Gioconda Belli: “Nel Paese delle donne”

Le sparano in «un pomeriggio ventoso e fresco di gennaio». La presidentessa Viviana Sanson, al secondo anno di mandato, ha appena terminato di parlare per «il Giorno dell’Uguaglianza in ogni Senso, che il governo del Pie ha aggiunto alla lista delle festività». La sigla Pie sta per «Partido de la Izquierda Erotica» ovvero Partito della sinistra erotica ma rimanda anche al piede, alla necessità di mettersi in cammino.

Siamo a Farguas, un Paese immaginario dell’America latina, dove l’impossibile è avvenuto: una lista di sole donne ha vinto le elezioni. Ma adesso, a un anno dal “miracolo”, Viviana è in coma: può salvarsi? Senza di lei la rivoluzione si fermerà?

Ovviamente sarei un malfattore se vi rivelassi il finale, anzi i molti finali che si accavallano.

Il romanzo «Nel paese delle donne» (Feltrinelli) di Gioconda Belli – poetessa, scrittrice e militante nicaraguense – si muove su tre direttrici e differenti stili di scrittura: in un tempo presente la vita a Farguas continua con la ministra della Difesa che deve trovare il killer e snidare i mandanti mentre il Pie fa i conti con emozioni, paure e manovre scatenatesi nel Paese; nei «materiali d’archivio» invece chi legge incrocia testimonianze sull’attentato, volantini, un editoriale (ovviamente inventato ma verosimile al massimo grado) del «New York Times», blog, giornali ma anche le indagini di Josè de la Aritmetica Sanchez, venditore ambulante di granite; nel terzo livello – il più segreto – si aggira Viviana, «sembra un magazzino» ma gli oggetti le sono familiari, «tutte cose che ricorda di aver perso e mai più ritrovato, come sono arrivate qua? Che cosa significa?».

La maestria di Gioconda Belli è di intrecciare con semplicità suprema questi tre livelli di scrittura, di affidarsi a pochi e memorabili protagonisti, di non cadere nella retorica, di lasciare sino all’ultimo nel dubbio (tornerà Viviana dal «magazzino»?) e di riservare un finale aperto. Una vera utopia deve mantenersi ambigua suggerisce Odo, la rivoluzionaria nonviolenta che Ursula Le Guin ci fece conoscere nel romanzo «I reietti dell’altro pianeta» e in alcuni racconti (su tutti «Il giorno prima della rivoluzione») a esso collegati.

Fra i co-protagonisti c’è anche il vulcano Mitre. La lunga eruzione ha oscurato il cielo per giorni ma l suo fumo ha anche «ridotto il livello maschile di testosterone». Una parola così difficile che quasi nessuno a Faguas riesce a pronunciarla ma tutti intendono le sue conseguenze… indurre «una mansuetudine maschile mai vista prima di allora», una «sonnolenza» – anche sessuale – in tutti gli uomini del Paese.

La mansuetudine (temporanea? permanente?) da sola di certo non basta. «L’educazione alla libertà è tutta in salita» riflette Martina («220 volt di energia» in un Paese che funziona a 100) promossa da Viviana a «ministro delle Libertà incondizionate, istituzione dedicata a promuovere leggi, comportamenti, programmi educativi e tutto il necessario per inculcare nella società il rispetto per la libertà degli uomini e delle donne».

Fra le più discusse riforme volute dal Pie c’è quella «di esibire gli stupratori sulla pubblica piazza, chiusi in una gabbia», un’idea di Eva Salvatierra che ora guida il ministero della Difesa. Subito le autorità ecclesiastiche e le alte cariche politiche criticano questa decisione, la tacciano di vendetta. Ma le donne si sollevano in massa e chiedono perché prima hanno ignorato «una epidemia silenziosa e mortale» di violenza contro le donne.

Non è un pranzo di gala la rivoluzione del Pie e il misterioso attentatore potrebbe non essere un pazzo isolato ma l’ultimo anello di una catena politica. Forse dietro c’è l’ex presidente? Oppure un ex magistrato, Roberto Jimenez, che Viviana (quando ancora era una giornalista) fece incriminare per «un traffico di minorenni a fini di sfruttamento sessuale»?

La rivoluzione del Pie sa essere dura con gli stupratori e decisa nell’imporre che per 6 mesi tutti gli uomini dell’amministrazione pubblica siano a casa per essere sostituiti da donne e per imparare cosa vuol dire lavori di cura. Ma il Partito della sinistra erotica è anche sorprendentemente dolce, i suoi programmi si basano sul «progetto felicità».

Il pendolo del Pie: determinazione e coraggio da una parte, allegria e fantasia dall’altra. Lo stesso pendolo oscilla in tutto il romanzo: la vita durissima di Martina (che poi si chiamerà Juana De Arco) si alterna con Viviana che riscopre un erotismo allegro; lo scontro sulla Legge dell’aborto inevitabile da un lato e dall’altro un concolrso morbido come Quartiere pulito o l’ironico reality show con la telecamera a riprendere gli uomini (a casa per 6 mesi) «nelle loro case mentre si occupano dei figli e si dedicano alle faccende domestiche». Chi passa su codesto blog forse ricorderà che anche Maria Rosaria Baldin mesi fa aveva proposto un reality show del genere.

Emir è l’ultimo amore di Viviana. Un pendolo anche lui: fra stima e ammirazione per la rivoluzione del Pie e una ferma, razionale convinzione (o pregiudizio?) che la rivoluzione non può «lasciare gli uomini in panchina». Alle obiezioni di Viviana, così replica Emir: «Ti rispondo con la frase migliore di Henry Kissinger: “Non può esserci battaglia tra i sessi perché c’è troppa fratellanza con il nemico” […] Cosa ci guadagnerai?».

Prima di andarsene, sbattendo la porta, Viviana gli risponde: «Sai cosa ci guadagneremo? Fiducia in noi stesse».

Un romanzo «femminista»? Come dice, a proposito del Pie, la presidentessa Viviana esistono così tanti femminismi che bisogna definire prima di cosa si sta parlando.

Sovversione politica mascherata da fiaba? Anche. E certe idee della presidentessa Viviana – su asili, scuole, condivisione, fiori e foreste ma anche sull’erotismo – dovrebbero essere al centro delle nostre discussioni quotidiane se vivessimo in un mondo che non ha paura a interrogarsi nel profondo.

«Realismo magico» si sarebbe detto circa 40 anni fa e, se si vuol prendere a riferimento quell’etichetta, il romanzo di Gioconda Belli non sfigurerebbe accanto a Garcia Marquez, Scorza, Loyola de Brandao o Guimares Rosa. «Nel Paese delle donne» si inserisce altrettanto bene nel filone dell’utopia o della migliore fantascienza; in certi passaggi l’autrice oscilla fra l’ironia corrosiva del miglior Sheckley e la sovversione politica della prima Le Guin.

Ma su codesto blog non si venerano le etichette: «Nel Paese delle donne» è un gran romanzo a prescindere. Commovente e ben scritto, necessario senza cadere nella retorica.

L’immaginaria Viviana Sanson si incontra con Robin Morgan o le altre donne che si battono nel mondo reale, come raccontano spesso, su codesto blog, Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo o altre.

E si potrebbe prendere un temporaneo distacco da lei ascoltando il brano di un suo discorso.

«Non par vero che nel XXI secolo si discuta ancora di socialismo o capitalismo o crisi economica, quando non ci accorgiamo che non è ancora risolto il problema della violenza e degli abusi che si consumano nelle case. […] Il destino dell’umanità non è ancora stato scritto, perché noi donne non ci siamo ancora pronunciate. […] Noi vogliamo un altro mondo, vogliamo evitare che l’umanità si autodistrugga».

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • …ma la recensione e’ incompleta! l’ultima frase e’ troncata….

  • In effetti Alberto (qui sopra) ha ragione: l’ultima parola è uscita “mozzicata” … appena appena.
    Grazie.
    La frase finale della rec adesso è stata corretta. Come forse qualcuna/o ha intuito, si chiudeva così: “si autodistrugga” e poi “»” con le virgolette.
    A questo punto Alberto balza al primo posto nella classifica “Il pignolino d’oro” e si candida allo splendido regalo assegnato in chiusura dell’anno hdemico.

  • Caro Daniele, per fortuna che ho guardato la tua recensione dopo aver letto il libro; ti sei dilungato non poco nei dettagli del libro; a chi non l’ha ancora letto toglie un pò il piacere della sorpresa. Personalmente mi sono divertita un sacco a leggere il libro della Belli e l’ho “divorato” in pochissimo tempo; anche se dirò certi passaggi sono in qualche misura scontati: immagini già cosa succederà. Sull’esperienza fantastica/realistica del governo delle donne, non ho fatto altro che trovare scritto in maniera brillante ciò che nella mia testolina penso da parecchi anni; governo al femminile inteso proprio come trasformazione dell’esistente partendo dalle storie, dalle culture, dalle conoscenze delle donne.
    So che la Belli è stata in Italia a presentare il libro: peccato non averla incontrata. Tu che sei informato conosci se nei prossimi mesi potrebbe tornare??
    Buone vacanze
    Rina Zardetto – Correggio

    • ciao Rina, mi sembrava di aver svelato il minimo ma evidentemente l’ansia di raccontare mi ha un po’ tradito. Purtroppo non so dirti se Gioconda Belli tornerà in Italia e quando. Se chi passa da codesto blog è informata/o… si faccia viva/o qui, grazie in anticipo.
      Per allargare il discorso della Belli, mi piacerebbe che qualche piccola casa editrice intelligente riproponesse certi testi utopici femministi o certa fantascienza degli anni ’70 . Poco tempo fa ho parlato con una quasi giovane, quasi intellettuale, quasi femminista e quasi estremista: conosceva di nome Ursula Le Guin e non aveva mai sentito nominare Alice Sheldon (che si firmò a lungo James Tiptree junior) …. quando le ho riassunto un paio di racconti si è entusiasmata e ha voluto sapere un po’ di titoli;: “li voglio leggere tutti” ma io ho dovuto avvisarla che doveva trovare una buona biblioteca perchè in catalogo non li troverà (db)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *