Guatemala: giornata della dignità delle vittime del conflitto armato

Il 25 febbraio 1999 fu consegnato il rapporto della Commissione per il chiarimento storico voluta dall’Onu. Per questo, dal 25 febbraio 2004, è stata approvata la legge che commemora il Día Nacional de las Víctimas del Conflicto Armado.

di David Lifodi

È il 25 febbraio 2004 quando in Guatemala viene approvata la legge che commemora il Día Nacional de las Víctimas del Conflicto Armado. La data del 25 febbraio riveste un valore fortemente simbolico. Il 25 febbraio 1999 fu consegnato infatti il rapporto della Commissione per il chiarimento storico fortemente voluta dall’Onu per accertare le violazioni dei diritti umani nel paese centroamericano in 36 anni di guerra civile (dal 1960 al 1996), ma soprattutto per far luce sul genocidio delle comunità maya, avvenuto soprattutto sotto le dittature di Romeo Lucas García e Ríos Montt e il governo di “transizione” di Humberto Mejía Víctores tra il 1978 e il 1983.

Tuttavia, il Día Nacional de las Víctimas del Conflicto Armado continua a rappresentare poco più che una commemorazione tramite la quale lo Stato guatemalteco cerca di lavarsi la coscienza per i crimini di cui si è reso responsabile e nulla più. Il 26 aprile 1998, solo due giorni dopo la presentazione del rapporto Onu “Memoria del silenzio”, incentrato sulla denuncia della Chiesa cattolica del genocidio delle popolazioni maya, il vescovo guatemalteco Juan Gerardi fu assassinato appena fuori dalla sua chiesa. Da allora sono trascorsi quasi 21 anni, ma in questo martoriato paese dell’America centrale è cambiato ben poco. L’attuale presidente Jimmy Morales, esponente del partito di estrema destra Fuerza Convergencia Nacional (Fcn), che riunisce i veterani della guerra sporca contro gli indigeni maya, a proposito del genocidio ha spessi rilasciato dichiarazioni apertamente negazioniste ed ha sempre lasciato trascorrere la data del 25 febbraio nella più completa indifferenza.

Non solo. In Guatemala l’impunità è tale che ancora oggi gli indigeni maya, nonostante siano ampia maggioranza nel paese, sono considerati alla stregua delle bestie. Il prossimo giugno si terranno le presidenziali, ma prima di abbandonare la poltrona Morales intende far approvare la Ley de Reconciliación Nacional, che permetterebbe ai pochi torturatori in carcere per crimini contro l’umanità di tornare di nuovo liberi. Si tratterebbe dell’ennesimo insulto ai familiari degli oltre duecentomila morti e desaparecidos, provocati in gran parte dall’esercito e dagli squadroni della morte tutelati dallo Stato. Il rapporto Onu, pubblicato da Sperling&Kupfer Editori nel 1999 con il significativo titolo Guatemala Nunca Más, racconta come la strategia antiguerriglia fu utilizzata dallo Stato per fare terra bruciata della cultura indigena. Come scrisse il premio Nobel per la pace Rigoberta Menchú, “l’esercito identificò volutamente alcune popolazioni maya come gruppi affini alla guerriglia, il che condusse a un’aggressione di massa e indiscriminata contro le comunità, indipendentemente dal loro reale coinvolgimento con l’insurrezione”.

Per l’operazione tierra arrasada, peraltro non l’unica diretta a sterminare i maya, il suo principale ideatore, Ríos Montt, non ha mai pagato. Condannato a 80 anni di carcere, non ha scontato nemmeno un giorno di reclusione ed è deceduto il 1 aprile 2018. Il dittatore era stato riconosciuto colpevole, prima che la Corte costituzionale revocasse la sentenza, della morte di 1.771 indigeni maya. Dei 669 massacri riconosciuti dalle Nazioni unite in 36 anni di conflitto armato, ben 344 sono stati attribuiti a Montt e avvenuti nel dipartimento del Quiché. Hijos Guatemala, associazione nata sul modello di quella dei figli dei desaparecidos argentini, giura che i popoli né dimenticano né perdonano, eppure la distruzione del tessuto comunitario maya, a distanza di tempo, ancora incombe su un paese che non riesce a liberarsi dai veri e propri delinquenti che si avvicendano al potere e alla guida del paese. Prima di Morales, a governare il paese era stato Otto Pérez Molina, un ex militare soprannominato Mano Dura che addirittura si vantava in pubblico di aver giocato un ruolo fondamentale nella firma degli accordi di pace di fine dicembre 1996 tra lo Stato e la guerriglia all’epoca della presidenza Arzú. Condotto alla presidenza da un altro partito di orientamento apertamente fascista, il Partido Patriota, Molina è stato obbligato a lasciare la guida del paese dopo che era risultato evidente il suo coinvolgimento in un caso di corruzione in cui era rimasta impigliata anche la sua vice Roxana Baldetti.

Come evidenziato nel rapporto  Onu, “anche il ruolo riparatore della verità può essere vanificato se non è accompagnato dalla giustizia. Se alla conoscenza dei fatti seguono il silenzio e l’impunità, la verità può divenire un insulto per le vittime”. Ciò che auspicava monsignor Gerardi era che il passato non ritornasse. Al contrario, dal giorno in cui il religioso è stato assassinato ad oggi, le comunità maya hanno dovuto abbassare il capo molteplici volte. Negli ultimi anni, di fronte alle proteste indigene contro la costruzione di centrali idroelettriche e miniere a cielo aperto, lo Stato ha inviato di nuovo l’esercito, suscitando il terrore soprattutto tra coloro che in un attimo hanno avuto la sensazione di essere tornati di nuovo indietro nel tempo, all’epoca della guerra sporca.

Monsignor Gerardi amava ripetere che per raggiungere una vera riconciliazione e riuscire a costruire una nuova nazione democratica e partecipativa, in grado di valorizzare il suo carattere multietnico e pluriculturale, la società intera avrebbe dovuto farsi carico degli impegni del processo di pace. Solo così, il 25 febbraio non sarà più una semplice ricorrenza, ma si trasformerà davvero nella giornata del ricordo del genocidio maya affinché non si ripeta mai più.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *