I lager nazisti? Una prova per gli anni a venire

Chiacchierando con Attilio Del Vinco del Trasimeno, di migranti economici e di Ivan Illich

La quattordicesima volta dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

L’altro giorno ho incontrato Attilio Del Vinco: era tornato da una mattinata di lavoro meditativo nell’uliveto. Quando lo incontro in questi momenti – io che arrivo pimpante in bicicletta (perché contento di rivederlo) davanti casa sua e lui che cammina verso casa dopo aver parcheggiato l’automobile, co passo lento e lievemente ciondolante – lui mi fa capire, da umbro a siciliano, che potrei controllare la mia esuberanza: negli anni, io qui con lui e con Massimiliano ho imparato a calibrare la voce con il silenzio). Parla poco Attilio ma quando lo fa mi viene da prendere appunti.

Tommaso Di Francesco, sul quotidiano il manifesto del 15 luglio, scrive che l’espressione «migrante economico» è «una invenzione lessicale vergognosa se solo pensiamo agli interessi di rapina che rubano le risorse della ricca Africa: così “li aiutiamo a casa loro”. I porti italiani si chiudono perfino alle navi militari italiane che soccorrono profughi. Intanto i porti e le frontiere restano sempre aperti alle ricche merci che ci arrivano dal Continente africano, petrolio, gas, oro, coltan, uranio, minerali preziosi. Se esistesse una vera, morale e politica, autorità africana, dovrebbe chiudere i porti commerciali agli interessi dei Paesi che respingono i migranti (…) ma non è possibile: i leader africani degni di questo nome o sono morti o li abbiamo ammazzati o corrotti noi». Riferisco ad Attilio queste parole, cioè gliele riassumo, e poi dico anche che l’Algeria è uno dei pochi Paesi che fa, per certi versi, almeno con le persone, una politica di “reciprocità”: per andare in Algeria io ho dovuto fare un visto che costa 85 euro, più l’assicurazione finanziaria e sanitaria, almeno 150 euro in tutto, oltre alle spese del biglietto. L’Algeria se lo può permettere (in Tunisia e altri Paesi del Nord Africa che si basano sul turismo non occorre visto a pagamento e altre credenziali come in Algeria) perché con il petrolio si mantiene e “ricatta” i Paesi tipo Italia, Francia ecc. Però il principio è quello: se un algerino per andare in Europa deve avere un visto con molte spese e attese per un eventuale permesso di soggiorno, voi italiani e francesi che venite in Algeria, pagate e aspettate, almeno formalmente e anche un po’ sostanzialmente.

Attilio mi invita – a partire da questo discorso – a pensare che a Magione, il Comune di cui fanno parte alcuni paesi attorno al lago Trasimeno, passano circa 1 milione di turisti all’anno, che ricevono, ovviamente, un’accoglienza. «Perché invece» incalza «lo stesso comune di Magione dovrebbe avere problemi ad accogliere, nel suo comprensorio, 500 profughi?». Domanda sensata e ovviamente provocatoria. Poi Del Vinco spinge sul tasto della perversione della modernità: «il nostro mondo moderno è un lager a cielo aperto, come nei lager c’erano alcuni deportati che facevano la spia per controllare altri deportati, cioè si facevano “carnefici” dei loro stessi compagni di sventura, così oggi, in modo eclatante, tutto ciò è visibile nel fatto che molti italiani diventano alleati dei potenti per accanirsi contro i migranti disperati in cerca di un approdo». Gli chiedo di approfondire questo discorso e mi ricordo delle parole di Gunter Anders, il quale diceva che i lager nazisti furono solo una prova teatrale di quello che sarebbe successo dopo.

Del Vinco cita «Lavoro ombra», il libro di Ivan Illich: «Alla fine del libro c’è scritto che, come nei lager nazisti, gli uomini e le donne erano costretti a lavorare per il loro stesso annientamento, oggi è sempre più plateale tutto ciò: gli uomini tendono ad autodistruggersi sempre di più invece di provare a rivolgersi o a colpire i loro nemici veri, i padroni». Nello stesso libro – dice Del Vinco – è sviluppato il discorso del lavoro delle donne nei campi di concentramento, che sono sfruttate più degli uomini anche lì, come avviene in molti luoghi di lavoro moderni». Poi accennava ad altri elementi collegati, ma a questo punto dovremmo andare a leggere – un prossimo lunedì? – l’ultima parte di Lavoro ombra.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *