I valdesi e la libertà per tutti

di Gian Mario Gillio (*)

Quei fuochi del 17 febbraio 1848

Il XVII febbraio le comunità valdesi sparse in Italia celebrano la ricorrenza che nel 1848 concesse loro i diritti civili e politici

La Festa del XVII febbraio è alle porte: 170 anni fa, il 17 febbraio 1848 Carlo Alberto firmava le Lettere Patenti con cui si concedevano (riconoscevano) i diritti civili e politici ai Valdesi e, poco dopo, il 29 marzo, la stessa “concessione” veniva data agli Ebrei.

Dopo secoli di persecuzioni, e di umiliazioni, ai cittadini valdesi venivano riconosciuti pari dignità e diritti.

Ne abbiamo parlato con il pastore valdese di Torino, Paolo Ribet. Tra domani e domenica, diversi eventi faranno da cornice alla fatidica data.

«Quest’anno – rileva il pastore Paolo Ribet – come Chiesa valdese di Torino ci siamo accorti che si trattava di un appuntamento del tutto particolare, in quanto cade a 170 anni dallo Statuto Albertino che segnava il passaggio da una monarchia assoluta a una monarchia costituzionale, a 80 anni dalle terribili Leggi razziali, che il regime fascista promulgò nel 1938 e a 70 anni dalla nascita della nostra Costituzione. Dunque, un appuntamento carico di memoria e utile per ricordare ciò che è stato. Oggi, è quanto mai importante non dimenticare, viviamo in un periodo che possiamo definire di letargo delle coscienze. Per questo motivo – prosegue Ribet –, si è deciso di rilanciare la “festa della libertà” con diversi appuntamenti: il Convegno dal titolo “Religione e democrazia – A 170 anni dallo Statuto Albertino e a 80 dalle leggi razziali” che si terrà presso l’Auditorium Vivaldi (Biblioteca Nazionale Universitaria) in piazza Carlo Alberto 3, con una prima sessione dedicata al contesto storico e una seconda parte “Libertà di culto: una legge mai nata”, nella quale Alberto Melloni, Gustavo Zagrebelsky e Valdo Spini faranno il punto sullo stato di salute della libertà religiosa in Italia.

Sabato sera, come avvenuto l’anno passato – e per questo ringraziamo l’amministrazione comunale – invitiamo tutti all’appuntamento con i “Falò della libertà. Un impegno per i diritti”. Una serata di festa che vuole chiamare la cittadinanza a riflettere sulla necessità di difendere, e possibilmente ampliare, le libertà e i diritti di tutti i cittadini. Al falò parteciperanno rappresentanti della Chiesa valdese e della Comunità ebraica, le autorità della città e della Regione. Domenica è previsto il consueto culto dedicato al XVII febbraio, alle 10,30 presso il Tempio valdese di corso Vittorio Emanuele II con la partecipazione del Coro Valdese e del Coro Semincanto. Come accade spesso in queste occasioni, ospiteremo un pastore di un’altra Chiesa valdese, quest’anno la predicazione sarà a cura di Claudio Pasquet, pastore della Chiesa valdese di San Secondo, e con il quale proseguiremo i festeggiamenti con il pranzo comunitario presso la Casa valdese adiacente al Tempio».

Perché è importante parlare di libertà religiosa?

«Perché il passaggio dal diniego a quello dei diritti civili concessi con lo Statuto Albertino nel 1848 ha visto, nel tempo, il nostro Paese tornare clamorosamente indietro con la tragica, nel 1938, promulgazione delle leggi razziali. Un precedente che indica quanto, in Italia, la libertà religiosa sia flebile, fragile. Una libertà che dev’essere difesa e promossa in ogni occasione. Negli anni Trenta, fortunatamente, non ci furono persecuzioni a danno dei valdesi, come avvenne per gli ebrei. Però altre comunità evangeliche vissero periodi difficili, come ad esempio avvenne per i pentecostali. Il culto pentecostale era vietato, anche molti rappresentanti dell’Esercito della Salvezza furono spediti “al confino”. I Testimoni di Geova furono perseguitati. La libertà religiosa è un concetto fondamentale per tutte le libertà e che può essere esteso a tutti gli italiani. Sino a quando in uno Stato non si potrà essere veramente liberi tutti, nessuno potrà dirsi veramente libero. Quando una maggioranza può tenere “sotto scacco” una minoranza, la maggioranza stessa può dirsi prigioniera di se stessa e di quelle convenzioni che lei stessa è stata in grado di creare. Oggi, come valdesi, ci sentiamo chiamati ad affermare in modo chiaro e forte che la libertà dev’essere per tutti. Per questo motivo abbiamo predisposto, tra le attività di questi giorni, che l’originale dello Statuto Albertino sia fruibile a tutti grazie alla sua esposizione, per quattro giorni, presso la sala del Museo storico di Piazza Castello.

Perché i valdesi accendono i falò per celebrare la loro festa, qual è il significato?

«Il falò ricorda quei fuochi di gioia che vennero accesi dai valdesi nel 1848, quando si sparse nel Piemonte la notizia che le Lettere Patenti erano state firmate. L’allora pastore valdese di Torino decise di inviare a Pinerolo e nelle “Valli valdesi”, in Val Pellice e in Val Chisone e Germanasca, due membri della Chiesa per informare la popolazione valdese del lieto evento. Un evento atteso, la firma era nell’aria, ma appena appresa la notizia ufficiale, nelle Valli accesero tanti falò che, oltre ad essere una manifestazione di gioia, rappresentavano l’unico mezzo di comunicazione, di annuncio, per chi abitava nelle piccole borgate e o nella pianura sottostante. Una sorta di social media primordiale. Da allora quelle iniziative e l’accensione dei fuochi sono una nostra tradizione; un evento utile per affermare che le libertà concesse ai valdesi e poi agli ebrei ci interrogano ancora oggi e ci invitano a impegnarci, in ogni momento, nelle lotte per le libertà, proprio come nel passato. La libertà va conquistata giorno dopo giorno. Bisogna sempre “prepararsi” alla libertà, per poterla vivere nel modo più ricco, ampio e significativo. La chiamata intorno ai falò è un esercizio di memoria per ciò che è stato, ma anche una precisa volontà di guardare al futuro. Noi vogliamo chiamare intorno ai nostri falò tutti i cittadini che credono nella libertà e tutte le religioni che chiedono un ulteriore passo di civiltà, quello di poter raggiungere al più presto a una legge quadro per la libertà religiosa in Italia».

Il titolo che avete scelto per la tavola rotonda di domani è religioni e democrazia. Qual è lo stato di salute della nostra democrazia? È a rischio?

«Affermare che la nostra democrazia oggi sia a rischio è eccessivo. Certamente alcune forze, poco democratiche, cavalcano la rabbia, il malcontento comune, la crisi, per scopi puramente interni ai loro bisogni, sperando di trarne vantaggio. La tensione può sfociare in qualcosa di positivo ma la rabbia e la paura non hanno mai costruito nulla. Certamente accendono nuovi fuochi, non quelli dei valdesi con i nostri falò bensì fuochi improvvisi, incendi, come quelli di Macerata dove un terrorista – definizione corretta perché se al posto di quell’uomo a sparare fosse stato un musulmano l’avremmo certamente definito terrorista – sparando contro persone inermi ha creato panico, ferito persone, mortificato la città e la nostra nazione. Quella fiammata di rabbia, di intolleranza, sta oggi fomentando ulteriori paure e tanta rabbia. C’è il rischio che, cavalcando le vulnerabilità sociali, si regredisca. Un modo per vanificare anche le conquiste di civiltà ottenute in tanti anni. Non sono preoccupato per la nostra democrazia, sono invece preoccupato per alcune dichiarazioni che sono state esplicitate in campagna elettorale e che affermano: “se vinceremo noi, toglieremo le unioni civili, il testamento biologico” ossia mi preoccupa la minaccia, non velata, che si neghino in futuro quelle conquiste di civiltà che con orgoglio possiamo attribuire al nostro Paese e che lo hanno reso più disponibile, aperto e tollerante».

Eppure alcune confessioni, dicevamo, sono tutt’ora “tutelate” dalla legge fascista sui culti ammessi.

«Il fatto che l’Islam e i Testimoni di Geova non abbiano ancora ottenuto l’Intesa con lo Stato italiano è dovuto al fatto che ci sono delle forze parlamentari che non vogliono che queste realtà siano in qualche misura comparabili alle altre. Un atteggiamento che va contro il senso e lo spirito democratico della nostra Carta Costituzionale e il buon senso. Si può essere d’accordo o meno con i Testimoni di Geova o i musulmani, per carità; credo però che queste comunità di fede abbiano il diritto, costituzionalmente garantito, ad una Intesa. Saranno poi le piazze e le discussioni intraprese nello spazio pubblico i luoghi fisici nei quali ci si confronterà e si discuterà in caso di dissidi, di fronte al giudizio del Regno di Dio e a una legge statale capace di garantire a tutti pari dignità, diritti e pari opportunità. Questo 17 febbraio sarà la festa dei valdesi, la festa delle libertà, la festa di tutte e tutti coloro che vorranno condividerla con noi».

FOTO di Paolo Ciaberta

(*) Ripreso da «Riforma.it» che è «Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia».

IN “BOTTEGA” cfr Scor-data: 17 febbraio 1848 ma anche Scor-data: 26 agosto 1689.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

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