Il futuro è made in China (Mieville)

di Fabrizio Melodia

             MIEVILLE, L’ ANTI TOLKIEN E “LA FINE DI TUTTE LE COSE”

China Mieville, enfant prodige dell’urban fantasy e della fantascienza weird, torna sugli scaffali con il romanzo «La fine di tutte le cose», per i tipi della Fanucci, in una bella edizione dalla copertina morbida che dona pregevoli sensazioni al tatto.

La fascetta che lo adorna recita nientemeno «il miglior romanzo di fantascienza di tutti i tempi». Vado a sfogliarlo e rimango colpito. 

C’è un gigantesco calamaro, custodito al Museo di Storia Naturale di una Londra particolarmente tetra e uggiosa, illustrato ai solerti visitatori dal buon Billy Harrow, esperto in materia di cefalopodi. Solo che hanno una piccola sorpresa: il calamaro gigante svanisce nell’aria prima che i visitatori e lo stesso Harrow entrino nella stanza.

Precipitato in un vero incubo a occhi aperti, Harrow verrà coinvolto nelle vicende di una Londra dove avvengono scontri di “altra natura” e in cui dovà affrontare paure e ritrosie prima di coglierne in pieno il senso. In nome di cosa si sta consumando una guerra millenaria e che cosa sta cancellando l’umanità dalla sua, più o meno legittima, presenza sul pianeta?

Una vicenda tetra e inquietante che rappresenta una maturazione e una svolta nella narrativa di China Mieville, classe 1972, laureato in relazioni internazionali e marxista che già ci aveva deliziato.

Un anti tolkieniano: più volte ha affermato con abrasività che l’opera di Tolkien è pomposa e reazionaria. Lui rifugge da elfi, maghi, “Signori delle Tenebre” per portarci mano nella mano in altri luoghi. Come nel romanzo «Il libro magico» (Un lun dun” – 2007) un fantasy ambientato in una città segreta dove finiscono tutti gli oggetti che le persone gettano via. A introdurci nella città discarica, abbiamo Rottombrello (il nome dice tutto), Obadì Fing (un enorme puntaspilli) e Caglio (un cartone di latta vuoto) che piangono sommessi e sperano nell’arrivo di un eroe che possa salvarli dalla perdizione. Ed ecco che a sorpresa due ragazzine dodicenni arrivano alla città segreta portando scompiglio ma anche la speranza della rivoluzione.

Inaspettatamente rispetto ai suoi canoni fantastici, Mieville recupera mito e musica con il romanzo «Un regno in ombra» (King Rat, uscito nel 2009): originale e rivisitazione della famosa fiaba del pifferaio di Hamelin e di Re Sorcio, con abbondanti dosi di musica jungle e drum and bass. Recita il libro: «Io sono quello che c’è sempre. Sono quello che rimane. Sono l’espropriato, e tornerò. Sono il motivo per cui non puoi dormire tranquillo nel tuo letto. Sono quello che ti ha insegnato tutto ciò che sai, ho altri assi nella manica. Sono quello tenace, quello che stringe i denti, che non si arrende, che non molla mai.

Io sono il sopravvissuto.

Io sono il Re Ratto».

Qui le interpretazioni si sprecano, in quanto i rimandi sono molteplici, dall’Orco di sabbia di E. T. A. Hoffmann, passando per Freud fino alla moderna rivisitazione mostruosa e metallica della canzone «Enter sandman» del gruppo Metallica.

La feconda follia di Mieville continua con «La Città e la Città» (The City & The City del 2011; in bottega se n’è scritto) che mescola con sapienza fantascienza, fantastico e police procedural (il genere di NYPD, per intenderci) in una città che dire strana è poco. «Siamo tutti filosofi, qui dove mi trovo, e discutiamo fra molte altre cose la questione di dov’è che viviamo. Su questo argomento mi considero un liberale. Vivo in un interstizio, certo, ma vivo nella città e nella città» . Ok, vivi negli interstizi nemmeno fossi Diogene nella botte, ma come fai a vivere in una città all’interno di se stessa? E’ una città autoconsapevole dei propri processi mentali e traffici stradali? Se volete verificare…

La storia è ambientata nelle immaginarie Città-Stato di Besźel e di Ul Qoma ubicate nell’Europa dell’est: la loro peculiartità e quella di occupare geograficamente la medesima area dividendosi la topografia cittadina con bizantinismi che assegnano all’una o all’altra alcune zone, chiamate in gergo “totali” oppure sovrapponendosi in alcuni punti definiti “intersezionati”. Unico punto di contatto ufficialmente consentito tra le due culture è la “Camera comune” che funge anche da frontiera fra le due città. I cittadini di una città devono obbligatoriamente «disvedere» ossia ignorare le strutture, gli abitanti e i veicoli dell’altra città, seppure condividano, nelle zone intersezionate, gli stessi spazi: è una difficile abitudine mentale, appresa sin dall’infanzia e la cui infrazione determina in alcuni casi l’intervento della «Violazione», organizzazione con pieni poteri votata al mantenimento dello status quo. Diverse le abitudini, le mode e addirittura le lingue parlate nelle due città: l’illitano è parlato a Ul Qoma mentre il besź è la lingua di Besźel. L’origine storica della separazione politica e culturale delle due città è ignota ma tale evento prende il nome di «Frattura».

Uscito nel 2016 «Embassytown» è il romanzo più squisitamente fantascientifico della produzione di Mieville, con una singolare umanità che ha colonizzato altri pianeti, compreso Arieka. I nativi sono custodi di una lingua misteriosa e inaccessibile, gli umani che riescono a comprenderla sono chiamati gli Ambasciatori. Per comunicare, viene usata una “similitudine” universale, una donna di nome Avice, che permette ad ambasciatori umani e alieni di avere un riferimento per esprimere concetti altrimenti inesprimibili. Con l’arrivo di un nuovo ambasciatore l’equilibrio tra umani e alieni è inevitabilmente compromesso, e la perspicace Avice deve far fronte a una situazione familiare insostenibile, a un sistema che fa acqua da tutte le parti e al sentirsi un oggetto spendibile politicamente.

Ricordo inoltre il gustoso ciclo del Bas Lag, un mondo dove magia e tecnologia retrò in stile Jules Verne convivono in maniera quasi armoniosa, con frequenti ed esilaranti alti e bassi. Ed è «Perdido Street Station» (del 2003) a introdurci nel mondo di Bas Lag, dove facciamo la conoscenza di eccentrici scienziati, donne coleottero dalle ali amputate e una droga chiamata «Merdasogni» . Nel seguito intitolato «La città delle navi» ritroviamo la stessa ambientazione della Perdido ma le vicende sono slegate: assistiamo alla partenza di una nave prigione diretta a una colonia penale, ma viene attaccata da pirati. Tutti i prigionieri vengono trasportati all’isola dei pirati chiamata Armada, formata da tante grandi navi legate tra di loro. Viene fatta la solita offerta: la morte oppure diventare cittadini di Armada. Per il galeotto Tanner Sack è una nuova opportunità di vita. A un altro passeggero viene offerto un posto da bibliotecario nell’immensa collezione di libri che i pirati hanno depredato in ogni dove. C’è anche un folle piano che riguarda una creatura degli abissi spaziali e un viaggio verso mondi perduti e pericolosi.

Nel terzo libro – «Il treno degli dèi» – Mieville mescola alla fantascienza e al weird elementi tipici del western, affrontando tematiche sempre più complesse come imperialismo, odio razziale, omosessualità, diritti dei lavoratori e guerra. New Crobuzon (la principale città di Bag Las, già vista nei due precedenti romanzi) sta cadendo a pezzi, sconquassata da guerre, intrighi e rivoluzioni. Da un lato la guerra contro l’arcana, oscura città-stato di Tesh, dall’altro i ribelli che si aggirano per le strade portando la metropoli sull’orlo della rovina. Nel mezzo dei disordini, una misteriosa figura mascherata incita a una nuova forma di ribellione, mentre tradimenti e violenze si manifestano in luoghi inconsueti.

Per chi volesse avvicinarsi a Mieville e al suo mondo fatto di rivoluzioni e pazzie varie, consiglio molto questa trilogia. Ma se volete immergervi nella fantasia pura, beh «La fine di tutte le cose» vi aspetta: per 22 euri e per 512 pagine sarete trasportati in una Londra fra mito e magia … e non dimenticate di passare per Perdido Street Station o per Armada: di sicuro nessuno vi negherà qualcosa con cui rifocillarvi.

NOTA DELLA BOTTEGA

Coincidenza vuole che proprio oggi Zona 42 annunci la traduzione di L’uomo del censimento, un altro romanzo di China Mieville.

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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