Il trust dei farabutti

di Mark Adin

Che i trusciòni, i furbi, i collusi, i corrotti, siano ormai una potentissima lobbie, lo si vede da come sia quasi impossibile inoculare elementi di onestà non tanto nel Parlamento dove ormai – in una guerra spietata contro chi al gioco non vuole starci e si oppone all’andazzo criminale – non si fanno neanche più prigionieri: si impiccano in quattro e quattr’otto gli avversari alle pagine dei giornali e tanti saluti – ma soprattutto nelle comunità che li partoriscono.

Anche il più piccolo dei Comuni, la più cessa delle associazioni, la più paludata fra le fondazioni, la parrocchietta o il consiglio scolastico, ha i suoi maneggi e i suoi minuscoli intrighi. Ciò che va rapidamente collassando, a causa dell’ipertrofia del non più sotterraneo corpus dei troppo disinvolti, è il tessuto sociale che forma la base della piramide e non più soltanto la porzione apicale, che da sempre è esposta – per ovvia facilità di accesso – a ogni privilegio.

E’ pur vero che taluni comportamenti non sono certo una novità, ma ciò che oggi mi pare cambiato sono i rapporti di forza: i malandrini, ovvero coloro che mettono in atto micro o macro comportamenti in contrasto con i principi costituzionali e in spregio della legalità, potrebbero essere già diventati maggioranza. E in una democrazia tutto questo sarebbe la fine.

Come si possono portare dei correttivi se i furbi sono in grado di operare e persino legiferare a svantaggio dei gonzi?

Come può reggere una economia se la compagine produttiva, in divenire potenzialmente minoritaria, fosse vampirizzata da un ceto sempre più vasto di parassiti che pretendono di campare a loro spese?

Guardiamoci intorno, alla buona, in modo empirico e senza valore statistico: quante sono le persone che conosciamo che producono beni e quindi ricchezza vera o sono comunque direttamente funzionali al sistema produttivo? e quante viceversa le mungono? Roba per sociologi, certo, ma ci possiamo intanto fare un’idea.

Spesso mi chiedo cosa poter fare io, per non contribuire a ingrossare la schiera dei furbi. E subito c’è una vocina interiore che mi mette sull’avviso: occhio, Mark Adin, che se non ti metti tra i furbi questi stessi ti metteranno tra i fessi. Ecco, è qui che sta una parte del problema. Non scivolare verso la categoria degli ingenui non solo per amor proprio ma soprattutto perché c’è bisogno di ingrossare un terzo cluster, quello di chi crede ancora nel diritto ma, come si dice dalle mie parti, non è abbottonato di dietro. A proposito di didietro, con una immagine molto volgare ma altrettanto efficace, una persona di esperienza mi diceva che il mondo, a suo illuminatissimo parere, si divide in Mettìnculi e Prendìnculi, e lui si peritava di annoverarsi tra i primi.

Beh, io non mi sento né con i primi né con i secondi, e non solo per consolidata (mai dire mai) propensione dei miei gusti erotici. Anzi, mi viene in mente – chissà perché – una stagione storica e politica nella quale, di fronte al dilemma, imposto da alcuni, di schierarsi con il terrorismo o con il potere, qualcuno coniò lo slogan “né con lo stato né con le BR” e ne fece un caposaldo.

Ma esiste davvero questo luogo, questa Mesopotamia, questa terra di mezzo tra il grande fiume del malaffare e quello che pare inarrestabile della supina sopportazione?

Esiste, esiste. Nelle piazze, ad esempio, c’è coraggio. Nella pazienza dell’insegnante che tenta di costruire dove altri riescono a distruggere, c’è molto coraggio. Nello spiegare alla vecchina che Lui non è primus inter pares col Padreterno c’è moltissimo coraggio. Nel testimoniare a tuo figlio – con ciò che combini quotidianamente – che non c’è solo il mondo dei dritti, ci vuole addirittura eroismo. Eppure noi siamo fatti proprio così, perché siamo ostinati, sdegnati e incazzati. Evidentemente non è ancora abbastanza, ma conosco la nostra razza, che è quella delle donne e degli uomini liberi: sapremo fare ancora di più, faremo ciò che è necessario, con strenuo coraggio, ad ogni costo, fino a schiattare piuttosto che lasciare il nostro destino nelle mani dei furbi e parcheggiare le nostre vite tra le miseriabilia dei sudditi proni.

Facciamo presto però, prima che gli onesti diventino impotente minoranza, prima che sia davvero troppo tardi.

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