Il genio di Ipazia, il genio delle donne

di Mauro Antonio Miglieruolo

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(EL)

« ὅταν βλέπω σε, προσκυνῶ, καὶ τους λόγους.

τῆς παρθένου τὸν οἶκον ἀστρῷον βλέπων

εἰς οὐρανὸν γάρ ἐστι σοῦ τὰ πράγματα,

Ὑπατία σεμνή, τῶν λόγων εὐμορφία,

ἄχραντον ἄστρον τῆς σοφῆς παιδεύσεως. »

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«Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,

vedendo la casa astrale della Vergine,

infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto

Ipazia sacra, bellezza delle parole,

astro incontaminato della sapiente cultura.»

(Pallada, Antologia Palatina, IX, 400 – Da Wikipedia)

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Inseriti i pochi versi di cui sopra sarebbe già possibile chiudere queste note su Ipàzia (in greco antico: Ὑπατία, Hypatía, in latino: Hypatia), essendo il meglio di lei già stato detto. Essendo anche però che la sua storia è destinata a oggi 8 marzo, spenderò alcune altre parole per far conoscere lcuni aspetti della storia edificante della sua vita: una vita di donna, una vita da scienziata, una vita da persona.

hypatia - Charles William Mitchell

hypatia – Charles William Mitchell

Ipazia! mente eccelsa che il fanatismo religioso, legittimato dal maschilismo imperante, ha assassinato nel 415 ad Alessandria d’Egitto. La stessa città dove era nata probabilmente nel 370. Uccisa dunque nel fiore degli anni (anche se qualcuno parla di una anziana signora, in accordo con una diversa possibile data di nascita, collocabile tra il 355 e il 368): perché colpevole di essersi dimostrata più colta, intelligente, creativa,  valida di ogni altro membro dell’intellinghentia dei suoi tempi. Testimone vivente del torto che veniva fatto e continua a essere fatto, attraverso un’ingiustizia lunga millenni, all’altra metà del cielo. Ma certo Ipazia aveva osato troppo: osato misurarsi da pari a pari, spesso superandoli,  con le menti migliori del proprio tempo. Di più: non si era limitata, delitto già di per sé intollerabile, a coltivare il proprio ingegno nel chiuso della casa, luogo eletto delle donne (diciamo meglio: luogo obbligato in cui “eleggersi”; o meglio autorelegarsi). L’aveva fatto pubblicamente, entrando in un ambito riservato da sempre agli uomini. La piazza, le strade, i consessi politici, sempre da pari a pari, sempre primeggiando. Per istruire chi lo volesse sulle acquisizioni del suo ingegno.

Dio ne liberi, insegnante da strada! Imperdonabile.

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Matematica, astronoma e filosofa, brillante rappresentante della filosofia neo-platonica, il suo linciaggio da parte di una folla di fanatici cristiani, una folla, sembra, composta o guidata da monaci parabolani,  rende una doppia testimonianza. Testimonia la millenaria oppressione esercitata sulle donne, e testimonia anche la sotterranea perenne ostilità contro il libero pensiero, da parte di dittatori e di correnti politiche e religiose. La sua morte particolare, atroce e dissennata, è effetto anche del sovrapporsi di queste due caratteristiche: il libero pensiero; e l’essere pensiero di una donna, sulle quali cadeva l’interdizione a esercitarlo. Come altrimenti preservare il pregiudizio che le donne non sanno pensare? Se non punendo pesantemente chi violava il precetto dimostrando che le donne non solo potevano essere uguali, ma persino superiori quanto a genio? La morte è il minimo che possa sanare un tale abominio. Il delitto lesa maestà del pensiero maschile è tale da non poter essere lasciato impunito.

Allieva del padre (Teone), gli succede nell’insegnamento delle tre discipline. La scienziata e filosofa però, nel continuarlo, oltrepassa il padre. Scrive Damascio:

Cirillo di Alessandria

Cirillo di Alessandria

«di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d’animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo»

Gli fa eco Socrate Scolastico:

«era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico».

Spiegazione pubblica e insegnamento per chiunque avesse voglia di ascoltarla. Ma, insegnamento di che cosa? Al netto dell’audacia del comportamento, una donna che insegna per le strade (ma per le strade ci si prostituisce, non si nutre lo spirito degli uomini)!; al netto di un gesto che sembra una sfida (dunque un gesto eminentemente politico), c’è la testimonianza dell’ellenismo, che è l’ultimo baluardo della cultura antica contro la barbara marea dilagante del cristianesimo. L’ellenismo, avendo perduto qualsiasi influenza sui centri del potere, perde la sua battaglia, contro una Chiesa agganciata invece al potere; e che non ha remore nell’utilizzare spesso mezzi abominevoli. La calunnia, l’insulto, la persecuzione, la morte. Il pensiero nuovo, pensiero largamente rivoluzionario introdotto da Gesù, col tempo è stato seppellito dagli sviluppi del revisionismo introdotto da Paolo.1425904157411130

L’ideologia reazionaria nel quale tale revisionismo è finito con lo svilupparsi, costituisce un’arma preziosa di legittimazione del potere imperiale e di controllo sociale (la cui percezione all’impero non sfugge). Asse di questa ideologia e il ruolo assegnato alla donna. Alla quale è imposto di ritornare al confino casalingo, in forme persino peggiori di quelle che avevano distinto la Roma Repubblicana. Chiuse nelle case, ignoranti delle cose del mondo, proibito l’esercizio persino dello stesso genio naturale, mezza umanità è così messa in condizione di non nuocere. La Chiesa se ne avvantaggia diventando l’unica ambito sociale nel quale ne è ammessa la frequentazione, l’Impero per il ruolo passivo di ignare procreatrici che è loro imposto. Tolta ogni possibilità di aggregazione fuori dalle cerimonie religiose, agli oppressi – che stolidamente accettano – è così imposto di combattere da soli, come se combattessero un duello di pugilato con una mano sola. La stabilità del sistema è così assicurata. La stabilità, sia nella Chiesa che nell’Impero, del dominio personale; e, tramite quest’ultimo, stabilità al dominio di classe.

L’ellenismo, dunque; residuo del passato che pure appare come una piccola luce, testimonianza di una grande passato, che tenta di arrestare l’avanzata apparentemente inarrestabile (lo era: per quasi settecento anni, forse mille, lo è stato) del buio del fanatismo e del moltiplicarsi delle ingiustizie sociali. Ne nasce una lotta nel corso della quale, per qualche tempo, l’ellenismo riesce a acquisire spazi d’agibilità, per venire poi cancellata dal moltiplicarsi degli assassini da parte dei cristiani (i telebani intolleranti dell’epoca) e degli episodi di fanatismo.cb4f8f18-39f8-4efb-b5b4-e044b07fd669

È in questa lotta, lotta residuale, tra ellenismo e intolleranza cristiana che occorre inquadrare la terribile fine di Ipazia. Nel moltiplicarsi dell’arroganza e prepotenza di coloro che fino a poco tempo prima erano stati i perseguitati; e che, ricevuto l’appoggio dell’imperatore, diventano a loro volta persecutori. Persecutori particolarmente aggressivi per la sostanziale l’impunità di cui godono (lo stesso che sostanzia l’arroganza dei fascismi di ieri e di oggi).

Ad Alessandria sono stati appena demoliti i templi dell’antica religione per ordine del vescovo Teofilo, una demolizione che simboleggia la volontà di distruzione di una cultura alla quale anche Ipazia appartiene e che ella è intenzionata a difendere e a diffondere. La reazione ellenistica durante quegli anni ha subito una momentanea battuta d’arresto (avvento nel 414 dell’ostile Augusta Pulcheria), dalla quale si riprenderà per arrivare, dopo alterne fortune, alla pratica estinzione nel corso della seconda metà del V secolo. Periodo di crisi quello degli ultimi anni di Ipazia. Ecco allora irrompere la necessità politica di far tacere una voce scomoda, di tagliare una testa che non deve più pensare. Della quale proprio un cristiano ortodosso (non tutti sono disposti a procedere con i paraocchi), il già citato Socrate Scolastico dice:geniodonna-ipazia

«Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale»

(Socrate Scolastico, cit., VII, 15)

Ma Ipazia oltre che Maestra è anche inventora. Su sue indicazioni viene infatti costruito l’idroscopio «un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi. Da una delle estremità è otturato da un cono fissato strettamente al tubo, in modo che unica sia la base di entrambi. È questo il cosiddetto barillio. Quando s’immerge il tubo nell’acqua, esso rimane eretto e si ha in tal modo la possibilità di contare gli intagli, i quali danno l’indicazione del peso».i-parabolani-uccidono-ipazia

Il discepolo Sinesio, a testimonianza degli interessi teorici e pratici di Ipazia, afferma di aver perfezionato l’astrolabio proprio sulla base “di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra […] Ipparco lo aveva intuito e fu il primo a occuparsene, ma noi, se è lecito dirlo, lo abbiamo perfezionato». «Lo stesso grande Tolomeo e la divina serie dei suoi successori» continua Sinesio, si erano contentati di uno strumento che servisse semplicemente da orologio notturno.

L’assenza di scritti autografi rende comunque problematico stabilire l’entità dell’apporto di Ipazia ai saperi in cui era diventata esperta (sapere matematico e astronomico); dalle testimonianze si evince comunque che è stato notevole; e che nella scuola di Alessandria è sicuro primeggiasse.  Basti aggiungere, per avere un’idea dell’importanza di una mente spenta prematuramente, che quella scuola (Kline) «possedeva l’insolita combinazione di interessi teorici e interessi pratici che doveva rivelarsi così feconda un migliaio di anni più tardi. Fino agli ultimi anni della sua esistenza, la Scuola alessandrina godette di piena libertà di pensiero, elemento essenziale per il fiorire di una cultura e fece compiere importanti passi avanti in numerosi campi che dovevano diventare fondamentali nel Rinascimento: la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l’algebra, il calcolo infinitesimale e l’astronomia».image001a

Morte di Ipazia

Nel 412, alla morte di Teofilo, sale sul trono episcopale di Alessandria il vescovo Cirillo, altro grande criminale, che rese la sua carica «più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo». Cirillo domina la cosa pubblica oltre ogni limite consentito, allarga sistematicamente le facoltà di intervento della Chiesa. Oreste, Il prefetto di Alessandria, che gli si oppone, è travolto. I metodi adoperati sono tali che nel 414, nel corso di un’assemblea popolare, alcuni ebrei denunciano Cirillo quale seminatore di discordie. Oreste imprigiona quella che è considerata la lunga mano di Cirillo, un certo Ierace «il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava». Ierace viene arrestato e torturato. Cirillo reagisce minacciando i capi della comunità ebraica, che rispondono uccidendo alcuni cristiani. La contro reazione di Cirillo è immediata, da par suo. Gli ebrei vengono cacciati dalla città, gli averi confiscati, le sinagoghe distrutte (sarà imitato 1500 anni dopo dai nazisti). Oreste non può far nulla per impedirlo, nonostante che la città ne resti spopolata. La costituzione del 4 febbraio 384 rende il clero soggetto al solo foro ecclesiastico.

Nel pieno del conflitto intervengono a sostegno di Cirillo, provenienti dai monti della Nitria, un gran numero di monaci, i cosiddetti parabolani. Formalmente sono infermieri, di fatto un vero e proprio corpo di polizia al servizio dei vescovi di Alessandria. Questi fior di galantuomini, si appostano in circa cinquecento sulla strada dove sanno che passa il carro del prefetto. Lo insultano, gli gridano contro. Uno di loro, un certo Ammonio, lo colpisce alla testa con una pietra. Oreste lo fa arrestare e, come si usava all’epoca, torturare e uccidere. Il reato commesso era tale da rendere impensabile un esito differente. Cirillo denuncia l’episodio, facendo pervenire all’imperatore una versione addomesticata degli eventi. Tuttavia anche fra i cristiani c’è disapprovazione per i suoi intrighi. Cirillo procede imperterrito, eleva Ammonio al rango di martire, ma consapevole che il suo protetto è morto per aver violato la (crudele) legge romana, non per difendere la fede, cambiato il nome di Ammonio in Thaumasios, attribuitogli meriti che non esistono, non insiste oltre. Anzi si adopera per far dimenticare l’episodio.image004a

E in questo clima che dunque matura l’omicidio di Ipazia. La filosofa e scienziata frequentava Oreste, qualcuno mette in circolazione che è proprio lei, con i suoi intrighi, a creare dissapori tra il prefetto e il vescovo che ci andava un po’ troppo per le spicce. La calunnia prende corpo nel mese di marzo 415 (sembra si tratti dell’otto marzo). Un certo Pietro raggruppa un buon numero di fanatici e, come era accaduto con Oreste, si apposta per sorprendere Ipazia mentre fa ritorno a casa. Non ci si limita però in questo caso a lanciare pietre e seminari insulti. Ipazia viene afferrata trascinata nella vicina chiesa di Cesario, denudata e uccisa utilizzando come armi dei frammenti di terraglie. Morte atroce. Viene poi fatta a pezzi, e i miseri resti portati nel Cinerone, dove vengono bruciati. Ogni traccia di ipazia è così cancellata.

infiniti mondi alieni extraterrestri

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L’uccisione solleva non poche voci di biasimo contro Cirillo. La sua responsabilità in quanto mandante è certa. Probabile anche sia responsabile delle circostanze crudelissime dell’esecuzione. Contro Ipazia ha raccolto «una massa enorme di uomini brutali, veramente malvagi» (Damascio). Cirillo ha in odio a tal punto Ipazia, quella coscienza rimproverante la cui tolleranza appare inconciliabile con il fanatismo di Cirillo che, sostiene sempre Damascio, ne organizza la morte in modo che sia «tra tutte la più empia». Abbiamo visto quanto sia stata brutale. Damascio sottolinea un particolare che è puro orrore. Alla filosofa, prima di venire uccisa, mentre ancora respirava, vengono cavati gli occhi.ipazia3-800x400-800x400

Il demone cieco Cirillo (fatto poi santo) diminuisce Ipazia portandola fisicamente al proprio simbolico livello di cieco prete assassino. Ipazia, che aveva il torto di vederci fin troppo bene nelle cose del mondo, non deve vederci più.

Vediamo noi bene oggi quel che è stato l’uno e quel che è stata l’altra.foto8_b

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MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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