Il bananero Luis Rosales ucciso dalla polizia in Costarica

Il leader sindacale fu ucciso poco dopo Franklin Guzmán durante la repressione scatenata dal governo del presidente Luis Alberto Monge contro i raccoglitori delle banane giunti al trentaseiesimo giorno di sciopero. Era il 15 agosto 1984.

di David Lifodi

Foto: Periodico Libertad

È il 15 agosto 1984 quando Luis Rosales, lavoratore impegnato nella raccolta delle banane nella zona di Palmar Sur, Costarica, viene ucciso dalle pallottole sparate dalla polizia. Poco prima di lui era avvenuto l’omicidio di Franklin Guzmán, anch’esso caduto sotto i colpi sparati dalla Guardia Civil.

Il conflitto tra la multinazionale United Brands e i bananeros, giunti al trentaseiesimo giorno di sciopero, era già stato segnato da lavoratori arrestati e feriti con il beneplacito di gran parte della stampa egemonica costaricense, impegnata a definire i lavoratori come “violenti” e aizzati da una non meglio precisata “manipolazione comunista per destabilizzare la nostra democrazia”.

In realtà, né Rosales né Guzmán erano comunisti, pur essendo militanti per la giustizia sociale. Luis Rosales, bananero di 63 anni, si definiva come un appartenente alla cosiddetta Iglesia bananera. Se la chiesa ufficiale si era unita alla campagna volta a screditare i lavoratori, non fu così per la chiesa di base. Da un lato il vescovo Ignacio Trejos, della diocesi di San Isidro, sosteneva che gli scioperi dei bananeros rappresentavano un attacco alla democrazia, mentre il quotidiano La Nación contestava il legame dei preti operai con i lavoratori, definendo i religiosi vicini ai lavoratori degli “agitatori”. Dall’altro, tra i sacerdoti che appoggiarono la lotta dei bananeros vi fu Guillermo Chaves, che per quattro anni rivestì il ruolo di coordinatore dei padri domenicani a Palmar Sur. Fu lui, in un’intervista rilasciata al bollettino Apuntes de emergencia, a ricordare ai suoi “compagni sacerdoti” che l’impresa bananiera United Brands violava continuamente i diritti dei lavoratori.

Guillermo Chaves parlò più volte anche delle violenze della polizia quando entrava nelle fincas per arrestare i lavoratori e delle aggressioni contro i bananeros attraverso “il lancio dei lacrimogeni a destra e a sinistra”. Luis Rosales fu uno dei primi lavoratori che si avvicinò a Chaves, amava ricordare lo stesso sacerdote. Come gran parte dei bananeros nelle fincas, Rosales aveva le mani macchiate dal colore del banano e le sue dita erano deformi a causa dell’artrite dovuta al duro lavoro.

Nei primi anni Ottanta, in Centroamerica, la repressione delle dittature militari aveva raggiunto il culmine e, anche in Costarica, aveva suscitato profonda emozione la morte di monsignor Oscar Romero, ucciso pochi anni prima dagli squadroni della morte, in El Salvador, mentre stava celebrando la messa. Rosales, sindacalista e militante dei gruppi cristiani di base, fu tra i primi a firmare per esortare l’attribuzione del Nobel per la Pace al sacerdote salvadoregno. Luis Rosales era una persona mite e non violenta e cercava di riscattare la sua vita e quella dei suoi compagni operai facendo opera di sensibilizzazione in un contesto dove la violenza e la repressione dello Stato erano durissime. Carlos Castro, un altro sacerdote legato alla Iglesia bananera, riteneva lo sciopero un diritto legittimo di fronte ai soprusi dello Stato e di United Brands, l’unica arma a disposizione che avevano i bananeros.

La mobilitazione dei lavoratori avvenne a seguito della consegna, da parte del presidente costaricense Luis Alberto Monge, del Ferrocarril del Sur a United Brands. Il Partido Vanguardia Popular, di ispirazione comunista, cercò di coordinare la protesta, nonostante nel 1948 fosse stato definito come “delitto grave” l’appartenervi, al pari dell’iscrizione ai sindacati, definiti allora fuorilegge. Solo intorno al 1975 la proscrizione fu parzialmente tolta, ma in tutto il paese i lavoratori al servizio delle imprese private non avevano il diritto di iscriversi ad un’organizzazione sindacale.

Fu in questo contesto che il governo garantì la più completa impunità agli assassini di Rosales e Guzmán, nonostante la figlia di quest’ultimo, Priscilla, negli ultimi anni abbia dimostrato che il padre era stato ucciso da una pallottola di alto calibro in dotazione, in quel momento, alla polizia costaricense.  La morte di suo padre, scrisse Priscilla Guzmán, distrusse la sua famiglia, lasciando vedova una moglie di 26 anni, una figlia di 7 anni (la stessa Priscilla) e il fratellino di 5.

United Brands rifiutò ogni tipo di conciliazione con i lavoratori, anzi, e insieme al governo di Luis Alberto Monge gettò le basi per la repressione. Come Rosales, anche Guzmán credeva fortemente nei diritti umani e partecipò allo sciopero per difendere i diritti fondamentali dei lavoratori, secondo quanto stabiliva la stessa Costituzione. Il governo giustificò la repressione tramite la solita, vecchia scusa utilizzata in questi casi: era impossibile fare diversamente perché il  Partido Vanguardia Popular stava per scatenare un’insurrezione tramite un supposto esercito segreto.

Dello sciopero dei bananeros rimasero le morti ingiuste di due lavoratori, Rosales e Guzmán, caduti sul campo e l’ipocrisia di un governo che, pensando di sconfiggere militarmente il Partido Vanguardia Popular riteneva di riportare l’ordine nelle fincas. Ancora oggi, in Costarica, quei mártires bananeros están vivos en la huelga.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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