«Ho una cosa da raccontare» disse Emiliano (Deiana)

db sul romanzo-mondo «La morte si nasconde negli orologi»

«Ho una cosa da raccontare [disse Elimelech] con tutto quello che un verbo simile voleva significare».

«Se una parola si sposava in maniera perfetta con l’altra [Elimelech] si alzava dal letto… intingeva la penna nell’inchiostro blu. Scriveva i due termini e l’invenzione aveva il cominciamento… Due idee si fondevano e diventavano una melodia».

Ancora Elimelech [«lo scriba fariseo»]: «La mente è la mia città… Scrivo da recluso, come un carcerato nella stanza spoglia. Imprigionato dalla mania della scrittura, nella ricerca delle perfezioni, dei suoni esatti, nelle descrizioni immacolate… imprigionato dalla smania della scrittura… il verbo è la malattia».

Chissà se esistono più ponti o più fossati fra Emiliano (Deiana) e l’Elimelech del suo romanzo-mondo «La morte si nasconde negli orologi» (208 pagine per 15 euri) pubblicato da maxottantotto edizioni.

Mi sono mosso in un «arcipelago vergine di parole» su consiglio di un’amica fra le più care e ho trovato nel libro «il potere di far deragliare le cose», continuando a chiedermi «in quali cavità dello spirito gli umani (in questo caso Emiliano) trovino le parole» in particolare «per spiegare agli altri ciò che è impossibile da dire: per il troppo dolore».

Nei molti territori fra il Marte-dì (che in codesta “bottega” è il giorno in cui prevale il fantastico) e gli altri giorni (dove il cosiddetto mondo reale domina) penso che molte persone ameranno «La morte si nasconde negli orologi»: è un cammino faticoso – vi avviso – ma i territori attraversati, le mappe, i viaggiatori e le viaggiatrici, la meta finale ripagano di ogni impegno.

Già di solito non racconto trame, qui fiiiiiguriamoci.

Numeri, onde e nuvole, il vento, un treno «con scellerata precisione», orologi, avere sempre 17 anni. E ancora: le dita di un pianista, bolle di sapone e «lo spazio tra una frase e l’altra» dove si può volare. E la terribile violenza che qualcuno osa chiamare amore. Ma anche «la formula che calcolava, con determinazione assoluta, il momento esatto nel quale, sulla collina, si sarebbero presentate le condizioni, fra l’orzo e il grano, per disvelare il rosso vermiglio dei papaveri».

Quando il viaggio/romanzo è terminato chi legge forse si prenderà una pausa ma – attenzione – Emiliano Deiana offre 7 pagine di «coordinate sentimentali»; vi troverete nomi e storie che nel libro a volte si affacciavano ma anche sorprese (Paolo Fresu, «Atahualpa o qualche altro Dio», Tetes de Bois) e, quasi alla fine, «il ringraziamento colmo di riconoscenza e di tremore alle donne che mi hanno descritto la storia di Ruth, i paesaggi devastati dell’animo suo».

Davvero mi sento di invitarvi a cercare questo libro.

PS – Ignoro (e il sito non lo spiega) perchè l’editore sia max “ottantotto” però mi piace pensare che l’88 rimandi ai tasti del pianoforte: neri e bianchi per meglio creare armonie.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

2 commenti

  • Francesco Masala

    l’ho iniziato stamattina e sono d’accordo con db, leggere il libro non farà male, anzi…

  • Francesco Masala

    primo romanzo di Emiliano Deiana, fra la Sardegna e il West.

    nelle sue coordinate sentimentali (una specie di bibliografia per un romanzo) ci sono decine di stelle del firmamento di Emiliano, di quelle che illuminano il cammino.

    secondo me ha lavorato come Georges Perec, che aveva deciso di scrivere un libro senza mai usare la lettera E, e l’ha fatto, per 300 pagine (La scomparsa, in italiano).

    così ha fatto Emiliano Deiana, che omaggiando e citando le sue stelle polari (fra le tante di cui per alcune ormai non ricorderà più il nome, forse) fa un operazione in perfetto stile OuLiPo, e scrive un romanzo che non è uno sterile esercizio di stile, ma un romanzo come si deve, popolato da fantasmi e persone vive.

    i personaggi hanno tutti nomi con una storia, non ci sono nomi a caso, spegnete i telefoni e lasciatevi raccontare una storia sempre diversa, non ci sono binari morti, e quando sembra che il treno (che non è ad alta velocità, ma un treno regionale) del racconto rallenti è solo per prendere meglio una salita o una curva.

    https://stanlec.blogspot.com/2020/09/la-morte-si-nasconde-negli-orologi.html

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