Il maestro di violino – Sérgio Machado

(visto da Francesco Masala)

dopo tre anni dall’uscita del film solo ora Il maestro di violino appare in sala.

la storia è già vista, quello di un insegnante di fronte e degli adolescenti che non si fidano, in una favela, a San Paolo, in Brasile.

Laerte è il maestro di violino, e i rapporti con i ragazzi non sono semplici, solo alla fine sarà riconosciuto come il loro maestro.

qui non ci sono ragazzini e ragazzine che hanno bisticciato col fidanzatino, il problema è spesso quello che suonare è un lusso, per le famiglie dei ragazzi, e poi anche quello della sopravvivenza, e qualcuno resta, sulla strada, ucciso dalla polizia.

chi sostiene la scuola e paga lo stipendio di Laerte è una ong, questa è una novità, lo Stato non interviene, non vuole o non può, i servizi sociali non ce la fanno, intervengono le ong, brutto segno per un paese.

il film merita, Laerte e i giovani sono convincenti, a tratti sembra un documentario.

buona visione

https://markx7.blogspot.com/2018/09/il-maestro-di-violino-sergio-machado.html

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

3 commenti

  • Daniele Barbieri

    «Il film merita»: sono d’accordo con Francesco Masala.
    Non capisco chi ha criticato, spesso cercando pure il pelo nell’uovo. “A tratti sembra un documentario”… e cosa c’è di male? “Troppo commovente”… da quando suscitare emozioni è un peccato o un difetto? «Fragilità della struttura»: non mi pare. «Dramma talvolta eccessivo»: chi lo dice forse vive in una villa con piscina. «Il già visto»; quasi tutto è già accaduto sulla Terra e allora?.
    Quanto al «maestro come guru»: il film è centrato sul violinista ma lui è tutt’altro che l’eroe hollyvoodiano. Anzi, a me è sembrato significativo un passaggio del film: “il maestro” ce la fa… quando esce dalla solitudine e chiede aiuto ai suoi amici musicisti.
    Magari ce ne fossero di film (e di storie vere con almeno una parziale “vittoria”) così. Senza il “lieto fine” posticcio ma anche senza la paralizzante rassegnazione.
    Insomma se lo trovate nelle sale andateci. Altrimenti recuperatelo per altre strade. Un buon film sulle stranezze – e sugli stereotipi spezzati – del mondo vero.

    • Antonella Selva

      visto con mia figlia, in una bella rassegna estiva della cineteca di Bologna.
      Mia figlia diciassettenne, commossa, era entusiasta per la rappresentazione realistica della vita in favela, della brutalità della polizia, del senso di appartenenza e irriducibile contrapposizione degli adolescenti emarginati rispetto agli adulti e rispetto al mondo benestante dall’altra parte del muro, del riconoscimento concesso alla loro cultura, fatta di rap, codici di comportamento, senso di lealtà.
      Quanto a me, un po’ più scafata e meno incline, a 58 anni, all’identificazione con i ragazzini, ho apprezzato come Masala i riferimenti realistici (ong al posto dello stato, il riscatto attraverso la musica – è tutto vero: l’avevo già visto in un documentario sulle attività di Abbado in Venezuela! – la realtà bifronte della città, la strada sopraelevata che separa i due universi più rigidamente del muro di Berlino) grazie ai quali percepisci che non è la solita rappresentazione hollywoodiana di cartapesta.
      La narrazione però è davvero “troppo” commovente, troppo “giusta”: il ragazzo buono, giovane promessa carico di passione, inevitabilmente viene fatto fuori dalla polizia (è inutile, non ce la possono fare, non beccano mai quelli giusti), il suo sacrificio è necessario perché gli altri ragazzi trovino la forza dell’impegno e il maestro la forza di fare la cosa giusta. A quel punto – si può dubitarne? – anche il muro di classe crolla e i ragazzini della favela vengono ammessi nel teatro tempio della cultura in mezzo al pubblico elegante (e pagano con carta farlocca per rimanere nella parte delle simpatiche canaglie: ma il maestro non poteva almeno fargli avere un invito?). Mi dispiace, qui non siamo più a San Paulo, siamo a Hollywood

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *