In morte del servizio sanitario nazionale

di Ivan Cavicchi

Gli esiti devastanti del regionalismo differenziato chiesto dal Veneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna. Cioè dalla Lega e dal Pd

Il M5s, attraverso il suo ministro della salute, Giulia Grillo, ha accettato, sulla sanità, senza condizioni, il regionalismo differenziato chiesto dal Veneto dalla Lombardia dall’Emilia Romagna. Cioè dalla lega e dal Pd.

LE REGIONI, per gentile concessione del M5s, cioè di coloro che si sono sempre dichiarati grandi difensori della sanità pubblica, avranno i poteri esclusivi dello Stato su: personale, farmaci, governance, fondi integrativi, tariffe, servizi, formazione. Lo Stato quindi su queste fondamentali materie non avrà più voce in capitolo.

Ogni regione se la suonerà e se la canterà come vuole, potrà privatizzare i suoi servizi, potrà fare contratti ad hoc per i propri operatori, potrà dare di più o di meno, potrà gestire la sanità con aziende uniche, centralizzate, o altro, potrà avere propri operatori specifici, potrà formare perfino i medici come vuole, potrà curare la gente a modo suo, potrà ovviamente mettere le tasse che servono sui propri cittadini, perché l’unica condizione posta a questa follia contro-riformatrice è che tutto avvenga per lo Stato a «costo zero» cioè che le regioni si paghino le spese. Un costo zero che sarà pagato a caro prezzo dal nostro paese.

MUORE COSÌ, nel quarantennale della sua nascita, il servizio sanitario nazionale. Con esso muore: la solidarietà tra le persone, quella che finanzia attraverso il fisco in modo giusto i bisogni di salute dei poveri e dei ricchi, l’universalità cioè la persona non è più curata per i suoi diritti, l’equità cioè la possibilità di curare le persone secondo le loro personali necessità, con esso muore un’idea nuova di salute, di persona, di bisogno, di medicina, con esso muore la civiltà dell’art 32 della Costituzione.

Tutto questo nel mentre a Davos il grande capitalismo ci avverte che il welfare sanitario di domani è destinato a mangiarsi almeno il 15% del pil (noi come sanità pubblica proprio perché pubblica costiamo la metà) e che per forza per governare questa enorme spesa «improduttiva» sarà necessario produrre molta più salute di prima (noi abbiamo già un intero sistema incentrato sulla prevenzione)

TUTTO QUESTO AVVIENE con il governo giallo verde, vale a dire con le antitesi al potere che si disputano a suon di contraddizioni, lo spazio politico disponibile, con una sinistra morente ma disgustosamente compromessa, del tutto collusa con lo sfascio, e con un ministro della Salute che più anodino di quello che è sarebbe impossibile immaginarlo.

IN QUESTA FACCENDA il ruolo del ministro Grillo avrebbe potuto essere fondamentale: ella avrebbe potuto mediare, avanzare delle contro-proposte, trovare soluzioni compromissorie, fare alleanze, ma niente di tutto ciò. La ragione è che i «ministri per caso» non sono mai all’altezza del compito. È sorprendente come alla fine a decidere la storia non siano solo le grandi cose ma anche quelle più piccole e più insignificanti.

Nel programma di governo, c’è una contraddizione grande come una casa nella quale il ministro Grillo avrebbe potuto infilarsi che è quella che da una parte si prevede il regionalismo differenziato ma dall’altra si ribadisce il valore irrinunciabile del servizio sanitario nazionale solidale e universale.

Il ministro anziché rimuovere la contraddizione con soluzioni alternative ha preferito calarsi le brache ma solo perché non sa che fare. Cioè non ha idee, non ha un programma, non ha un pensiero.

STRIDONO le contraddizioni: mentre la solidarietà muore perché si chiudono i porti, nello stesso tempo muore perché in sanità si cancellano i diritti. Mentre il governo ci propone più sicurezza, gli italiani sono più insicuri cioè mal tutelati nei confronti delle malattie. Mentre le grandi regioni leghiste Lombardia e Veneto chiedono di uscire dal Ssb, si accoda l’Emilia Romagna la grande regione rossa e il Pd incapace di distinguersi da essa, sta a guardare perdendo la sua storica occasione di fare opposizione non solo al governo ma a un pensiero contro-riformatore, che cancella 40 anni di leggi parlamentari.

La Cgil non solo ha aperto con i metalmeccanici la strada al welfare aziendale e al sistema multi-pilastro ma ha appena sottoscritto contratti, come quelli del comparto sanità, basati sulla deregolazione del lavoro riconoscendo agli operatori sanitari pubblici la facoltà di farsi una mutua per loro e i loro famigliari contro loro stessi, cioè una mutua che integri ciò che loro fanno.

C’È QUALCOSA DI INSANO e di perverso in tutto questo che certo apre la strada a ciò che è male ma solo perché ciò che è bene per la sinistra non si sa più cosa sia o cosa debba essere.

Resto convinto che se la sinistra avesse fatto la «quarta riforma» oggi non saremo a questo punto. «Quarta riform» per dire che se la sinistra avesse continuato a fare il suo mestiere riformatore, cioè avesse continuato a produrre un pensiero di riforma, oggi non saremmo a piangere la morte del servizio sanitario. Ma la sinistra buona non è riuscita ad andare oltre l’apologia del passato e quella cattiva ha venduto l’anima al pensiero neoliberista. Gli uni e gli altri a coloro che controcorrente proponevano la «quarta riforma» li hanno semplicemente ignorati.

Resta il fatto nudo e crudo. il tradimento del M5s oggi in sanità apre la porta al far west abbandonando il sud a se stesso e togliendo ai cittadini il diritto di essere curati secondo diritto. Cioè il diritto alla giustizia e all’eguaglianza.

pubblicato anche (26 gennaio) sul quotidiano “il manifesto”

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • La situazione descritta mi sembra purtroppo condivisibile e reale.

    Mi sembra che manchino ancora delle chiare proposte da trasmettere ai governi centrale e locali.
    Manca soprattutto l’analisi degli ESITI SANITARI (con misura dell’efficacia della quantità e qualità dei servizi) nelle popolazioni delle varie regioni. Questa analisi degli esiti darebbe la misura di COME hanno lavorato le nostre differenti regioni in relazione ai loro bisogni, alle risorse investite ed al loro modo di utilizzarle. E aiuterebbe a decidere le politiche economiche per una efficace politica sanitaria e di Salute Pubblica. Quest’ultima in particolare dovrebbe essere incentrata non solo sui servizi diagnostici e curativi e di prevenzione SECONDARIA come gli screening delle malattie, ma innanzitutto, su azioni di prevenzione primaria e screening delle CAUSE di malattia (anche se ridurrebbe il PIL della Big Pharma)..

  • Ivan Cavicchi ha lamentato la morte del servizio sanitario. Ma Ivan Cavicchi è stato con la CGIL nazionale uno dei collaboratori della “morte” del servizio sanitario nazionale, ovvero delle USL e della Legge di riforma sanitaria che istituiva il SSN e prima e unica riforma amministrativa democratica dello stato, da subito affossata in primo luogo con l’introduzione della legge finanziaria e a seguire col sostegno attivo o passivo ad una cultura politica, giuridica e istituzionale che in barba alla Costituzione e alla novità delle USL avendo un casellario precostituito e conservatore secondo cui una cosa o è azienda o ente, hanno trasformato – a partire dalle regioni c.d. rosse e con la condivisione della CGIL nazionale di Trentin ma sotto l’egida del “famigerato” Cazzola responsabile. dipartimento sanità, (con cui collaborava Cavicchi) hanno trasformato le USL o in azienda(Emilia) o in Enti (Toscana), che a partire da tali regioni sono state estese all’intero Paese. In assenza di qualsiasi vera battaglia per il Piano sanitario previsto dalla Legge e mai formulato e in nome della antiriformatrice idea (interna alla destra del PCI e destra CGIL):”ora che abbiamo la riforma non si tratta più di riformare ma di gestire”, hanno rovesciato quella che nel proseguo e per attuare la riforma della sanità – cioè la cosa più sociale che possa esistere – comportava una autentica “rivoluzione sociale” (come asserito persino nella relazione della Commissione senatoriale di inchiesta sulla sanità):altro che una semplice e “maneggiona” gestione” dell’esistente.
    C’era solo un presidio in Italia che coerentemente non solo difendeva ( costituii anche il Comitato di difesa della Riforma sanitari, anche con MD e Consigli di Fabbrica), ma si batteva per l’attuazione della riforma e del percorso “rivoluzionario” che essa richiedeva, ed era la CGIL regionale Lombardia dove, col sostegno anche di Mario Sai, io ero per altro responsabile anche della sanità in quanto responsabile del Dipartimento riforma dello stato e della programmazione economica e sociale: CGIL Lombardia rispetto cui sia Cazzola che Cavicchi – all’unisono- manifestavano “incomprensione”…: si veda allegati)
    Donde che il Cazzola attaccava pubblicamente e sui giornali della CGIL e con nome e cognome, il sottoscritto e Salvatore d’Albergo che collaborava in modo permanete con la CGIL Lombardia , con la sapienza dell’intellettuale organico al movimento operaio e del giurista costituzionalista, sapienza che difettava o mancava e ancora manca a tutti gli altri costituzionalisti e giuristi ancorati o incapaci di rompere col giuridicismo delle vecchie concezioni costituzionali liberali. Per ciò incapaci di sapere e di cogliere che il movimento di massa è capace di “inventare” e dare da vita a nuove forma anche istituzionali che sono tali anche quando non sono scritte o previste nei vecchi testi del tradizionale giuridicismo borghese (come nel caso delle USL, cresciute nell’esperienza delle lotte per la salute e l’ambiente di fabbrica e poi nel territorio, a partire dalla Montedison di Castellanza e di tutte le forze politiche sociali territoriali e intellettuali, tra cui quelle di Sapere e di Maccacaro, e in rapporto con gli enti locali con cui la riforma sanitaria si realizzo nella prassi sociale e politica di interi territori, per almeno sette anni prima che venisse formalizzata dalla Legge 833 del 78 e subito affossata….
    Non mi risulta che Cavicchi si sia mai contrapposto al “bonzo” Cazzola e ai vari controriformatori e aziendalisti e tanto meno che il Cazzola lo avesse mai non dico attaccato ma anche solo criticato per posizioni diverse dai sostenitori della aziendalizzazione. Ne’ mi risulta che si sia mai battuto contro la c.d. costituzione materiale – ovvero il “come materialmente” si aggira la costituzione scritta…), ne contro le teorie della c.d. “nuova teoria” del gruppo di Milano del famigerato Miglio. “Nuova teoria” cosiddetta, che in realtà altro non era ed è che la vecchia teoria dell’impresa applicata alla pubblica amministrazione e alle funzioni pubbliche: accettando la quale teoria queste sono state trasformate in aziende private o aziende c.d. pubbliche gestite con criteri d’impresa privata a danno dei fini sociali e di interesse pubblico, che applicate alla sanità è la cosa più grave che si potesse fare in quanto appunto la sanità è la cosa sociale che più sociale non può esistere.
    Anzi, se non ricordo male ( e non ricordo male), l’articolo “Sanità, le aziende post moderne” che (sollecitato da Sai e da Carla…accidenti mi sfugge il cognome della bravissima giornalista del Manifesto poi colpita dalla morte…) scrissi per il Manifesto, lo scrissi avendo in mente e presente alcune dichiarazioni equivoche e “post-moderniste” che a proposito della sanità aveva espresso Cavicchi.
    Cosi come i rinvii degli interventi riformatori – sanciti dalla Costituzione fin dal 1948 – hanno potuto determinarsi mediante quella che denunciavamo come politica dei due tempi – prima le esigenze immediate, poi le riforme – , per converso la strategia controriformatrice dopo l’entrata in vigore della legge di riforma si è palesata anzitutto attraverso forme di intervento che nascondevano il loro carattere strategico dietro una tattica non tanto dilatoria e di rinvio, quanto di erosione dei principi riformatori interni alla pratica attuativa della riforma, quando cioè è più difficile distinguere tra “congiunturalismo” e “controriforma”.
    E’ a tale nascosto carattere strategico di quegli interventi che bisogna rifarsi per comprendere perchè siamo in presenza della morte della servizio sanitario nazionale.
    Gli esisti devastanti del c.d. regionalismo differenziato vengono da lontano, vengono da tale lunga strategia…la morte del SSN e non è di oggi, non è una morte improvvisa ma di lunga provenienza e durata a cui hanno contribuito anche coloro che magari oggi se ne lamentano…e che non seppero cogliere cosa comportava l’abbandono o la svalorizzazione dei principi fondamentali della riforma sanitaria e dei suoi aspetti istituzionali strettamente connessi alla Costituzione della Repubblica delle autonomie,istituzionali e sociali, e chela riforma sanitaria era e comportava la riforma democratica dello stato : ovvero l’opposto del “federalismo” cultura di destra assunto dalla “sinistra”, che anzi lo ha introdotto unitamente al presidenzialismo che fu inserito nella sanità (col manager d’azienda: anche nei Comuni) e da li diffuso e applicato poi negli enti locali e nelle regioni col presidenzialismo dell’elezione diretta di sindaci e presidenti di regione… nonché dentro i partiti e i sindacati… Non si può piangere sulle conseguenze dopo aver contribuito alle cause.

Rispondi a Angelo Ruggeri Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *