Il sesso dell’avvenire

di Guido Vitiello (*)

A seguire una nota di db su Thomas Disch e dintorni

«Colly era convinta, senza il minimo dubbio, di essere ancora troppo giovane per farsi stuprare». Con questa frase comincia un agghiacciante racconto di fantascienza di Thomas M. Disch, “Il pianeta dello stupro”, pubblicato nel 1978 in un’antologia sul sesso dell’avvenire.

Colly è una ragazzina poco meno che diciassettenne che sta per diplomarsi in Tradizioni popolari. Conosce bene, dunque, i costumi del luogo – che è poi la Terra in un imprecisato futuro, popolata solo di donne. Sa che è suo dovere civico passare un mese nell’Isola del piacere, dove sarà ripetutamente stuprata da un cadetto dei Marines spaziali, nel periodo di licenza tra un’impresa di colonizzazione planetaria e l’altra.

È così che si riproducono i guerrieri, che al di fuori di queste incombenze procreative vivono rigidamente separati dalle donne, trattandole come una specie aliena e reprimendo qualunque forma di empatia.

Il fragile equilibrio di questa tradizione si regge su una pillola che induce l’amnesia, consentendo alle stuprate di tornare alla propria vita senza tracce interiori di quel mese terribile. Il racconto di Disch ruota appunto su questo psicofarmaco, che Colly rifiuta di prendere e che per vie imprevedibili finisce nella gola del cadetto.

È convinto di amare ardentemente Colly, perfino mentre la stupra, e lei lo asseconda con frasi enfatiche imparate a memoria sul manuale dell’amore coniugale. Dopo l’ultimo stupro d’addio, il cadetto avverte qualcosa di simile al senso di colpa, essenzialmente perché ha avuto l’imprudenza di rivelarle dei segreti militari. Ma confida nell’amnesia.

«Volete processare per l’ennesima volta Montanelli», penserà qualche lettore terrestre. E il problema sta proprio nell’adozione impropria della logica giudiziaria. Nei processi, anche in quelli immaginari o informali, è ben comprensibile che si voglia far valere il principio d’irretroattività, secondo cui nessuno può essere punito in forza di una legge entrata in vigore dopo i fatti incriminati.

I molti avvocati dediti al gratuito patrocinio di Montanelli lo difendono appunto così, come del resto faceva lui stesso quand’era in vita: dicono che erano altri tempi, altre leggi, altri costumi, e chi siamo noi oggi per giudicare. Ma la retroattività, che nell’ordinamento giuridico è una bestemmia, è invece l’essenza dell’agnizione tragica.

Edipo, al momento di uccidere Laio, non sapeva di commettere parricidio. Ma quando scopre la verità, tutto il suo passato assume di colpo un significato diverso, e terribile. Dovrà portarne il peso per il resto dei suoi giorni. E Sofocle non gli ha dato neppure una pillola dell’amnesia per tornare alla quieta inconsapevolezza di prima.

Ecco, forse tutte le insidie della querelle su Montanelli e la dodicenne nascono da qui: come nel racconto di Disch, anche stavolta a prendere la pillola sono stati quelli sbagliati.

(*) ripreso da linkiesta.it dove viene presentato così: «Sul caso Montanelli non si può applicare il principio di irretroattività. Per i giuristi nessuno può essere punito in forza di una legge entrata in vigore dopo i fatti incriminati. Edipo, al momento di uccidere Laio, non sapeva di commettere parricidio. Ma quando scopre la verità è costretto a portarne il peso per sempre. Vale anche per un giornalista».

THOMAS DISCH E DINTORNI: UNA NOTA DI DB

Mi piace assai la rubrica «Lo specchio nero» che Vitiello tiene su Linkiesta (che invece poco mi piace). La disprezzata e mal compresa – in Italia – fantascienza è utilizzata da Vitiello come chiave per scardinare il presente. Un esercizio eccellente quanto difficile che spiazza le nostre false certezze.

Anche io – per una volta mi cito – mi diletto in questi esercizi. Più volte anche con «Il pianeta dello stupro» di Thomas Disch, per esempio in «Di futuri ce n’è tanti» scritto con Riccardo Mancini. Un racconto straordinario come avete potuto capire leggendo qui sopra. Ma gran parte della produzione di Thomas Disch lo è. Tanti in Italia sbavano per il quasi omonimo Dick ma purtroppo non conoscono Disch… o Theodore Sturgeon o Robert Sawyer oppure, per restare dalle parti del «sesso dell’avvenire», l’assai inquietante Alice Sheldon che si firmava James Tiptre junior. Se nulla ne sapete spero di avervi un pochino incuriosito…

Sulla questione Montanelli ci capita purtroppo di abitare in una “penisola dello stupro” e in “bottega” ne abbiamo ragionato più volte. Per esempio vedi: Indro Montanelli, fascista (tra l’altro), «Abbattere la statua di un colonialista ha un… e Statue e lapidi: celebrare i boia ma anche Guerre, monumenti e criminali. Abbiamo scritto spesso anche dell’infame “sacrario” di Affile dedicato a Rodolfo Graziani. Ma su statue e monumenti dedicati a boia riconosciuti l’amnesia italica è ostinata, almeno quanto l’arroganza dei neofascisti. Negli ultimi anni qualcosa si è mosso: cfr e esempio Statue, lapidi, schifezze fasciste e noi e Città: rivolta contro i nomi infami. resta tanto da fare ma purtroppo l’Italia catto-patriarcal-fascistoide resta forte e trova insospettati alleati.

Redazione
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2 commenti

  • Andrea ET Bernagozzi

    Grazie del bel commento e anche per ricordare l’arte di Thomas Disch e la passione critica di Erremme. Grazie anche per la segnalazione della rubrica, che non conoscevo.

  • Che dire? ho il numero urania 750 e il 752 nella pila di libri sulla mia scrivania. Li voglio tenere vicini, a portata di lettura. Altri libri vanno e vengono, ma i racconti di Disch restano sempre lì. La sua prosa è precisa, perfetta, sconvolgente e malinconica, i suoi racconti erano e restano tra i migliori che si possano leggere. Thomas Disch scende nei bassifondi, scava nell’orrore della povertà umana, fronteggia la solitudine e la sconfigge. La sua fantascienza è onirica, ha il sapore aspro dell’oceano, riesce a unire la paura all’amore, il genio alla follia. Disch descrive gli ambienti, si sofferma sui dettagli quotidiani, indugia sul colore di una tazza di caffè, sulla marca dei biscotti, sulle decorazioni delle tende(Principio d’aprile o fine di marzo). Poi arriva al viso, al taglio di capelli, alla signora grassa che riprende fiato salendo ogni tre gradini per portare le buste della spesa (Nada). Fino a raggiungere la perfezione in quel racconto iniziale, in cui il seducente e kafkiano arrendersi alla vita trova il più sublime, sconvolgente, imprevisto slancio letterario. Nella massa scura di file infinite di piccoli scarafaggi in un armadio, con i piccoli occhi e le antenne tese, vispi insetti pronti a cogliere un gesto, un comando, un sussurro sensuale e caldo della loro signora… ne “la signora degli scarafaggi” il nostro mondo crolla, le prospettive si restringono, siamo tutti insetti, viscidi, brancoliamo nella notte, tra le macerie e i rifiuti squallidi dei peggiori vicoli di New York, eppure siamo alla ricerca di una voce, di un bagliore, pronti a salire su un raggio di luna, pronti a inseguire un sogno, un orrendo sogno d’amore…

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