«I WAS A STRANGE AND LONELY BOY»

un racconto inedito di MAURIZIO COMETTO. Prima puntata (di tre)

Maurizio Cometto

I WAS A STRANGE AND LONELY BOY

1 – Il presente

Il ronzio dell’aereo lo culla dolcemente. I finestrini sono neri, la lunga notte è scesa. Dopo l’abbondante cena, gli altri passeggeri della business guardano un film o sonnecchiano.

Il dottor Bertola, Sales Director della B&T Europe, prende la borsa e tira fuori il laptop. Lo accende e scorre le mail salvate, quelle relative al progetto X272. Memorizza frasi, cifre, nomi di persone e relative funzioni. Nota toni, accenni, sottintesi, che in precedenza non aveva rilevato. Si fa un’idea più chiara di come dovrà impostare il suo discorso, in modo da far sì che la riunione non gli sfugga di mano. Chiude gli occhi. Si immagina in piedi al tavolo ovale, le facce dei clienti che lo fissano in attesa. Recita il discorso mentalmente. Ogni singola parola si imprime nel suo cervello indelebilmente.

Riapre gli occhi. E’ passata un’ora. Ripone il laptop nella borsa. Accende il terminale, scorre l’elenco dei film. Nessuno lo soddisfa. Accede alla mappa che visualizza il percorso dell’aereo. Un terzo del viaggio. Sono già sull’Atlantico. Ancora otto ore prima di arrivare a San Paolo.

Un attimo di intensa inquietudine. Vorrebbe azzerare il tempo. Essere già là. Perché non hanno ancora inventato il teletrasporto?

Dal necessaire da viaggio, ricamato in un angolo con le sue iniziali, tira fuori l’astuccio delle pillole. Ne ingoia una con poca acqua. Indossa la mascherina per gli occhi, si stende e, nonostante il viavai delle hostess e il ronzio del motore, si addormenta.

***

Raramente a colazione si trovano tutti insieme. A Bertola capita di uscire e rientrare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Lo stesso succede a sua moglie, Federica Mongini, che lavora nel marketing di una multinazionale. E che dire delle figlie, Flora e Gaya, che fanno avanti e indietro tra scuola, palestra e amiche varie?

Quella mattina, per una volta, sono tutti lì riuniti, misteriosamente, nella grande cucina. Scambiano due chiacchiere, assonnati e un po’ sorpresi, mentre Consuelo prepara colazione a tutti. Non si guardano negli occhi: scorrono i social sugli smartphone. La tv è accesa su un canale di notiziari.

Federica si lamenta del tempo, ancora grigio. Gaya informa tutti che quella sera tornerà tardi perché ha la finale di pallavolo. La madre le raccomanda di non farsi male.

– Non si farà male -, interviene Bertola. – Gaya farà vincere la nostra squadra per knock out. Isn’t it, Gaya?

– Mi basterebbe murare una volta quella stronza della Galassi.

– Modera i termini, honey.

– E tu a che ora torni, caro? -, Federica.

I don’t know. Ho una riunione con tutti i commerciali di zona. La tireremo per le lunghe.

– Sarà a casa per cena? – Consuelo, che deve preparare la lista della spesa.

– Non mi contare. Avrò un dinner con il purchasing manager di chi sapete bene voi.

– Di nuovo? Che palle. Arriverai stressato. – Federica.

– Mi ha preso in simpatia, quel cazzone. Ma così mi si apre una easy way per puntare l’obiettivo.

– E poi sarei io a dover moderare i termini-, fa Gaya, alzando gli occhi dallo smart-phone un secondo, per mostrarli belli spalancati.

Sandro Bertola ha finito il suo caffè. Sua moglie ancora sorseggia il té verde. Gaya è già sparita. Flora invece è ancora lì, in una mano la tazza, nell’altra il cellulare.

– Tu non hai niente da dire, little flower?

La figlia scuote il capo, senza guardarlo.

– Zitti! Ci sono le previsioni! Sentiamo cosa dicono.

Alla fine delle previsioni Sandro Bertola scopre di essere rimasto solo. Esce in gran fretta e monta sul Jeep Cherokee aziendale, parcheggiato davanti al giardino della villetta. Sono le otto e venti. Nella mezz’ora di tragitto casa lavoro, immerso nel traffico, la sua mente elabora l’agenda di quel giorno. Uno dei rari giorni in cui, a parte le riunioni, è sempre in ufficio.

Per un istante, un angolo della sua mente vede la sera. A cena con quel cazzone. E dopo la cena, finalmente, il sonno. Ancora dodici ore. Gli appaiono come se fossero dodici anni. Un senso di soffocamento.

Torna all’agenda per scrollarsi di dosso quella brutta sensazione. Inchioda a un semaforo, i clacson alle spalle. Alza il dito medio, anche se attraverso i vetri oscurati non lo vedranno.

***

Intorno al tavolo sono seduti: per il cliente: il Purchasing Director di zona, due Purchasing Manager, due Project Responsible e un Cost Analyst; per B&T Europe: Sandro Bertola, Sales Director di gruppo, uno dei suoi più fidati Manager, il Business Analyst, l’Engineering Director e il Quality Manager. E’ l’ultima occasione per avere un’assegnazione da dieci milioni di euro l’anno, che il cliente sembra intenzionato a regalare a un concorrente, più competitivo sui prezzi.

– La quota materiale è ancora troppo alta -, dice il Cost Analyst, gettando sul tavolo il cost breakdown ricevuto da B&T.

– Il prezzo della materia prima è salito, e non ci avete ancora riconosciuto l’aumento su tutti gli altri progetti –, gli risponde il Sales Manager B&T.

– Gli altri progetti non contano, qui si parla di volumi più alti.

– Ma la mass production partirà fra tre anni. Credete che allora la materia prima sarà ancora a questi livelli?

– Forse costerà di meno -, interviene il Purchasing Director di zona, con un sorrisetto ironico.

E’ a questo punto che prende la parola il dottor Sandro Bertola.

– Signori, forse non ci siamo capiti -, esordisce, subito catturando l’attenzione di tutti. – Questo progetto, per il nostro gruppo, is strategic. Noi siamo disposti, parlo anche a nome della proprietà, a venire a un gentlemen agreement con voi. Non so se mi sono spiegato.

– Siamo sempre stati fin troppo gentlemen con voi, Sandro.

I explain better. Esistono vari livelli di business. Qui dobbiamo elevarci, salire di un piano. Questa platform, come ti ho detto, is strategic. Non possiamo permetterci di perderla. Perché se la perdessimo, uno dei nostri plant sarebbe a rischio chiusura.

– Ma dai…

– E se un plant chiude, le forniture possono essere a rischio.

– Cosa? E’ un ricatto?

– E’ la verità. Per questo io vi dico: fate la vostra richiesta. Purché sia reasonable. Noi vi verremo incontro, e nessuno avrà di che lamentarsi. It’s a mutual game: conviene a entrambe le parti. Non l’avete ancora capito?

I rappresentanti del cliente si guardano in viso. Si riuniscono da parte per un conciliabolo.

– Ci chiederanno una lump sum? -, chiede sottovoce il Business Analyst a Bertola.

Sure.

– Lo sai che abbiamo problemi di cassa…

Well, contratteremo.

Bertola osserva il conciliabolo. Quando partecipa a riunioni importanti, e deve parlare, lui è abituato a osservarsi con distacco, come se si trovasse al di fuori di sé stesso. Solo così ottiene un controllo completo delle sue emozioni. E’ la sua carta vincente. Ora è tornato dentro di sé, e ha una strana sensazione. Gli sembra che quel conciliabolo, quell’attesa di una risposta da parte del cliente, si protrarrà in eterno. Durerà pochi secondi, ma ciascuno di essi conterrà un’eternità. E in quei secondi eterni lui affogherà.

La voce del Purchasing Director di zona lo riscuote.

– E va bene, possiamo discuterne. Anche se i ricatti non ci piacciono.

– Anche a noi non piacciono.

– Centomila euro subito. E il blocco del prezzo della materia prima per i prossimi tre anni.

Bertola sorride. – Vuoi far saltare il banco, Giorgio? Bisogna fare fifty-fifty. Altrimenti che razza di agreement è?

***

Bertola esce dall’ufficio alle 20:17. Il campo è prenotato alle 21. Di corsa con il Cherokee verso il centro polisportivo, che sta a metà strada verso casa. Per fortuna il traffico a quell’ora non è più così intenso. In auto ha tempo di chiamare in Brasile, per sollecitare l’invio di alcuni documenti. Il borsone con il cambio e le racchette è già nel vano posteriore. Pietro, vecchio amico dell’università, è lì che lo aspetta davanti all’ingresso. Gli aveva mandato un messaggio ma lui non l’ha neppure visto.

– Scusa il ritardo. Giornata lunga, Peter. E la tua?

– Il solito tran-tran. – Bertola è già pronto mentre Pietro si sta ancora infilando i pantaloncini.

– Però hai la faccia stressata. Dovresti chiedere un aumento, Peter. Your job is so precious e i tuoi capi manco se ne accorgono.

– C’è la crisi, Sandro, lo sai meglio di me. E poi se penso ai miei colleghi in cassa integrazione… Io sono fortunato.

Sandro Bertola sta fisso a fondo campo e spara le sue bordate come un Nadal del torinese. Pietro è fantasioso, ha il rovescio a una mano, scende a rete a ogni occasione, il suo colpo preferito è la volée. In fondo anche il suo sorriso un po’ malinconico ricorda quello di Federer.

Sono cinque pari e scade l’ora. I giocatori del turno successivo, dietro la rete, li osservano impazienti. Raccolgono le palline e le borse e rientrano negli spogliatoi.

Sono già sotto la doccia.

– Scommetto che dopo vai da Martina…

– Ho chiuso con Martina.

– Non chiuderai mai con quella lì. She’s a hard woman.

– E io sarò ancora più hard.

Bertola è scoppiato a ridere.

– Cosa ti ridi?

– Mi riesce difficile immaginarti a essere hard con qualcuno.

– Quando mi fanno girare i coglioni come si deve, io esplodo. E tu, invece?

– Io invece… cosa? What’s the matter?

– Ti tira sempre con Federica?

Bertola si strofina energicamente il petto con il doccia schiuma, prima di rispondere. – Dipende dalle sere.

– Sei troppo stressato, Sandro. Dovresti trovarti un diversivo anche tu.

What the fuck are you saying? Diversivi ne potrei avere quanti ne voglio. Ma io ho due figlie, Peter; devo pensare a loro.

– See, raccontala a un altro. E a lui non ci pensi?

Bertola si porta una mano al membro e se lo fa ballare davanti all’amico. – There are many ways, Peter.

Sono le 22:25 quando Bertola risale sul Cherokee e parte. Le strade appaiono deserte. Prende una via laterale, dove sa che non ci sono autovelox. Schiaccia l’acceleratore fino ai centoventi. Gli alberi del viale sfrecciano lungo i finestrini, nel buio rischiarato dai lampioni. Pensa a Federica che lo sta aspettando a casa. Anche lei reduce da una giornata piena. Ha fame. Cosa mangerà per cena? Potrebbero ordinare sushi al take away. A meno che Gaya non abbia preparato qualcosa…

Il viale davanti gli sembra lunghissimo, come se non avesse mai fine. Accelera ancora.

***

La voce di Bertola esplode nella piccola sala riunioni.

Rimandare? What the fuck are you saying, Campano? What the cazzo di fuck are you saying?

Gli altri impietriti. Il Project Manager, l’Engineering Director, il Purchasing Manager. Guardano Bertola come statue.

Il dottor Giorgio Campano, Sales Manager di zona, funzione che risponde direttamente a Bertola, è impallidito.

Abbozza una reazione. – Adesso non scaldarti. Sai meglio di me che…

Fuck! We risk to lose the business, Campano! Do you understand what I mean?

– Lasciami almeno spiegare. Se aspettiamo ancora un giorno avremo informazioni sulle offerte dei nostri concorrenti, e così potremo…

– E così potremo perdere il business! E’ questo che vuoi? Do you want to lose the business?

Campano abbassa gli occhi, sovrastato da Bertola, che si è alzato in piedi e pare riempire tutta la sala.

– I don’t care at all di quei cazzoni dei nostri competitors. Non me ne fotte una minchia, Campano, non dicono così dalle tue parti? We have to come at first! At first, is it clear? Questi sono gli accordi con Mariani. I promised him to come at first! Now is clear? O vuoi farmi fare la figura del fesso?

– Non sapevo che…

Cosa vuoi sapere, te, che manco capisci ancora come funzionano le cose qui dentro? Be quiet! Please come back to the office and prepare the offer draft! Immediately!

Campano raccoglie le sue carte e senza più fiatare esce dalla sala riunioni.

Bertola si lascia cadere sulla poltroncina. Le pareti ancora rimandano gli echi delle sue urla. Gli altri tre hanno lo sguardo basso, chi sui propri appunti, chi sul laptop, chi direttamente sulle scarpe.

Bertola, visibilmente accaldato, si passa le mani tra i capelli ingrigiti.

We have to replace him –, mormora, quasi a stesso.

– Di nuovo? Ne abbiamo cambiati tre in due anni… E’ una strage -, l’Engineering Director.

– Questo era il peggiore. Vi rendete conto che stava per farci perdere un business da fifteen millions? Pensateci.

Nessuno replica.

– Domani telefono a Santini.

La riunione si scioglie. Bertola telefona a casa e informa Consuelo di non aspettarlo. Attende in ufficio da solo, mentre le ombre della sera calano sulle pareti vetrate dell’office building. Naviga su internet, visitando linkedin e altri siti di e-recruitment. Ha fretta di disfarsi di quell’incapace.

Finalmente la notifica di una nuova mail, il mittente è Giorgio Campano. Bertola apre l’allegato, legge attentamente la bozza dell’offerta. Sorride. Scuote il capo. Prende il telefono.

Good job, Giorgio. Very good job. Nel breakdown rivedi solo un po’ il peso tra le voci, abbassa quello della manodopera e alza quello della materia prima. Poi mandalo al cliente. Metti tutti in copia. No, non serve che me lo rimandi. I trust in you, Giorgio. Now I have to go home. Have a nice evening.

Mette giù la cornetta quasi sbattendola. In auto confronta mentalmente i dati di tre papabili sostituti trovati sui vari siti. Domani li farà chiamare da Santini, per un primo colloquio.

***

La porta è chiusa a chiave. Bertola bussa. Nessuna risposta.

– Avanti, so che sei lì.

Un rumore di singhiozzi.

Please open the door!

Dopo pochi secondi la chiave gira nella toppa, la porta si apre. Bertola entra nella camera di Flora. La sua figlia più giovane, forse anche la più complicata.

Si siede sul letto accanto a lei. Flora tiene il viso tra le mani, ancora in lacrime. Bertola l’abbraccia, senza dire nulla. Sa cos’è successo, gliel’ha riferito Gaya. Flora ha sedici anni. Sono i tipici problemi di quell’età. Lui ricorda poco della sua adolescenza. Ancor meno della sua infanzia. Ma lui è un uomo; lui non avrebbe pianto, neanche a quell’età. Sofferto in silenzio, ma non pianto.

– Quanti anni hai, Flora?

Sembra non capire la domanda.

How old are you?

– Che domande fai, papà? Lo sai anche tu.

– Dimmelo.

– Uffa… Ho sedici anni.

– Brava. Sai a che età ci siamo sposati, io e tua madre?

– Trentadue?

You have a good memory. E trentadue cos’è, rispetto a sedici?

– Come?

What is thirty-two compared to sixteen?

– The double. Il doppio.

Exactly! Ti rendi conto che alla tua età sia io sia tua madre dovevamo ancora vivere un’altra volta tutti gli anni già vissuti, prima di trovare la persona giusta?

– Ma Oscar… Oscar era la persona giusta per me… – Sta di nuovo iniziando a singhiozzare.

– E sai tua madre quanti fidanzati ha cambiato, prima di trovare me? Venti. I repeat: t-w-e-n-t-y! Sono orgoglioso di aver superato una selezione così dura. I’m so proud!

Le lacrime di Flora si trasformano in un risolino. – E tu quante ne hai cambiate, papà?

– Io ho iniziato tardi, sweet Flora. La mia prima fidanzata l’ho avuta a twenty-five years. E l’ho cambiata una sola volta, prima di conoscere tua madre.

– Ma fino ai venticinque? Sei sempre rimasto solo?

Bertola distoglie lo sguardo dalla figlia. Non ama parlare del suo passato. Soprattutto della sua adolescenza, della sua infanzia. Ricorda poco di quel periodo. Considera tempo sprecato cercare di rivangare.

I was a strange and lonely boy, Flora. E comunque, meglio soli…

– … che male accompagnati.

Right. Lascia perdere quell’Oscar. Hai tante amiche con cui passare il tempo, no? E comunque sei davvero un flower. C’è la fila di maschietti che ti fanno la corte. But be careful: only a good boy. Not strange, and not lonely.

Flora prende un cuscino e lo cala sulla testa del padre.

Quella sera, una domenica sera, Bertola fatica a prender sonno. Vaghi pensieri, confusi e indecifrabili, gli agitano la mente. Non sono pensieri di lavoro, anche se domani è stato invitato alla riunione del consiglio di amministrazione, un onore per lui.

Scende a prendere una pillola, poi finalmente si addormenta.

CONTINUA SABATO PROSSIMO

L’immagine – scelta dalla “bottega” è di Topor.

 

Redazione
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