Giallo e fantascienza insieme: l’unione fa la forza

di Gian Filippo Pizzo (*)

« A. si voltò di scatto, tendendo l’orecchio. Il rumore si ripetè». Una storia che contenga una frase come questa, teoricamente può essere dì qualsiasi genere; ma in pratica si può scommettere che sarà o poliziesca o di fantascienza. E già questo dimostra l’affinità tra i due generi di narrativa. Nell’uno, il rumore sarà in relazione con un delitto; nell’altro, con un arrivo di marziani e magari con la fine del mondo; ma in entrambi i casi la faccenda in relazione col rumore è un’incognita: ed è questultima – non A., né qualsiasi altro personaggio – la vera protagonista del libro.

Così scrivevano nel 1963 Carlo Fruttero e Franco Lucentini nell’introduzione alla loro mastodontica antologia Universo a sette incognite (Mondadori, più volte ristampata). F&L, come essi stessi amavano farsi chiamare, avevano ragione nel dire che l’incognita è la protagonista principale dei romanzi, perché ne costituisce il punto di partenza, l’inizio della trama, il mistero che si risolverà solo alla fine. E questo vale per tutta la letteratura, anche quella cosiddetta alta (sebbene quest’ultima, vale a dire i classici, abbia pure altre e più importanti valenze): riuscirà Ulisse a ritornare a Itaca? riuscirà Renzo a sposare Lucia? riuscirà il Vecchio a condurre in porto la sua preda? Se vale per esempi così illustri, figuriamoci per la letteratura di consumo, cioè quella avventurosa (storie di pirati, avventure esotiche, western, racconti sportivi, spionaggio, cappa & spada e quant’altro è possibile classificare) dove effettivamente costituisce il motivo principale di tutta la narrazione.

Fruttero e Lucentini avevano però anche ragione nel sostenere che una frase come quella da loro riportata (ispirata probabilmente dal racconto flash di Fredric Brown “Qualcuno bussò alla porta“) è più probabile che appartenga al poliziesco o alla fantascienza (ma oggi potremmo aggiungere anche l’horror). Ed è da qui che nasce l’idea di questa antologia: se, traducendo in altri termini la loro affermazione, giallo e science fiction sono i generi più emozionanti, cosa vieta di metterli assieme?

In realtà operazioni di questo genere sono state già fatte, e più volte. Non è il caso di riproporne in questa sede la storia (rimandiamo alla voce “Investigazioni” nella Guida alla letteratura di fantascienza, edita da Odoya nel 2013) ma citiamo almeno il caso di un autore ben noto, Isaac Asimov, che in romanzi quali Abissi d’acciaio (1953) e Il sole nudo (1956) mette fianco a fianco un poliziotto umano e un detective/robot per la soluzione di misteriosi delitti che avverranno nel futuro inventato dal grande fantascientista americano. Lo stesso Asimov – che, per inciso, ha scritto anche gialli tradizionali – è autore di diversi racconti fantagialli, così come altri suoi colleghi, tanti che citarli tutti è impossibile.

Questi romanzi e racconti avevano tutti però un piccolo difetto: erano essenzialmente di fantascienza, puntavano a descrivere un futuro immaginario o le meraviglie (e i pericoli) di una nuova invenzione tecnologica, e il lato dedicato alla detection, all’indagine, finiva per essere messo in secondo piano. Tanto è vero che sono stati tutti pubblicati con l’etichetta di science fiction. Questa situazione si è protratta nel tempo fino a coinvolgere, ai nostri giorni, il noir. Infatti dall’uscita del film Blade Runner in poi si sono moltiplicate tanto le pellicole che i libri che possiamo agevolmente definire fantanoir: commistione tra i due generi, con delitti efferati e relative indagini, ambientate in scenari futuribili, composti essenzialmente da grandi metropoli dalle periferie degradate e dalla vita grama del sottoproletariato urbano. Un’esasperazione di quello che già avviene nelle grandi città di tutto il mondo, Italia compresa, e che finisce per costituire il punto centrale della narrazione, la rappresentazione di quello che potrebbe portare un futuro dove capitalismo e consumismo, droga e malaffare, pubblicità sempre più invasiva contro caratteri sempre più fragili, rischiano di modificare anche antropologicamente il comportamento umano.

Quindi, tornando a quello che si diceva sopra, unire sì la fantascienza al giallo, ma facendo questa volta in modo che fosse quest’ultimo ad avere l’attenzione principale, che il lato poliziesco avesse il sopravvento. Per questo abbiamo chiesto agli autori qui presentati di scrivere essenzialmente delle crime story del tipo più classico possibile, in cui ci fosse il poliziotto o l’investigatore, il delitto, l’indagine, gli interrogatori, le false piste, le accuse, gli indizi, le testimonianze e tutto quanto costituisce lo standard di un buon poliziesco. Il tutto comunque in un contesto fantascientifico, altrimenti che fantapolizieschi sarebbero?

Si troveranno dunque racconti ambientati nel futuro o racconti in cui il futuro invade il nostro presente, gadget tecnologici oggi inesistenti e tutto il contesto tipico della science fiction, ma soprattutto dei crimini che non sarebbero potuti avvenire diversamente e che hanno una – spesso sorprendente – spiegazione fantascientifica.

Ai lettori decidere se il risultato è all’altezza delle premesse.

(*) Questa è la prefazione all’antologia «Delitti dal futuro» (Istos Edizioni, 2016) con racconti di Alessandro Fambrini, Andrea Carlo Cappi, Antonino Fazio, Francesca Garello, Franco Ricciardiello, Gabriele Falcioni, Gian Filipo Pizzo, Giovanni Burgio, Michele Piccolino, Pierfrancesco Prosperi, Stefano Carducci, Vincenzo Bosica.

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