Gandhi e Fornari sulla psicoanalisi della guerra atomica

di Giuseppe Bruzzone (*)

«Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo». Questa frase di Gandhi – col senno di poi e senza compiacimento alcuno – porrebbe, a mio parere, un’altra domanda. Può esserci un cambiamento totale, vero, se non sei completamento libero? Infatti, con riferimento alla situazione dell’oggi, una parte di te, la tua violenza, non la deleghi, consapevole o no, allo Stato? Allora per cambiare non devi prima riprendertela e magari sentirtene responsabile proprio come avviene all’ interno dello stesso Stato, dove, se uccidessi, saresti punito? E il non uso della violenza, tuo e di altri cittadini capendo che fare guerre oggi è più che mai deleterio, non salverebbe lo Stato medesimo da una possibile distruzione insieme all’ambiente?

Ecco la necessità di questo atteggiamento e di questa libertà piena di scelta, per creare una situazione in cui l’Uomo conti insieme alla Natura di cui è parte: possa costruire strade nuove con il fine di salvaguardare anche le generazioni future e vivere una vita senza confronti armati e senza “furbastrerie” nei riguardi degli altri, riconoscendoci finalmente in una posizione comune sul Pianeta Terra che noi abitiamo. La nostra arroganza, umana ma statuale, dimentica che un virus infinitesimale ha colpito e ucciso milioni di persone di TUTTI i Paesi e siamo qui a dirci che “io” sono migliore di te, sono più ricco (avendo magari rubato prima le tue ricchezze, in vari modi) senza una apertura mentale che si ricolleghi, in caso di guerra, alla potenziale sparizione di milioni se non miliardi di persone, comprese gli uomini e le donne dei Paesi belligeranti. Lo ricordino – facciamolo ricordare – anche i nostri “responsabili” cui abbiamo dato la delega di agire pure in quel senso.

Una precisazione doverosa. Con la domanda in apertura non ho inteso minimamente sminuire la grandezza di un Gandhi che comunque ha centrato lo stesso l’obiettivo della sua frase, anche se secondo me non ne avrebbe spiegato il significato e il come sarebbe arrivato a questo. Avendo il sottoscritto utilizzato tesi desunte dal libro di Franco Fornari sulla psicoanalisi della guerra atomica, auspicherei un apprezzamento dello stesso per il suo impegno pacifista di alto livello e umano soprattutto.

(*) obiettore di coscienza negli anni 66/68

 

Redazione
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3 commenti

  • vittorio pallotti

    Grazie, Giuseppe, di questo importante contributo di riflessione su un argomento e su un libro che avevo letto da giovane insegnante, su segnalazione di un mio collega, il prof. Gianni Scalia.
    Mi auguro che questa tua riflessione aiuti tutti noi ad agire di nuovo sul tema delle obiezioni di coscienza al militarismo, come e più che in passato e, per quanto possibile, su un piano non solo individuale ma anche e soprattutto collettivo.

  • Giuseppe Bruzzone

    Grazie a te Vittorio, per quanto hai scritto.

  • Daniele Barbieri

    sui tempi (lontani: 1966-1968), i modi (26 mesi di galera) e ovviamente le ragioni dell’obiezione di coscienza di Giuseppe Bruzzone vedi questa recente intervista di Angelo Caccione su “Odissea”: libertariam.blogspot.com/2020/08/il-mio-rifiuto-giuseppe-bruzzone-i-n.html

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