IL NESPOLO

(di Pabuda)

 

stamattina un vecchio,

infilando il braccio

tra le inferriate del cancello

NESPOLO CON NESPOLE

che separa ogni giorno

le nostre vite

e tenendolo ben teso

dalla spalla al dito indice

m’ha mostrato, in fondo

al vicolo cieco,

oltre al negozietto di timbri e targhe,

al carrozziere verniciatore con forno

e al solarium

per amanti dell’abbronzatura perenne,

spuntare le fronde d’un albero di nespolo:

perché superano d’un metro e mezzo

il tetto di bei cocci rossi

che ripara i tre esercizi commerciali

o d’artigiano lì rifugiati

(ben lontani dagli sguardi vogliosi

di qualsiasi eventuale clientela).

a completare lo scenario

– impossibile non vederlo quello –

incombe un alto palazzo

d’edilizia popolare ottocentesca

che di molto sovrasta il nespolo.

io l’albero non l’avevo mai visto…

però, adesso, a guardar bene,

e allungandomi un po’

sulla punta dei piedi

 

o montando s’un cassone,

 

scorgo pure

 

una piccola ma fitta

 

costellazione

 

di frutti

 

del tipico colore arancione.

 

nespole!

 

mature ma circondate

 

da un assedio

 

di proprietà private

 

cresciute intorno

 

con relativo

 

divieto d’accesso: tassativo.

 

caspita

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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