Ilda, sem terra e la speranza realizzata

di Ilda Martines de Souza (traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo)

«Mettere al mondo la giustizia: donne che creano alternative economiche e sociali» è un rapporto curato da Other Worlds – http://www.otherworldsarepossible.org/birthing-justice-report – disponibile dal 6 aprile 2012. Nell’invitare chiunque a scaricarlo dal sito o a richiedere una copia cartacea una delle curatrici, Beverly Bells, spiega come vengano presentati, tramite la narrazione in prima persona delle protagoniste, «dodici modelli alternativi sociali ed economici presenti negli Stati Uniti, in Asia, Africa, Europa, America Latina e Caraibi». Quello che vi traduco di seguito riguarda il «Movimento dei lavoratori rurali senzaterra» (il cui acronimo portoghese è Mst).

Il Movimento ha risposto alla povertà e alla miseria occupando decine di migliaia di acri di terra abbandonata o incolta, e creando su di essi circa 2.000 comunità che operano democraticamente su base cooperativa. Gli auto-governi delle comunità hanno stabilito i propri modelli di «giustizia riparatrice», media, agricoltura ecologica, espressione culturale, relazioni sociali, istruzione. Ilda Martines de Souza, contadina 64enne Tupi-Guaraní, è oggi una delle leader del Movimento. Questa è la sua testimonianza.

«I miei genitori persero il loro appezzamento di terra coltivabile negli anni ’60: il proprietario li espulse. Dopo di ciò, non avevamo un posto dove vivere. Io ero giovane, andai a São Paulo a tentare di guadagnare qualcosa, perché volevo comprare della terra per mio padre. Non ci sono mai riuscita; era molto difficile, lavorando, fare abbastanza soldi per comprare terreni. Mi sono interessata alle lotte sociali molto presto, avevo 18 anni, e mi piaceva davvero. Divenni un’attivista per il Partito dei Lavoratori e più tardi anche i miei bambini divennero attivisti. Poi, entrai nel movimento per la casa dei senzatetto e di quelli che vivevano nelle favelas. Era molto gratificante: ogni famiglia che si riusciva a togliere dalla strada era una grande gioia.

Era un lavoro difficoltoso, perché lo facevamo durante la dittatura e non potevamo tenere assemblee. Parlavamo con le famiglie nelle mense sociali o nelle chiese. E abbiamo sofferto maltrattamenti a causa di ciò. Io sono stata cacciata fuori da tutte le case che ho affittato. Allora ne occupavo una abbandonata, assieme ad altri, ricominciavo a organizzare la gente, e venivo buttata per strada di nuovo. Ma non ho mai permesso che questo mi scoraggiasse, non ho mai perso speranza. E nemmeno gli altri. Insieme, sapevamo che avremmo visto molte cose buone nel futuro.

I miei bimbi – allora erano cinque, successivamente ne ho adottato un sesto – erano piccoli. Lavoravo come metalmeccanica di notte per avere i soldi sufficienti a dar loro da mangiare. Li lasciavo addormentati e andavo in fabbrica. E il movimento per la giustizia cominciò a darmi forma, a istruirmi, a farmi scoprire i miei veri valori, i valori di un essere umano, di una donna, di una madre. Perché una madre va diritta nel fuoco per liberare i suoi figli, e io ho educato i miei bambini ad essere attivisti. E in questo periodo scoprimmo il bellissimo Movimento dei lavoratori rurali senzaterra (Mst – www.mstbrazil.org). Quando il movimento nacque a São Paulo mi diedero il compito di raccogliere cibo, vestiti, coperte e medicine che avremmo portato in campagna. Il gruppo era piccolo, all’epoca, ma stava già crescendo come un nido di formiche. Grazie all’Mst realizzai il mio sogno di tornare a vivere a contatto con la terra. Nel 1988 arrivai quindi a Itapeva, e l’anno dopo fui parte di un’occupazione che chiedeva la ridistribuzione dei terreni: ero con i miei figli, fu un’esperienza meravigliosa.

Il mio sogno è vedere una vera riforma agraria, di modo che nessun bambino sia affamato, e nessuna madre debba versare lacrime perché suo figlio è stato ucciso mentre rubava un pezzo di pane. Il dolore di ogni madre è il mio dolore. Ogni bambino è figlio mio. Non ho solo sei figli, ne ho migliaia, ragazze e ragazzi, bambine e bambini. Quando una madre disperata mi dice che suo figlio è stato ammazzato nelle favelas io non posso solo stare a sentire, devo fare qualcosa. Il nostro agire è basato sui sogni di ogni individuo venuto in campagna per partecipare al movimento per la riforma agraria. «Che vita voglio in campagna?»: questa è la domanda che chiediamo alle persone di fare a se stesse. Così impariamo che vogliono una piccola casa, piantare coltivazioni diverse, avere un bel tavolo attorno a cui sedersi, avere abbastanza latte per i bambini, vedere i loro figli studiare e giocare. Lo impariamo lentamente, viaggiando attraverso le menti e i sogni di ogni essere umano che si unisce ai nostri insediamenti. Non imponiamo nulla a nessuno, scopriamo che sogni possiamo condividere con chiunque, li uniamo, e cominciamo a costruire il paradiso insieme. Vogliamo davvero costruirlo, questo paradiso, affinché i nostri figli e ogni persona che vive qui possa dire orgogliosamente: «Qui, noi non versiamo sangue. Qui, noi non facciamo guerre».

La cosa bella che viene dalla conquista di questo pezzo di terra è che essa è stata presa da una sola mano e consegnata a migliaia di mani: è una rivoluzione. La terra diviene bene comune per tutti, e questa è una rivoluzione. Anche la produzione è rivoluzionata. I grandi proprietari terrieri usano la terra solo per allevare bestiame, ma ora noi su quella stessa terra produciamo cibo per l’intera popolazione. Abbiamo fatto la rivoluzione senza sparare un solo colpo, senza che nessuno dovesse morire per essa, senza versare una goccia di sangue. Non è necessario. Il nostro lavoro concerne anche l’essere onesti e giusti, e il partecipare alla realtà politica locale. La partecipazione democratica di tutti è quello che ci serve per trasformare il crudele scenario in cui troppa gente vive in Brasile.

Una cosa che noi donne spesso non comprendiamo subito è quanta forza abbiamo. Le madri sono le stelle polari che guidano i bambini. Quando una madre acquista consapevolezza lavora e lotta con tutto il cuore per far sì che i suoi figli, e i loro amici, la accompagnino nel cammino verso l’arcobaleno che lei crea. Sono così orgogliosa di essere una donna e di lottare con le donne perché so che il futuro sta in questo. Se nasco altre dieci volte, e posso metterci bocca, voglio rinascere donna tutte le volte.La cosa più splendida che la vita può offrire è la consapevolezza di una donna. E’ creatrice. Non perde la bellezza dell’essere donna qualsiasi cosa le accada. Di questo dovremmo essere abbastanza orgogliose da piantare i piedi per terra e dichiarare: Io sono una donna.

Quel che ho guadagnato, in molti anni nel movimento, è stato il poter crescere tutti i miei figli su questo lembo di terra, in questo paradiso: è il mio orgoglio e la mia gioia. Oggi tutto quel che devo fare è continuare a contribuire all’Mst, per aiutare a costruire un paradiso per altre famiglie.


Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • Il Mst ha fatto la storia del Brasile e dell’America Latina: questo racconto è commovente, andrebbe divulgato, soprattutto tra i media brasiliani come O Globo, che descrivono quotidianamente i sem terra come criminali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *