallo classico, ma molti degni di pubblicazione su riviste del tipo Alfred Hitchcock’s Magazine. Altre opere che presentano corpi di polizia istituzionali sono Veglia sul tuo pianeta di Lester Del Rey, che trasporta su Marte situazioni di gangsterismo e di mafia ben note ai lettori di quotidiani, e Code Three di Rick Raphael, che è ancora più specialistico avendo immaginato i progressi della polizia stradale e che è stato in grado, su un soggetto esile come questo, di costruire una serie di gradevoli racconti, pochi dei quali giunti sporadicamente in Italia. Visto che siamo scivolati all’argomento del ruolo delle forze di polizia, non si può tacere di un altro caratteristico sottogenere della fantascienza, quello dei viaggi nel tempo e della Polizia Temporale, preposta — come appare ovvio — al rispetto delle norme che regolano questo genere di viaggi, norme in genere tese ad evitare manomissioni che comportino cambiamenti nella storia e quindi il verificarsi di pericolosi paradossi. I primi accenni si trovano in alcuni racconti di H. Beam Piper risalenti al 1948 e nel suo romanzo Lord Kalvan di Altroquando, poi vengono in qualche modo codificati da Isaac Asimov in La fine dell’Eternità e da Poul Anderson in Guardiani del tempo, una serie di divertenti racconti sul tema. Moltissimi altri autori, tra cui Ray Bradbury e Fritz Leiber (con il suo ciclo della Guerra del Cambio, che vede opposte due fazioni, una che vorrebbe cambiare il passato e l’altra che riesce regolarmente ad impedirlo) si sono occupati, più occasionalmente, di sviluppare trame simili. All’elenco va doverosamente aggiunto il Mariani di Lanfranco Fabriani protagonista di Lungo i vicoli del tempo e di Nelle nebbie del tempo (oltre che di qualche racconto), questa volta agente di una polizia temporale tutta italiana.

Quando si parla di giallo o di poliziesco si possono intendere storie affatto diverse l’una dall’altra. I cultori di questo genere amano suddividerlo in varie categorie: ci sono i racconti di semplice ambientazione poliziesca e c’è il giallo classico, quello nel quale il lettore “partecipa” con i personaggi alla scoperta del colpevole; c’è il giallo all’americana degli investigatori ubriaconi, nel quale non conta l’enigma ma la rappresentazione di un ambiente e la psicologia dei personaggi. C’è il “nero” in cui il protagonista è il delinquente e non il detective, ci sono le storie al confine con l’orrorifico o con lo spionaggio, c’è il thrilling e c’è il suspense. C’è il cosiddetto giallo d’indagine, in cui il poliziotto di turno va continuamente alla ricerca di indizi e testimonianze, fino a risolvere il caso, e quello di ambientazione forense, che si svolge praticamente in tribunale (Perry Mason). Tutte queste categorie hanno le loro versioni fantascientifiche. Speriamo tuttavia che i lettori siano d’accordo con noi nel ritenere “gialle” per eccellenza quelle storie nelle quali c’è un mistero, sovente un delitto, da risolvere, e il lettore procede di pari passo con l’investigatore nell’acquisire elementi che portino alla soluzione, tentando di scoprire il colpevole prima dell’ultima pagina. Scrivere gialli fantascientifici in senso così stretto è molto difficile, perché gli elementi inconsueti — robot e macchinari superscientifici, alieni, poteri paranormali, viaggi nel tempo e simili, insomma tutti gli aspetti sociali e tecnologici del presunto futuro — portano disomogeneità e spesso lo stesso autore non riesce a padroneggiarli, finendo per tradire l’esigenza di unità di trama e di consequenzialità logica tipica della detective story. Ciò nonostante c’è un discreto numero di opere che sono connubi se non proprio perfetti almeno ben riusciti tra i due generi. Tra gli altri vale la pensa citare Poul Anderson e il suo I gioielli della corona marziana (poi ripubblicato come “Sospesi nel vuoto”) in cui la corona del titolo viene rubata su un’astronave in viaggio da Marte a Terra e nonostante tutte le ricerche non viene ritrovata; aldilà della scoperta del colpevole il problema è sapere come e dove sia finita. Anche Retroindagine criminale di Wilson Tucker fonde quasi perfettamente il ragionamento deduttivo caratteristico del giallo con il marchingegno futuristico tipico della fantascienza. Il delitto del racconto avviene in un’epoca futura in cui gli investigatori possono fotografare il passato, rendendo così quasi banale l’identificazione del colpevole: basta fare una serie di foto retrospettive sul luogo del crimine; l’assassino conosce il meccanismo e inventa uno splendido trucco, ma il poliziotto alla fine è più furbo di lui, anche se deve ricorrere a un approccio più consueto basato su inventiva ed esperienza. Altri autori capaci di congegnare storie enigmatiche con finale a sorpresa sono stati James G. Ballard (Uomo al novantesimo piano e altri), Robert Sheckley (fra gli altri Servizio ritiri), Fredric Brown (in particolare Incubo ad occhi aperti) Henry Slesar, Donald Westlake, Ray Bradbury, Fritz Leiber, Bob Shaw (varie novelle contenute in Una vergogna per l’Italia), Jack Vance (L’inafferrabile McInch e altri racconti dell’antologia “Le avventure di Magnus Ridolph”). E naturalmente Isaac Asimov, autore anche di gialli tradizionali come quelli della serie de I Vedovi Neri. I suoi romanzi del ciclo robotico sono tutti buoni esempi di gialli d’indagine: in Abissi d’acciaio, Il sole nudo, I robot dell’Alba e nel più tardo I robot e l’Impero protagonisti sono Lije Baley e Daneel R. Olivaw, investigatori rispettivamente umano e robotico, ed entrambi contribuiscono ciascuno per le sue caratteristiche alla soluzione dei delitti (con preferenza però per l’intuizione umana). Nel terzo di questi romanzi Asimov introduce il concetto di “robocidio”, che nel contesto assume la rilevanza di un assassinio, e riesce ad imbastire una trama gialla credibile e, forse per la prima volta nella storia, un movente rigorosamente fantascientifico. Ma Asimov ha fatto ancora di meglio nei racconti brevi, in particolare quelli della serie del Dr. Urth (contenuti anche nell’antologia La chiave e altri misteri). Il dottor Urth è un extraterrologo, in grado di risolvere qualunque problema senza muoversi dal nostro pianeta, grazie alla sua sterminata conoscenza; molti dei problemi che deve affrontare hanno la causa in un delitto. Si veda, tra gli altri, il racconto Palla da biliardo (o “Biliardo darwiniano”) per avere un limpido esempio di “fantagiallo”. Il personaggio asimoviano ha un equivalente (chiamarlo imitazione ci sembra riduttivo) in Ariel Qeta di Antonio Bellomi, che compare in vari racconti alcuni dei quali presenti nella sua antologia Delitti terrestri e no, e in questa nostra raccolta ne presentiamo con piacere uno scritto appositamente, un racconto che aldilà delle apparenze è scientificamente documentato.

Sull’argomento esistono diverse antologie ma soprattutto in lingua inglese, dove Space police a cura di André Norton e Space, time and crime a cura di Miriam Allen de Ford sono considerate dei classici, mentre in Italia quel poco che c’è è molto atipico. Sherlock Holmes nel tempo e nello spazio a cura di I. Asimov è ovviamente settoriale, mentre Delitti senza tempo a cura di Stefano Benvenuti in realtà ha questa caratteristica: gli autori gialli si cimentano in storie fantastico/fantascientifiche, i fantascientisti in storie poliziesche (ma ci sono delle sorprese come l’unico racconto di SF mai scritto da Erle Stanley Gardner) anche se molti racconti rientrano nei presupposti del nostro lavoro. Il sottoscritto, essendo anche un cultore di polizieschi, ha cercato di dare il suo contributo: se l’antologia Notturno alieno (Bietti, 2013) era di fantanoir e se Futura Lex, apparso in questa stessa collana nel 2018, aveva come soggetto le leggi future e proprio per questo ospitava diversi gialli fantascientifici, soprattutto Delitti dal futuro (Istos, 2016) aveva le stesse caratteristiche della presente antologia: racconti che fossero di fantascienza ma anche gialli, polizieschi fantascientifici, in cui i due generi letterari si compenetrassero al meglio.

Pertanto questa antologia dovrebbe piacere sia a cultori del giallo che a quelli della SF.
Questo è il nostro auspicio.

L’antologia ospita racconti di – in ordine alfabetico – Giulia Abbate, Giovanni Agnoloni, Donato Altomare, Antonio Bellomi, Antonino Fazio, Mauro Antonio Miglieruolo, Sara Elisa Riva, Monica Serra e del duo Alessandra Cristallini-Andrea Pomes.

BANDO DI ARRUOLAMENTO

«Futuro criminale» sarà presto recensito in “bottega”. Ma da chi? Questo, per ora, è un mistero. Perciò qui, siore e siori, nativi e forestieri, umani e umanoidi, si lancia un pubblico “bando”: SGZUM e RUMBLE, KRA-KOOM e SBRANGL – ma anche BANG visto il tema – e ancora FSHH, SCRICK, TLIN TLIN, CLACKITTY e TARANTANTAN.

Allooooora? Chi si offre di leggere, indagare, sviscerare e poi sensatamente scrivere di codesta antologia divagando qb e rispettando – qui più che mai – l’obbligo di non fare spoiler? In cambio pecunia zero ma  immeeeeeeeeensa gloria. Non accalcatevi, siorre e siorrri, formate file di due con il necessario distanziamento da Covid. Presentate il vostro dettagliato Curriculum Vitae (visto il tema non occorre copia del certificato penale) in 9 copie al clone 2671 del sovrintendente db, stanza 9814-b, orari standard. Se la stanza è chiusa, nessuno apre e quando la scassinate – con l’aiuto dei vigili del fuoco – dentro trovate un morto… siete caduti nell’antologia.

Ma per aspiranti recensore/i vale anche anche l’autocertificazione se accompagnata da un succo di mango e dalla risposta a questa seeeeeeeeemplice domanda: in quale “r” (romanzo o racconto) di Philip Dick un micro-robot entra in una stanza, uccide, semina falsi indizi, chiude la porta a chiave da dentro e resta lì, trasformandosi in un televisore? Faaaaaacile.

 

Redazione
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