Gorizia: molte domande dopo il suicidio alla Gedi

di Vito Totire (*)

 

 

Questo luttuoso evento (**) ci induce anzitutto a porgere sentite condoglianze ai familiari e ai compagni di lavoro della persona deceduta .La rabbia e il sentimento di impotenza che proviamo spingerebbero a fermarci alle condoglianze ma per rispetto alla persona e per amore della verità dobbiamo porci alcune domande.

Il comportamento suicidario certamente può essere totalmente estraneo alle questioni lavorative (o ambientali in senso lato). Ma è questo il “caso” di Gorizia? Pare proprio di no. I suicidi – a parte quelli che avvengono periodicamente e storicamente nelle istituzioni totali (carceri ,manicomi e luoghi di contenzione) – possono avere una stretta relazione con condizioni di distress lavorativo e di crisi economica.

Un evento particolarmente drammatico, con un andamento simil-epidemico, si è verificato in Francia alla Telocom (***), azienda che ha visto una drammatica catena di suicidi dopo un pesante piano di ristrutturazione , di licenziamenti e demansionamenti. Solo dopo la catena di morti l’azienda ha censurato qualche dirigente e abbozzato un piano di prevenzione del distress.

Analoghi eventi si sono verificati in Paesi dell’Estremo Oriente anche se in condizioni organizzative un po’ diverse da quelle dell’Europa.

Oltre che correlati al distress e al sovraccarico lavorativo questi luttuosi eventi sono spesso legati a disoccupazione, cassa integrazione o alla precarietà del reddito.

Ci saremmo aspettata una maggiore attenzione su questi temi dopo il TULS (decreto 81/2008) che prevede esplicitamente la valutazione del distress lavorativo. Aspettativa delusa. In quegli anni cominciava a balenare una certa attenzione – anche da parte delle istituzioni – su come gestire e “comunicare” le crisi aziendali; tuttavia niente di concreto, salvo rare eccezioni;

Il suicidio è menzionato fra i comportamenti umani possibili in quanto reazione al distress lavorativo (Guida europea per la prevenzione, 1999) ma “stranamente le Procure della Repubblica di solito non ravvisano reati o comportamenti illeciti oppure – addirittura – non aprono neanche inchieste. Tuttavia il suicidio è molto raramente un evento non prevedibile e non preannunciato.

Cosa è successo a Gorizia? Cosa si poteva fare per la prevenzione?

Non vogliamo porre interrogativi accademici ma concreti finalizzati a:

  1. Anzitutto sollecitare l’adozione di un piano di prevenzione locale e nazionale
  2. Accertare eventuali responsabilità civili e penali nell’evento di Gorizia
  3. Porre le basi per cui (quantomeno) se ce ne sono le condizioni il tragico evento venga valutato anche nell’ottica dell’infortunio lavorativo; certamente con “assegni funerari” e “rendite ai superstiti” non avremo risolto granché ma occorre dare un segnale etico e sociale che gridi al mondo che i padroni non possono fare quello che vogliono con la vita di chi lavora, trasferendo le persone a centinaia di kilometri come fossero pacchi postali .

Alla famiglia esprimiamo il nostro sincero sentimento di lutto e proponiamo il nostro sostegno morale e tecnico-professionale, se ve ne sarà bisogno.

Bologna, 18.5.2018

(*) Vito Totire è medico del lavoro e psichiatra, portavoce del circolo “Chico” Mendes – Libera associazione per l’ecologia sociale

(**) Così la notizia: un uomo di 49 anni si è impiccato nel Centro stampa di Gorizia dove vengono confezionati alcuni quotidiani del Gruppo editoriale Gedi distribuiti in Friuli Venezia Giulia. Era sposato e padre di un figlio. Secondo l’agenzia Ansa ha lasciato un biglietto per chiedere perdono ai familiari.

(***) Fra il 2008 e il 2010, 58 dipendenti della società francese di telefonia France Telocom (oggi Orange) si sono tolti la vita: 35 fra il 2008 e il 2009. Per ripianare 110 miliardi di euro di debiti, nel 2006 la società avviò il piano “Next” che prevedeva 22mila licenziamenti (e 10 mila trasferimenti) in due anni. L’azienda riconobbe come «incidenti sul lavoro» solo tre suicidi. Il regista di questo «smaltimento» era l’allora presidente della società, Didier Lombard, che in occasione di un incontro nel 2006 si vantò: avrebbe messo fuori migliaia di persone «dalla porta o dalla finestra».

 

Redazione
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Un commento

  • gian marco martignoni.

    Lo stretto rapporto tra crisi aziendale, cassa integrazione e licenziamenti conseguenti emerse in tutta la sua drammaticità nella vicenda Fiat del 1980, a fronte della impressionante dis-identificazione che colpì molti dei quarantamila coinvolti nel processo di ristrutturazione. Ricordo che molti di essi uscivano di casa la mattina con “la schiscetta “, e rientravano alla sera per non comunicare alla famiglia il trauma in corso di elaborazione.Negli ultimi anni quanto è avvenuto Pomigliano è l’indicatore dello stretto rapporto tra crisi e stress lavorativo, che si è poi riverberato, inevitabilmente, su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo centinaia e centinaia di piccoli imprenditori.Infine, segnalo come la Cgil della Brianza ha dato vita ad un percorso di gruppi d’incontro anche con la presenza di alcuni psicologi per affrontare il dramma degli “esodati”

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