Giuliano Bugani: Terremoto

C’ è differenza, tra fare e non fare. Io l’ ho fatto, il soldato. Di leva. Mi hanno levato, un anno. Della mia vita. C’ è differenza, tra partire e non partire. Io partii l’ 11 novembre 1980. Destinazione Lecce. Reparto carristi. Ci insegnavano come si guida, un carro. Armato. Io non volevo, fare il soldato. Poi, il 23 novembre del 1980. Il terremoto. In Irpinia. 3.000 morti. 300.000 sfollati. Dopo pochi giorni, all’ufficio Fureria. Chiesero volontari, per i soccorsi. Diedi il mio nome. Sei troppo magro. E piccolo. I volontari vennero trovati. La sera, prima di partire, per Avellino. Un volontario si ritirò. Mi chiamarono. Sei magro, e piccolo. Ma vai bene lo stesso. Partii volontario, per i soccorsi. In Irpinia. Facevo qualcosa, di utile. Fuori, dal carro. Armato. Telefonai alla mamma. Pianse. Telefonai alla ragazza. Pianse. Se non piangi, ti sposo. Quando torno. Dal militare. Partimmo, la notte del 4 dicembre. Arrivammo, a mezzogiorno. Nel comune di Teora. Avellino. Un paese di 2.500 anime. A Teora, trovammo l’inferno. C’erano stati 500 morti. Le bare, erano accatastate ai muri, rimasti in piedi. C’è differenza, tra la vita e la morte. La notte, dovevamo montare di guardia. Contro gli sciacalli. Spara. Mi dissero. Se li vedi. Io guardai in alto. Non c’ erano, nemmeno più le stelle. Quelle rimaste. Erano sul colletto, della mia giacca, militare. C’ è differenza, tra sparare e non sparare. La prima notte, dormimmo in quindici, soldati. Dentro la cassa. Del camion. Io ero l’ ultimo. Vicino allo sportello, di uscita. Ero magro. Era freddo. Le coperte, le avevamo prese dai cassonetti. Dell’ immondizia. C’ è differenza, tra il caldo e il freddo. Quella notte. Fecero molte scosse. Sentivamo i bambini urlare. Io, sentii anche qualche soldato. Piangere. Dentro la cassa. Del camion. La seconda notte. C’erano tende. Nel campo da calcio. Di Teora. I civili trovarono alloggio. Nelle tende. Poi anche qualche soldato. Restammo in tre. Nella cassa. Del camion. Riempimmo le gavette di alcool. Demmo fuoco. Fece così caldo, che dormimmo fuori, dai sacchi a pelo. Un giorno. Incontrammo una ragazza. Ci fecero una foto. Adesso, è in un cassetto. Un giorno. Incontrammo un uomo. Ci raccontò che sua moglie. Era nel letto. Con lui. Prima del terremoto. I soccorsi trovarono lui. Vivo. Lui disse che sua moglie, era a pochi metri. Ma i soccorsi, non l’ascoltarono. Trovarono sua moglie, dopo dieci giorni. Dove lui aveva detto. Morta. Quell’ uomo, lo raccontava a tutti. Quelli che incontrava. E piangeva. Ma tutti, a Teora, piangevano qualcuno. Partimmo il pomeriggio del 12 dicembre. C’è differenza tra partire e non partire. Io, da Teora, non sono mai partito.

Poi, il terremoto all’ Aquila. 6 aprile 2009. Dopo venti giorni. Sono andato. Da Anna e Paolo. E Stefania. All’ Aquila. Erano vivi.

Ho sposato la mia ragazza. E non ti ho detto. Che a Teora, Dopo dodici giorni. Trovarono una bambina. Di tre anni. Viva.

Ma io. Non parto mai. Un giorno, prendo un terremoto. E lo porto lontano.

BREVISSIMA NOTA

Giuliano  è operaio, giornalista, poeta e molto altro. E’ spesso su questo blog. Per fortuna. (db)

Redazione
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