Il meglio (forse) del blog – 31

andando a ritroso nel tempo (*)

Recensione al romanzo «Mia figlia follia» di Savina Dolores Massa (oggi è giovedì ma in qualche parte dell’universo è martedì… come insegna una famosa storiella di Moni Ovadia)

Tre anni fa a Cagliari, una calda sera durante la rassegna Marina Cafè Noir: molte decine di persone arpionate dallo scrittore Tahar Lamri con la storia del “figlio dimenticato” cioè come una donna in Mauritania può andare da un uomo e dire «mi hai lasciato un bimbo nella pancia»… e quell’uomo, chiunque sia, invece di offendersi o negare lo prende per un onore. Quella sera la gente non voleva andar via, rimase ad ascoltare Lamri anche quando i tecnici staccarono le luci. Il nuovo romanzo di Savina Dolores Massa – “Mia figlia follia” (Il maestrale, 190 pagine per 16 euri) – può fare lo stesso effetto. Una storia stranissima: più che leggere l’a ascolti e nulla può interrompere questa magia.
E’ matta Maddalenina? Sembrerebbe, se a 50 anni d’improvviso decide di volere un figlio da tre padri (anzi quattro contando un cero, sì proprio quelli di chiesa), se parla con una strega “di ossa e parapioggia” che neanche le risponde. E’ brutta Maddalenina, sporca anzi puzzolente, orfana, povera e scema. Dalla scuola l’hanno cacciata subito: «mette freddo alla classe» disse la maestra. La parola che più spesso le dicono è «Vattene». Talmente sola che neanche l’ombra le fa compagnia. Eppure Maddalenina «si desidera eguale agli altri». E ha capito che «le bambole e le persone sono diverse», si dispiace «per gli occhi degli altri».
Trecce rubate a una dodicenne, un susino, fritture «di zucchero e liquerizia», una vecchia macchina da scrivere «con il tasto M» oleoso, «la melodia dei tarli quando russano»: non è il nostro l’universo di Maddalenina e Maria. Qualcosa in comune c’è: la peggior malattia è la paura.
Eccoli i tre padri inverosimili e ignari. Uno è Quirico Malannata, in fuga da non si sa dove e senza «cognome da tramandare» cioè rovinato (negli attributi maschili) da un toro. Il secondo è un ragazzino, Graziano Lucente che per ribellarsi alla tirannia di una famiglia dove si campa 100 anni vuole suicidarsi prima di arrivare a 15. Terzo ipotetico papà è Rocco delle Spezie, un vecchio professore che alle donne ha sempre preferito burberi marinai. Davvero poco plausibili come fecondatori ma… chissà.
La pancia di Maddalenina cresce «rigogliosa» o è immaginazione? E nascerà un «mostro a tre teste con un cero in mano»? O lei chiama figlia «un cancro che le lacera gli intestini»? La strega-guaritrice, cioè Maria Carta, non parla perché è telepatica o invece non esiste?
Chi è morta e chi è viva in questa storia? Chi legge i pensieri a chi? La strega si domanda chi sia il regista invisibile di questa «assurda commedia a cui ho l’obbligo di partecipare». In un famoso apologo il bruco sogna di essere una farfalla che immagina di essere un bruco. Anche qui, alla fine, scopriremo che tutto è sogno? «Due possibilità dovrebbe darci la vita: la prima solo per imparare e l’altra per esistere capendo». A tutte le domande Savina Dolores Massa sa dare una risposta, forse lei ha avuto due vite.
Quando si legge un libro davvero insolito subito scatta il gioco del paragone: chi ci ricorda questo «
Mia figlia follia»? Forse i migliori libri del realismo magico latinoamericano. Ma chi conosce Theodore Sturgeon – autore poco amato dagli editori italiani ma osannato altrove – ritroverà certe atmosfere, empatie, inquietudini e soprattutto la capacità di trovare la poesia in quello che qualcuno definirebbe “la parte più sporca degli esseri umani” ma che probabilmente è solo un’altra parte di noi stessi… però spesso preferiamo dimenticarcene. In ogni caso il gioco dei paragoni qui funziona poco: davvero non ha parenti stretti (o ispirazioni visibili nella pur vasta biblioteca di Babele) questo “Mia figlia follia“.

QUALCHE ALTRA INFO

In tre parole: un libro strepitoso. Come il precedente («Undici»: in blog ne ho parlato) della stessa autrice sembra pronto per essere messo in scena. O appunto raccontato all’aperto in una sera e nessuno vuole andar via prima della fine. Quando è apparso – di martedì – questo post ho scherzato in blog sulle etichette – fantastico, realismo magico, fantascienza – e ho chiesto all’autrice (che allora non conoscevo, poi l’ho incontrata) come si fa a capire… se un susino è secco; qualche dubbio mi è rimasto.
(*) Un po’ perché 5600 articoli sono tanti e (nonostante i “santi” tag) si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà e occorre cercare post per non star fermi, quando altre/i invece continuano a regalare i loro contributi a codesto blog. Per queste due ragioni ho deciso – d’intesa con la piccola redazione – di recuperare un certo numero di vecchi post… con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più “attuali”.

Il “meglio” è sempre soggettivo: in questo caso è inteso a ritrovare soprattutto semi, ponti, pensieri perduti… meglio se accompagnati – talvolta capita – dalla bella scrittura, l’inchiesta ben fatta, la riflessione intelligente.

Ci sarà fantascienza (il Marte-dì canonico), ci saranno le «scor-date», ci sarà di tutto un po’: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia che – noi speriamo – ci caratterizza in questo blog “collettivo”. (db)

Redazione
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