Gas e petrolio minacciano le comunità mapuche in Argentina

Vaca Muerta, nel Sud dell’Argentina, è meta ambita dalle compagnie fossili. Al boom di tecniche invasive si è accompagnato il degrado di terra, acqua e aria. Le acque del fiume Neuquén sono contaminate a danno della popolazione. Un articolo di ANDREA GALVEZ pubblicato da Altreconomia

A seguire un film (in spagnolo) sulla storia di Santiago Maldonado, sostenitore della causa Mapuche e vittima di sparizione forzata il 1° agosto 2017.

Foto Andrea A. Gálvez

Vaca Muerta, come le chimere, si muove tra sogno e realtà. È un territorio grande come il Belgio nel bacino del fiume Neuquén, nel Sud dell’Argentina. Il gas e il petrolio, imprigionati nelle rocce a migliaia di metri sotto terra, lo rendono uno dei più grandi giacimenti al mondo tra quelli dove si usa il fracking, una tecnica di estrazione ad alto impatto ambientale che consiste nel fratturare la pietra con sabbia, sostanze chimiche e milioni di litri di acqua a pressione. Dopo il crollo del prezzo del petrolio e la pandemia del Coronavirus, oggi il destino di Vaca Muerta è appeso a un filo ma fino ad ora c’è stato un generale consenso di tutto l’arco politico attorno all’importanza strategica di questo polo estrattivo. Il boom del fracking a Vaca Muerta è cominciato nel 2011: l’accordo tra l’impresa petrolifera transnazionale Chevron e quella nazionale YPF per lo sfruttamento degli idrocarburi ha scritto la prima pagina di una storia che ha visto poi moltiplicarsi le aziende coinvolte e i pozzi costruiti. Sono 20 le imprese che operano oggi nella zona, di cui la metà straniere. Per la maggioranza degli argentini Vaca Muerta rappresenta la salvezza dell’economia -indebitata e con gravi deficit fiscali-, un’importante fonte di occupazione diretta e indiretta e un modo per attrarre investimenti da Europa, Canada e Stati Uniti. Dal canto loro, i settori più critici e le organizzazioni ambientaliste denunciano da anni la contaminazione di terra, aria e acqua che produce l’attività estrattiva. Le malattie e le conseguenze che vi sono associate sembrano aumentare nelle città petrolifere così come la disuguaglianza, la violenza di genere e la violazione dei diritti umani fondamentali.

Norma Romero lavora da 25 anni all’ospedale Cutral Có y Plaza Huincul, una delle prime cittadine di Vaca Muerta che sono state assorbite dall’economia del petrolio. Ci racconta che l’aumento delle malattie e delle allergie è palpabile tra i ricoverati. Nel 2017 le statistiche del ministero della Salute mostravano che nella regione di Vaca Muerta la principale causa di morte era il cancro, il tasso più alto di tutto il Paese. Sono comuni anche le malattie ossee, cutanee, delle vie respiratorie, le allergie, gli aborti spontanei e i disturbi gastrointestinali. Norma spiega che le cause sono l’inquinamento dell’aria, della terra e soprattutto dell’acqua. “Non si trovano dati ufficiali sulle malattie nella zona petrolifera ma la popolazione ne è cosciente”, conclude. Ad Añelo, a una manciata di chilometri dal bacino idrico di Mari Menuco, da dove viene pompata l’acqua che raggiunge i rubinetti della regione di Vaca Muerta, da anni avvengono proteste e manifestazioni per denunciare la situazione.

(*) Clicca qui per leggere l’articolo completo pubblicato su Altreconomia n. 227 – giugno 2020

Traduzione a cura di Susanna De Guio

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El camino de Santiago

regia Tristan Bauer

sceneggiatura Florencia Kirchner

Film su Santiago Maldonado, sostenitore della causa Mapuche e il cui corpo è stato ritrovato a ottobre nel fiume Chubut. Santiago è stato vittima di sparizione forzata il 1° agosto 2017, quando 100 agenti della Gendarmeria nazionale argentina sono entrati in territorio della comunità mapuche Pu Lof a Resistencia, nel dipartimento di Cushamen, provincia di Chubut, nella Patagonia Argentina, sparando proiettili di piombo e di gomma e incendiando oggetti appartenenti alle famiglie mapuche.

 

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