Gino Bartali, la verità storica, i Giusti e il Giro d’It-raele

   La “bottega” riprende le considerazioni di Giovanni Negro con una nota storica di don Aldo Brunacci e una (speranzosa) vignetta di Mauro Biani

Note in calce all’«operazione-Bartali – giusto fra le nazioni – Giro d’Italia»

Leggendo recentemente gli Atti del convegno Cattolici e Fascisti in Umbria (1922-1945) [Il Mulino, Bologna 1978] relativo all’atteggiamento del clero e del mondo cattolico nei confronti del fascismo in generale, e delle deportazioni di ebrei dal nostro Paese in particolare, ho avuto modo di conoscere la figura di don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi. Infatti, fu incaricato dal suo vescovo monsignor Nicolini di organizzare la rete di aiuto ai perseguitati, e soprattutto agli ebrei, utilizzando i conventi e i monasteri della città per nasconderne centinaia, incarico che don Brunacci svolse negli anni 1943-1944. Don Brunacci divenne quindi un protagonista riconosciuto della vasta opera di salvataggio degli ebrei, in Assisi, attraverso una rete diffusamente ramificata nella provincia di Perugia e oltre. Risalendo il filone degli scritti e delle relazioni di don Brunacci in altri convegni attinenti, come la “Giornata degli ebrei d’Italia” tenuta in Assisi nel 1982, sono giunto a conoscenza del seguente documento: «Nota di don Aldo Brunacci» sul libro di Alexander Ramati «Assisi clandestina» [da Colligere Fragmenta, Edizioni Porziuncola, Assisi 1989, pp. 61-62].

In particolare don Brunacci scrive: «Molti giornali italiani ed esteri, nonché qualche libro con pretesa di fare indagine storica… parlando dell’opera svolta ad Assisi per la salvezza degli ebrei hanno accettato acriticamente il racconto del libro e del film di Alessandro Ramati “Assisi Clandestina”. Il sottoscritto, che fu l’unico collaboratore del vescovo Nicolini negli anni 1943-1944, in quest’opera, è in dovere di dichiarare che sia il libro che il film hanno falsato completamente la verità».

Poiché a partire dal 2010 e poi in coincidenza con il riconoscimento di Gino Bartali come “Giusto fra le nazioni” sono comparse numerose opere nonché programmi televisivi dedicatie all’argomento del salvataggio di ebrei da parte di Bartali, ho iniziato a esaminare molte di tali opere in cerca di elementi indipendenti di verifica dei giudizi di don Aldo Brunacci. Qui ho constatato con mia grande sorpresa che praticamente tutte le opere da me esaminate (indicate in allegato) sono ricalcate sul libro di Ramati Assisi clandestina, cui fanno in genere esplicito e acritico riferimento come a una fonte certa, tacendo completamente sulle parole di don Aldo Brunacci.

D’altro canto a questo tipo di letteratura si contrappongono varie opere “di prima mano”, basate cioè su ricerche e testimonianze dirette, le quali non recano traccia della narrazione ramatiana. Fra queste si devono citare i ricordi e testimonianze di personaggi storici come Giorgio Nissim con le Memorie di un ebreo toscano (1938-1948), a cura di Liliana Picciotto, Carocci 2005, ma soprattutto, poiché nella narrazione ramatiana Bartali viene quasi sempre collocato nella rete del Delasem, rivestono un’importanza decisiva le fondamentali opere storiche sulla rete – Liliana Picciotto, Salvarsi, Einaudi 2017, frutto di anni di ricerche basate su un apparato di fonti impressionante; Sandro Antonini, DelAsEm ovvero «storia della più grande organizzazione ebraica italiana di soccorso durante la seconda guerra mondiale», De Ferrari, 2007; Settimio Sorani, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1941):contributo alla storia della Delasem, Carocci, 1983 – per citarne le più note e rappresentative. Da tutte queste opere si deduce che la fabbricazione e la consegna di documenti falsi fu opera di molti ebrei e cattolici, religiosi e laici, e che costò atti eroici nonché il sacrificio della vita di molti esseri umani. Ritengo perciò che sia una forma di rispetto dovuto conoscere e considerare ogni elemento atto a ricostruire la verità di quei fatti.

«Nota di don Aldo Brunacci» sul libro di Alexander Ramati «Assisi clandestina» [Colligere Fragmenta, op. cit.]

Molti giornali italiani ed esteri, nonché qualche libro con pretesa di fare indagine storica (ad esempio il libro dell’ebrea italo-americana Zuccotti Susan «L’Olocausto in Italia» tradotto dalla casa editrice Mondadori nel 1987), parlando dell’opera svolta ad Assisi per la salvezza degli ebrei hanno accettato acriticamente il racconto del libro e del film di Alessandro «Assisi Clandestina».

Il sottoscritto, che fu l’unico collaboratore del vescovo Nicolini negli anni 1943-1944, in quest’opera, è in dovere di dichiarare che sia il libro che il film hanno falsato completamente la verità.

A riprova dell’affermazione, basta leggere un mio articolo scritto nel 1946 ed il discorso da me tenuto nel 1982 nella Sala della Conciliazione del Comune in occasione della giornata degli ebrei. Erano presenti rappresentanti delle comunità ebraiche d’Italia, autorità cittadine in una sala gremitissima. Da rilevare tra i presenti, gruppi di ebrei rifugiati allora in Assisi, lo stesso Alessandro Ramati, nonché molti cittadini testimoni dei fatti. Ogni mia affermazione non rispondente a verità, avrebbe corso il rischio di essere clamorosamente smentita.

Sono profondamente addolorato soprattutto per il fatto che nel film di Ramati si vuole attribuire ad un ebreo slavo il merito della salvezza di Assisi, mentre è da attribuire unicamente all’opera dell’allora vescovo di Assisi, Monsignor Nicolini, che cedette al Comando Sanitario tedesco (nella persona del colonnello Müller) molti edifici religiosi per ospedali; egli ottenne così un autentico decreto, tramite la Segreteria di Stato del Vaticano, dal generale Kesserling, in cui si dichiarava Assisi città ospedaliera, con la proibizione alle truppe tedesche in ritirata di entrare nella città.

L’opera svolta per la salvezza degli ebrei in Assisi e di altri perseguitati ha avuto come unico centro il Vescovado.

Il padre Rufino Nicacci protagonista del libro e del film non ha mai avuto un incarico ufficiale da monsignor Nicolini, non è mai entrato in Vescovado in quel periodo, non ha avuto alcun rapporto con il colonnello Müller e tanto meno con altri prelati come ad esempio l’Arcivescovo di Firenze. Non fu mai arrestato dai tedeschi ed il carcere tedesco di Bastia Umbra di cui si parla non è mai esistito. Così pure inventati di sana pianta, tanti altri particolari: dalla fantasia del romanziere e da quella non meno fervida del P. Rufino che è stato per lungo tempo ospite in Israele del medesimo per comporre il libro.

È deplorevole inoltre il fatto che l’edizione italiana, che porta il sottotitolo «Assisi e l’occupazione nazista secondo il racconto di Padre Rufino Nicacci» sia stata pubblicata da una Casa Editrice Francescana di Assisi i cui dirigenti conoscevano i fatti e la mitomane fantasia di Padre Rufino. Vuol dire che l’interesse ha avuto la meglio sulla verità storica!

Un particolare attuale: i rapporti con Luigi Brizi per la stampa delle carte d’identità furono tenuti dietro mia indicazione da un giovane ebreo di Trieste, Giorgio Kropf; recentemente il figlio di Luigi Trento mi ricordava che in un giorno imprecisato del 1944 io diedi Lit. 50 e la mia bicicletta per andare a confezionare i timbri per le carte false a Foligno. La verità dei fatti svoltisi in Assisi è molto più interessante del racconto grossolano, inverosimile e romanzesco che purtroppo è stato preso per vero soprattutto fuori d’Italia.

Non così dall’autorevole rivista internazionale «Reader’s Digest». All’uscita del libro nell’edizione inglese il Ramati aveva concordato un contratto di molti milioni per un inserto in detta Rivista, presentando il suo libro come storico.

Al primo esame fu chiara la sensazione che si trattasse invece di un romanzo.

Nel giugno del 1978 l’«European Editorial Office» del «Reader’s Digest» mi telefonava da Parigi per domandarmi se potevo ricevere una sua redattrice e precisamente la Dottoressa Denise Pilkington. Questa, dopo accurata indagine in diversi ambienti di Assisi, non poteva che confermare quanto emerso al primo esame del libro. Prima di ripartire, per tre giorni interi, leggemmo insieme il libro. Non trovammo una pagina che corrispondesse a verità. Nel frattempo il Ramati mi tempestava di telefonate da Gerusalemme scongiurandomi di aiutarlo a non perdere la forte somma che gli sarebbe stata corrisposta. Io non potevo mentire. E il libro, con grande disappunto del Ramati, non fu pubblicato.

Il 23 giugno la dott. Pilkington mi scriveva da Parigi: « Vous ne serez certainement pas surpris que nous ne publierons pas cette ouvrage!» e concludeva: «car l’histoire, elle, vaut bien la peine d’être racontée ».

Nei vari articoli e relazioni da me fatte, mi sono sempre sforzato di ristabilire la verità di quel periodo glorioso della storia di Assisi. Ma il diffondersi delle menzogne mi convincono sempre più, anche a richiesta di persone autorevoli, a dover raccogliere e pubblicare tutti i documenti in mio possesso. Spero di farlo quanto prima, perché solo la verità merita di essere conosciuta. In più di una occasione inoltre ho avuto modo di far rilevare alle personalità ebraiche incontrate in questi ultimi anni che il libro nuoce alla loro causa, giacché un falso così clamoroso, perpetrato da uno scrittore ebraico a scopo di lucro, può ingenerare dubbi in ciò che invece è realmente avvenuto durante l’Olocausto.

ALCUNE OPERE CONSULTATE

Alberati Paolo, «Gino Bartali: mille diavoli in corpo», Giunti 2010

Bartali Andrea, «Gino Bartali, mio papà», Limina 2012

Bartali Gino, «La mia storia», La Gazzetta dello sport (n.i.)

De Girolamo Alfredo, «Gino Bartali e i Giusti toscani», Edizioni Ets 2017

Magnotta Angelina, «Gino Bartali e la Shoah», Edizioni dell’Assemblea 2011 McConnon, Aili and Andres, «Road to Valor. A True Story of World War II Italy, the Nazis, and the Cyclist Who Inspired a Nation», Crown, New York 2012.

McConnon Aili e Andres, «La strada del coraggio. Gino Bartali eroe silenzioso», 66thand2nd, Roma 2013.

Pastonesi Marco, «Ho scoperto io il coraggio di Gino», La Gazzetta dello Sport 2013

Ramati Alexander, «The Assisi underground. The Priests who rescued Jews. As told by Padre Rufino Niccacci», Stein and Day, New York 1978.

Ramati Alexander, «While the Pope Kept Silent. Assisi and the Nazi Occupation», Allen and Unwin, London 1978.

Ramati Alexander, «Assisi clandestina. Assisi e l’occupazione nazista secondo il racconto di p. Rufino Niccacci», Porziuncola, Assisi 1981.

 

 

Redazione
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4 commenti

  • Franco Mascolo

    E di Bartali?? perchè non se ne parla?? si rimane a bocca asciutta… Franco Mascolo – Milano

    • susanna sinigaglia

      come non se ne parla? segnalo questo passaggio: “Poiché a partire dal 2010 e poi in coincidenza con il riconoscimento di Gino Bartali come ‘Giusto fra le nazioni’ sono comparse numerose opere nonché programmi televisivi dedicati all’argomento del salvataggio di ebrei da parte di Bartali, ho iniziato a esaminare molte di tali opere in cerca di elementi indipendenti di verifica dei giudizi di don Aldo Brunacci. Qui ho constatato con mia grande sorpresa che praticamente tutte le opere da me esaminate (indicate in allegato) sono ricalcate sul libro di Ramati Assisi clandestina, cui fanno in genere esplicito e acritico riferimento come a una fonte certa, tacendo completamente sulle parole di don Aldo Brunacci.”

  • Claudio Lombardi

    Insomma, alla fine Bartali ha collaborato marginalmente oppure ha salvato 800 ebrei?

  • susanna sinigaglia

    mi sembra che l’articolo qui sopra pubblicato chiarisca molto bene questo dubbio.

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