Honduras: non c’è pace per la comunità Lgbttti

di David Lifodi
L’omicidio dell’attivista transgender Paula Barraza, avvenuto in Honduras lo scorso 24 gennaio, il trentaseiesimo caso dal luglio 2015 (sette episodi sono stati registrati nel solo mese di gennaio), rappresenta un ulteriore allarme per l’intera comunità Lgbttti (Lésbico, Gays, Bisexual, Travesti, Transexual, Transgénero e Intersexuales) e l’associazione Arcoiris, impegnata difenderne i diritti e di cui Paula faceva parte.

Nata nel 2003 per difendere i diritti legati alla diversità sessuale, Arcoiris ha dovuto fare i conti, nel corso degli anni, con una crescente persecuzione dei suoi attivisti, alcuni dei quali sono stati costretti a lasciare il paese o indicati dalla Commissione interamericana dei diritti umani come bisognosi di una tutela per evitare attentati e attacchi di ogni tipo. Finora l’Honduras non si è mai attivato realmente per tutelare gli attivisti di Arcoiris e la comunità Lgbtti, ma ciò non sorprende se pensiamo alle modalità con le quali è stata uccisa recentemente la leader indigena ed ecologista Bertha Caceres. Paula Barraza, che apparteneva al direttivo di Arcoiris, aveva già scampato la morte nell’agosto del 2015, quando un commando le sparò alcuni copi di pistola mentre si trovava nel suo ufficio. In quell’occasione Paula rimase gravemente ferita, ma era riuscita a salvarsi. L’8 gennaio Paula aveva ricevuto nuove minacce da uomini che l’avevano seguita alla guida di un’automobile senza targa. In quel caso, gli assalitori fecero riferimento all’omicidio di Angie Ferreira, anch’essa di Arcoiris, assassinata nel giugno 2015. La lista di minacce, aggressioni e veri e propri attentati contro la comunità Lgbttti in Honduras è molto lunga. Kendry Hilton, nell’agosto 2015, ha ricevuto intimidazioni per strada e sui social network, mentre Marco Aurelio López, direttore dell’organizzazione non governativa Lgbt Amas, è stato arrestato e torturato dalla polizia militare che, probabilmente, lo aveva scambiato per Donny Reyes. Quest’ultimo, il nuovo coordinatore di Arcoiris, si era recato poco tempo prima a Ginevra per sollecitare l’Onu a muoversi affinché l’Honduras riconoscesse i diritti della comunità Lgbttti. Secondo i dati in possesso della Commissione nazionale per i diritti umani dell’Honduras, nel paese centroamericano il 92% dei delitti commessi contro la comunità Lgbttti rimane impunito e chi sta ai vertici del paese si guarda bene dal promulgare la Ley de Identidad de Género, che avrebbe un valore fondamentale per tutti i militanti Lgbttti. Spesso vittime di un linguaggio omofobico che provoca odio e discriminazione sociale, gli omosessuali honduregni sono costretti a far fronte, nel migliore dei casi, a minacce e aggressioni verbali che talvolta rischiano di tramutarsi in veri e propri omicidi. È così che Muñecas, il gruppo trans di Arcoiris, è stato letteralmente decapitato. Pochi giorni prima dell’assassinio di Paula Barraza era stata uccisa Estefanía Zúniga, mentre nell’autunno 2015 era stata la volta di Henry Matamoros. A giugno sarà approvato il nuovo Codice Penale del paese, che dovrebbe includere, al suo interno, misure adeguate per prevenire i crimini relativi all’identità sessuale e di genere, ma in un contesto in cui deve ancora entrare in vigore la Ley de Protección para las y los Defensores de Derechos Humanos, Periodistas, Comunicadores Sociales y Opeardores de Justicia, approvata addirittura nel maggio 2015, si capisce come le premesse non siano delle migliori. Solo per far capire l’aria che tira, sono significativi i sermoni omofobi di Evelio Reyes, pastore della chiesa evangelica Vida Abundante. Gli omosessuali che si erano candidati alle elezioni per Libertad y Refundación (Libre), il partito nato sulla spinta dei movimenti sociali che si sono opposti al golpe de facto del 2009 e alle elezioni farsa che hanno incoronato Juan Orlando Hernández alla guida del paese a scapito di Xiomara Castro, hanno dovuto fare i conti con una lunga sequela di insulti da parte del pastore, dallo scontato appello a non votarli a quello di essere “nemici di Dio”. Eppure l’attuale Codice Penale, all’articolo 321, stabilisce pene da 3 a 5 anni di carcere ed una multa dalle 30 alle 50mila lempiras per episodi di discriminazione di sesso, razza, età, classe, religione, militanza politica o partitica, ma quando si è trattato di esaminare il caso di Evelio Reyes tutto è finito in una bolla di sapone. Secondo la comunità Lgbttti, il pastore evangelico si era incontrato alcuni giorni prima con il magistrato Oscar Chinchilla, vicino al governo, e tutto è stato messo a tacere, mentre la chiesa evangelica sosteneva che l’articolo 321 del Codice Penale violava la libera espressione dei pastori stessi.
Ad oggi non è stata ancora aperta alcuna indagine sul caso di Paula Barraza e, nonostante l’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani abbia sollecitato le autorità honduregne ad intervenire nel paese, non è mai stata avviata un’indagine indipendente sui numerosi crimini compiuti a danno della comunità Lgbttti.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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