I supereroi sono roba seria?

Nella 167esima puntata di «Ci manca(va) un Venerdì» tutte le strade si aprono davanti a Fabrizio Melodia, «astrofilosofo»

«Sono un autentico genocidio culturale che lobotomizza il pubblico con esplosioni ed altre cazzate simili. Intendiamoci: non c’è niente di male ad avere una passione per i super-eroi, finché hai 7 anni. Da adulto la cosa potrebbe diventare ridicola, è una debolezza, come se non volessi crescere. È un tipo di cinema pensato solo per fare soldi e mi innervosisce molto quando ha la presunzione di voler anche essere profondo. Sono storie che guardo anche io ogni tanto, ci stanno bene con i pop-corn ma non hanno niente a che vedere con l’esistenza umana. Già la sola parola eroe mi annoia, figuriamoci il concetto di super-eroe. Questi film sono basati su un’ideologia falsa ed equivoca: parlano di gente ricca che fa del bene e uccide i cattivi. Sono prodotti terribilmente vuoti, non ti lasciano nulla»: così afferma – tra il polemico e il sarcastico – il regista Alejandro González Iñárritu, autore fra l’altro dell’acclamato film «Birdman», non a caso un film di supereroi che prende ad allegre bastonate i concetti di “super” e di “eroe”.

Le affermazioni di Inarritu hanno un fondo di verità e sono ampiamente dimostrate dal pullulare su grande e piccolo schermo di film e serie tv riprese di peso dai fumetti supereroistici americani. E fra poco anche italiani, visto l’ignobile film statunitense dedicato alle gesta del detective dell’incubo Dylan Dog (per fortuna caduto nel dimenticatoio). Mentre si vocifera di un adattamento dello Spirito con la Scure mentre Tex Willer rimane in attesa.

I film di supereroi servono a venire incontro ai bisogni dello spettatore medio-basso oppure possono anche assurgere a velleità artistiche con toni profondi e filosofici?

In un precedente post bottegardo dedicato al film «Joker», di striscio ho dato una risposta, forse insoddisfacente.

Ma qui il discorso è altro. Nel film di Inarritu si parla di una celebrità decaduta, un attore che interpretava film di supereroi. A un certo punto vuole provare a rinascere ma il suo alter ego, il supereroe Birdman, cerca di convincerlo a tornare a recitare in film blockbuster.

La lotta contro se stessi, le proprie paure, il senso di fallimento, la disperazione, il cadere cento volte e trovare la forza di rialzarsi cento e uno, potrebbe essere definita la base della pratica filosofica del supereroe. È quanto potrebbe affermare il supereroe Flash, l’uomo più veloce del mondo: «I bambini sognano di diventare supereroi. Avere superpoteri e salvare la gente. Ma non pensano mai a come è la vita di un supereroe quando non è in missione. Non è molto diversa da quella degli altri. L’eroe soffre, ama, desidera, spera, ha le sue paure e ha bisogno di persone che lo aiutino in queste cose. E questa forse è la parte migliore della sua vita».

Si sa (o no?) che «da un grande potere derivano grandi responsabilità» – secondo il motto dell’Uomo Ragno alias Spiderman – ed è una lezione di vita che cambierà per sempre il destino dello studente bullizzato Peter Parker. Quando entrerà in possesso dei poteri di ragno, proverà a farci bei soldi e il menefreghista, ma ecco che il suo amato zio viene ucciso da un comune ladro.

Meno male che i supereroi non possono essere anche profondi: magari non saranno un trattato di filosofia hegeliana o il quarto libro della metafisica aristotelica, ma quando vedo Spiderman riflettere con amarezza sul suo stato di diverso e su quanto la società capitalistica possa essere chiusa e spietata, mi viene da pensare.

Magari mi sbaglio, d’altronde l’industria cinematografica Usa, a corto di buone idee, ha deciso di giustificare tutte le più costose tecnologie computerizzate, rubando a piene mani dal mondo della letteratura disegnata. Però abbiamo avuto pregevoli risultati come la trilogia di Batman a opera di Nolan, il «Joker» di Phillips vincitore del Leone d’Oro a Venezia. Certo abbiamo visto anche il ciclo degli «Avengers», forse un po’ troppo politicizzato.

Penso a Spiderman, un precario che fatica a mettere insieme uno stipendio per pagare le bollette e sfruttato dal suo stesso capo. Daredevil è uno spiantato avvocato cieco con ipersensi, ha conosciuto gli abissi della follia e della disperazione, Jessica Jones è una detective con ben pochi poteri e una sindrome da stress post traumatico da far arricchire uno specialista. Non è solo gente ricca che salva la gente, a quanto sembra. Poi per carità abbiamo Batman plurimiliardario, Iron Man è un geniale riccone playboy filantropo con industrie alle spalle, anche Hank Pym non se la passa malissimo e Wonder Woman magari non ha bisogno della palestra per restare giovane.

Per non lasciare Inarritu in sospeso come un padello, lascerei la inconcludente conclusione a una vera autorità in materia, il supereroe Paperinik, alter ego dello sfigato Paolino Paperino: «Adoro fare il supereroe! L’orario di lavoro è pessimo, la paga è inesistente… ma almeno non corro il rischio di venir licenziato».

 

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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