Gangio, il cestista espulso dall’Italia

di Davide Drago (*)

«Lo abbiamo saputo solo ieri. Gangio il nostro giocatore della squadra seniores UISP della Polisportiva Avigliana Basket ha dovuto lasciare l’Italia perché considerato irregolare sul territorio nazionale». Cosi inizia il post su Facebook con cui i dirigenti della polisportiva hanno annunciato l’amara notizia.

Ngagne Diop, da tutti chiamato Gangio, era arrivato da un paio d’anni in Valsusa grazie ad un progetto di accoglienza diffusa per richiedenti asilo, dopo aver affrontato, come tanti ragazzi suoi coetanei, il viaggio dal Senegal fino al deserto e l’inferno della Libia per poi attraversare il Mediterraneo.

L’altro pomeriggio il ragazzo ha inviato un messaggio sul gruppo WhatsApp della squadra con scritto «Domani non posso venire alla partita», da quel momento nessuna notizia. I compagni credono sia andato in Spagna. «Non riusciamo più a contattarlo, speriamo solo stia bene. Buona fortuna» augurano dalla pagina social della squadra, che da un giorno all’altro ha dovuto fare a meno di Gangio: il pivot, ma soprattutto un amico.

Si potrebbe pensare che il ragazzo abbia deciso di voler lasciare l’Italia come fanno tanti migranti, che utilizzano il nostro paese soltanto come passaggio. Invece no, Gangio nel nostro paese voleva viverci e si trovava bene. Il ragazzo è stato vittima delle nostre leggi. La commissione che esamina le richieste di asilo ha respinto per ben due volte la sua domanda e la settimana scorsa il giudice non ha ritenuto valida la richiesta di sospensiva del procedimento di espulsione, in attesa del ricorso in Cassazione. Fino a 12 mesi fa avrebbe avuto tutti i requisiti per restare, ma le nuove leggi hanno stravolto tutto.

Gangio in questi anni di permanenza nel progetto, continuano a scrivere dalla pagina Facebook della squadra, si era perfettamente inserito nella squadra di basket ed aveva anche raggiunto una buona conoscenza della lingua italiana.

Dopo alcuni mesi di tirocinio lavorativo, nelle ultime settimane aveva anche trovato un’occupazione presso una cooperativa sociale del territorio. Nonostante Gangio avesse un lavoro e una vita assolutamente “normale”, il Giudice non ha ritenuto validi i motivi per il rinnovo del permesso di soggiorno.

Tutto questo è ovviamente accaduto per le nuove leggi sull’accoglienza nel nostro Paese. Il “decreto sicurezza”, che ha stabilito la cancellazione del permesso umanitario, ha spezzato le speranze di questo giovane atleta che nel corso dei mesi si era perfettamente integrato.

In Italia sono tantissimi i ragazzi richiedenti asilo che hanno trovato nello sport il mezzo per integrarsi. Lo sport offre infatti straordinarie possibilità di conoscenza, di incontro tra culture, di contaminazione di pratiche sportive “socialmente responsabili”. In quest’ottica può essere inteso come veicolo di valori positivi, esercizio di civiltà e di umanità, arena di socializzazione ma anche di educazione e apertura all’altro diverso da me. Sport e attività fisica sono strumenti di inclusione sociale, di partecipazione civile, di socializzazione, di interazione positiva fra i migranti e i membri delle società che li accolgono. Gangio, come tantissimi altri ragazzi, era proprio riuscito tramite lo sport ad integrarsi nel contesto sociale in cui viveva.

I compagni di squadra si chiedono ironicamente, ma con rabbia, se l’Italia senza Gangio sarà un posto più “sicuro”. Qualcuno, senza fare nomi, starà festeggiando questa ulteriore espulsione e continuerà a mandare bacioni e abbracci a destra e a manca, il paese reale deve necessariamente continuare la propria lotta di civiltà contro le barbarie perpetrare da questi razzisti senza scrupoli.

(*) Fonte: Sport Alla Rovescia (testo e foto)

Redazione
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Un commento

  • Abitava nel mio paese , faceva parte di un progetto di micro accoglienza diffusa , uno dei primi messi in opera dopo l’esempio di Riace .
    Non è l’unico , è solo il primo caso a cui viene data visibilità .
    Nella piccola cerchia delle mie conoscenze , sono almeno 14 in quella situazione , di cui due forse sono rientrati in Italia , ma senza documenti possono solo farsi sfruttare dai datori di lavoro nero .
    Hanno studiato , hanno lavorato gratis negli stage , sottopagati nei tirocini , 11 di loro sono arrivati a contratti ” normali ” , se così si possono definire i vari contratti a termine , ovviamente lavori già rifiutati dagli italiani .
    E poi , basta che scada il contratto o il permesso nel momento sbagliato e voilá , sei fuori , con meno diritti di un delinquente.
    Non puoi lavorare , perché non hai il permesso , non puoi avere il permesso , perché non hai un lavoro .
    Così spariscono , senza dire nulla perché sanno che non possiamo più aiutarli : arriverà un messaggio agli amici più intimi ” sono in …. , sto bene , grazie per avermi aiutato quando stavo in Italia ”
    Sperando in un miracolo , ancora una volta , ancora per un po’ .

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