in Palestina, altre notizie taciute

continuano furti di terre, genocidio a bassa intensità, incarcerazione di bambini, tra le altre cose, nel silenzio dei governi europei

Le verità su Gaza che Israele non vuole vedere – Gideon Levy

L’intervista allo psicologo israeliano Mohammed Mansour è uno dei documenti più sconvolgenti, spaventosi e deprimenti che siano stati recentemente pubblicati da Haaretz.

Se Israele fosse una società con un’etica, e non nazionalista e vittima di un lavaggio del cervello, starebbe tremando fino alle sue fondamenta. Le parole di Mansour avrebbero dovuto essere l’argomento del giorno, la bufera del giorno. Una catastrofe umanitaria si sta svolgendo ad appena un’ora da noi. Un disastro umanitario: un orrore le cui responsabilità ricadono in buona parte su Israele, un paese che invece è tutto occupato dalle accuse di violenza sessuale nei confronti del capo di un gruppo editoriale televisivo, Alex Gilady.

Mansour è tornato da una visita alla Striscia di Gaza, dove era andato come volontario per la sezione israeliana dell’associazione Physicians for human rights(Medici per i diritti umani). Mansour è un esperto nella cura dei traumi, e nessuno poteva rimanere insensibile davanti alle osservazioni sulle sue ultime due visite. Sinistra o destra, non importa, chiunque dotato di un briciolo d’umanità sarebbe scioccato.

Bambini senza riparo
Più di un terzo dei bambini che ha incontrato nel campo profughi di Jabalya ha dichiarato di aver subìto abusi sessuali. I loro genitori, alle prese con una guerra per la sopravvivenza e a loro volta vittime di depressione, non sono in grado di proteggerli. A Gaza è impossibile allontanare i bambini e i loro genitori dalle origini del loro trauma perché quest’ultimo non ha avuto fine e non finirà. Adulti e bambini vivono un dolore terribile. Nessuno è mentalmente sano a Gaza. Caos, è questa la parola.

Mansour descrive una distopia, una società che sta andando a rotoli. Distruzione. Gli abitanti di Gaza hanno dimostrato una resistenza, una forza d’animo e una solidarietà straordinarie all’interno delle loro famiglie, dei loro villaggi, quartieri e campi profughi, dopo tutte le disgrazie subite. Oggi però rifugiati, figli di rifugiati, nipoti di rifugiati e bisnipoti di rifugiati stanno crollando.

Mansour ha raccontato di una lotta per la sopravvivenza senza quartiere, nella quale il ricorso agli antidolorifici diventa l’ultima spiaggia. Non è rimasto niente della Gaza che conoscevamo. Niente ci ricorda oggi la Gaza che amavamo. “Sarà difficile ripristinare l’umanità di Gaza. Gaza è l’inferno”, dice Mansour.

I resoconti di Mansour, per quanto duri, non dovrebbero sorprendere nessuno. Tutto va avanti secondo il copione, quello del più grande esperimento mai condotto su degli esseri umani. È questo l’unico risultato possibile quando s’imprigionano due milioni di persone in un’enorme gabbia per oltre dieci anni, senza nessuna possibilità di uscita e senza speranza. Il blocco della Striscia di Gaza è il peggior crimine di guerra che Israele abbia mai commesso. È una seconda naqba, perfino più raccapricciante della precedente.

Coscienze messe a tacere
Stavolta Israele non ha la scusa della guerra e dell’espansione degli arabi. Anche l’eccesso di giustificazioni relative alla sicurezza non convince più nessuno, se si escludono gli israeliani che si scagliano contro Gaza. Sono loro gli unici a non aver alcun problema per il fatto che esista una gabbia per esseri umani al confine con il loro paese. Solo loro riescono a formulare migliaia di scuse e accuse contro il mondo intero, alcune delle quali false, come il fatto che Hamas sia arrivato al potere ricorrendo alla violenza. O che il lancio di razzi Qassam sia cominciato dopo il ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza nel 2005. Tutto va bene pur di far tacere le coscienze, peraltro già silenziose: in fondo, stiamo parlando di arabi.

Stiamo parlando di Gaza. Stiamo parlando di esseri umani. Decine di migliaia di bambini e neonati privati del presente e del futuro. Sacrifici di esseri umani, il cui destino non interessa a nessuno.

Nelle pause tra un feroce attacco israeliano e l’altro, tra le rovine create da Israele senza motivo e che non sono state ricostruite, Gaza è in condizioni peggiori perfino delle più cupe previsioni. Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme: entro il 2020 la Striscia di Gaza potrebbe diventare “inabitabile”. Oggi, nel 2017, è già un inferno.

È più di un decennio che Israele non permette l’ingresso di alcun giornalista nella Striscia di Gaza, al fine di evitare agli israeliani il leggero fastidio che potrebbe provocargli la vista di quei luoghi. I volontari di Physicians for human rights, tutti arabi, sono gli unici israeliani che riescono a entrare a Gaza. Il racconto di Mansour sembra uscito da un ghetto. La Striscia di Gaza può essere paragonata a un ghetto. Anche se ci costa farlo, è nostro dovere paragonarli. Gaza è un ghetto, e il mondo tace.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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I carcerieri incatenati di Gaza – Amira Hass

 

Gli israeliani si rifiutano di capire che Gaza è una gigantesca prigione e che noi siamo i carcerieri.

Ho visto gazawi felici. Un giornalista di Kan, l’emittente pubblica israeliana, alcuni giorni fa è andato al checkpoint di Erez, ha sbattuto un microfono e una telecamera in faccia agli abitanti della Striscia di Gaza e li ha stimolati a sospirare di sollievo. Fantastico! Il posto di controllo di Hamas dal lato di Gaza è stato tolto e il barbuto personale di sicurezza non ci ha interrogati.

L’impressione che si ricava dal servizio televisivo e da un precedente reportage su Haaretz è che l’unico ostacolo che affrontano quelli che vogliono lasciare Gaza sia Hamas, ma ci sono alcune domande che non sono state fatte ai gazawi sul confine, insieme alle risposte che ne sarebbero seguite:

  1. Adesso, dopo la rimozione dei posti di blocco di Hamas, chiunque voglia lasciare Gaza può farlo? R. Stai scherzando? Dal 1991 noi possiamo andarcene solo con l’autorizzazione di Israele.
  2. Quanto dura il periodo di attesa per un permesso di uscita israeliano? R. Circa 50 giorni. A volte solo un intervento legale da parte di un’organizzazione israeliana come il ‘Centro legale Gisha per la libertà di movimento’ o ‘Medici per i diritti umani’ può far ottenere un permesso.
  3. Quali sono gli strumenti di controllo al checkpoint israeliano? R. Uno scanner girevole, istruzioni gridate con i megafoni, a volte una perquisizione personale.
  4. Che cosa vi è consentito portare? R. Non si possono portare computer portatili, panini, valigie con le ruote o deodoranti.
  5. Oltre a quelli della Jihad islamica e di Hamas, a chi è vietato uscire? R. La maggior parte della gente non può uscire. La figlia di un mio vicino è stata in cura a Gerusalemme negli scorsi nove mesi e lui sta ancora aspettando un permesso per andare a visitarla. Lo stesso vale per tre amici che hanno avuto bisogno di un esame medico di controllo l’anno scorso. Giovani che vorrebbero studiare in Cisgiordania non possono farlo perché Israele non glielo consente. Circa 300 studenti che hanno avuto la possibilità di studiare all’estero stanno aspettando un permesso ed il loro visto è a rischio.
  6. Sei stato interrogato dal servizio di sicurezza (interno) israeliano Shin Bet? R. Non oggi. Ma a volte arriviamo al checkpoint e ci prendono da parte, ci fanno sedere su una sedia per un giorno intero ed alla fine ci fanno alcune domande sui vicini di casa, per 10 minuti, o ci mandano a casa senza farci domande. E’ così che perdiamo un appuntamento all’ospedale o un incontro di lavoro.

Gli israeliani rifiutano di capire che Gaza è una gigantesca prigione e che noi ne siamo i carcerieri. Ecco perché essi [gli israeliani] sono incatenati dalla loro volontaria ignoranza. Riferire sulla situazione viene facilmente trasformato in propaganda ad uso dei politici. D’altro lato, le omissioni e le distorsioni negli articoli scritti dai dirigenti che fanno politica sono un fatto naturale. Come ad esempio l’articolo scritto dal Coordinatore delle attività governative nei territori [il governo militare israeliano sui territori palestinesi occupati, ndt], general maggiore Yoav Mordechai e da due suoi colleghi, pubblicato la scorsa settimana sul sito web dell’Istituto di Studi per la sicurezza nazionale.

Le omissioni e le distorsioni sono rivolte al pubblico in generale. Per esempio, l’articolo afferma: “Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza con la forza.” Invece, il quartetto per il Medio Oriente (Stati Uniti, Russia, Nazioni Unite e Unione Europea) e Fatah hanno agito in vari modi aggressivi per ribaltare i risultati delle elezioni democratiche per il Consiglio Legislativo Palestinese nel 2006, che Hamas aveva vinto.

“Hamas è diventato il potere sovrano”, hanno scritto Mordechai ed i suoi colleghi. Il potere sovrano? Anche se è Israele a controllare le frontiere, gli spazi aerei e marittimi ed il registro della popolazione palestinese? “Il governo di Hamas si sta indebolendo a causa della sua responsabilità relativamente all’impoverimento e alla disoccupazione.” I lettori che leggono questa frase nell’articolo hanno già dimenticato una precedente affermazione: “La situazione dei cittadini di Gaza è enormemente peggiorata dal 2007, soprattutto a causa delle restrizioni imposte alla Striscia da Israele (in termini di possibilità di muoversi da e per l’area ed in termini di attività economica).”

Gli autori del rapporto dell’Ufficio del Coordinatore delle Attività Governative nei Territori sono prigionieri della loro stessa posizione. Il COGAT impone rigorosamente queste restrizioni e le ha rese ancor più rigide. Gli autori mettono in guardia nell’articolo sulla prospettiva di un peggioramento della situazione, sia economicamente che psicologicamente, ma da ciò non consegue un coraggioso richiamo ai politici perché rimuovano i divieti al movimento della popolazione, delle materie prime e della produzione locale.

Gli autori suggeriscono al governo che sarebbe preferibile permettere che il processo di riconciliazione interna palestinese vada avanti. Ed invitano coraggiosamente i gentili [cioè i non ebrei, ndt] a finanziare la ricostruzione di ciò che Israele ha distrutto e sta distruggendo. Dopotutto, è ciò che essi hanno fatto dal 1993 – inviando un fiume di denaro per evitare un deterioramento ancor peggiore e per mantenere uno status quo conveniente ad Israele. E’ giunto il momento che i gentili utilizzino quei soldi come pressione politica che costringa Israele a ripristinare la libertà di movimento per i palestinesi a Gaza.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)

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Contro la pulizia etnica – Rete Ebrei Contro L’Occupazione

 

Lettera aperta che condanna le decisioni della Corte Suprema Israeliana che aprono la strada alla espulsione di 750-1000 Beduini residenti nel nord della Valle del Giordano.

Noi, la «Rete Italiana degli Ebrei Contro L’Occupazione», chiediamo ai Governi dell’Unione Europea, e in particolare al nostro Governo italiano perché prendano una posizione forte contro la politica di Israele di persecuzione etnica che comprende la espulsione pianificata dei Beduini che vivono nei villaggi di Ein el-Hilweh e Al Maleh, nel Nord della Valle del Giordano, per realizzare la costruzione di una città ebraica su terra localizzata nella parte della West Bank conosciuta come Area C, ora sotto completo controllo israeliano, sia amministrativo che di sicurezza.

Israele progetta la complete demolizione di 300 case Palestinesi, spazzando via del tutto queste comunità.

Condanniamo anche le azioni che il Governo di Israele sta progettando di realizzare nella prossima settimana contro due scuole nella zona di Gerusalemme Est, costruite da una associazione senza scopo di lucro italiana, e dedicate alla istruzione elementare di bambini Beduini, che le autorità israeliane hanno deliberato di distruggere.

Queste attività illegali e persecutorie dello stato di Israele vanno chiaramente contro le leggi internazionali e numerose delibere delle Nazioni Unite rivolte specificamente alla regione palestinese.

Chiediamo ai Governi Europei di rispondere attivando sanzioni economiche contro Israele che vietino ogni scambio commerciale e finanziario con quel Paese, fino a quando esso cessi le sue politiche di espropriazione della terra e di persecuzione etnica del popolo Palestinese, sia nei Territori Palestinesi Occupati che in Israele.

Rete Ebrei Contro L’Occupazione

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Uno sbadiglio , è così che molti israeliani rispondono al furto di terra – Amira Hass

Finché è ancora terra palestinese. Sanno che prima o poi potranno comprare a prezzo stracciato una villa con una fantastica vista su quella terra.

Cosa sarebbe successo se individui non identificati in Iran, Francia o Venezuela avessero aggredito commercianti ebrei e li avessero obbligati a chiudere i loro negozi? Quali scuse e manifestazioni di sconcerto i nostri diplomatici avrebbero chiesto all’Unione Europea, alle Nazioni Unite e chissà a chi altro? E con quanta esultanza vari ricercatori avrebbero tracciato un grafico dell’odio globale e sarebbero stati intervistati a lungo, con espressione seria, sulle inquietanti caratteristiche antisemite – così evocatrici di un oscuro passato – del privare ebrei dei loro mezzi di sostentamento e della distruzione delle loro proprietà?

Ma per noi israeliani questa domanda retorica ha perso il suo potere di educarci, di metterci in imbarazzo e di farci vergognare. Il fatto che così tanti israeliani siano coinvolti nel derubare così tanti palestinesi dei loro mezzi di sostentamento non è registrato neppure dai nostri sismografi. Questi sismografi sono calibrati per registrare, si dice, furti agricoli che sarebbero stati commessi da palestinesi. Al contrario, tutte le azioni che regolarmente noi portiamo a termine in modo che i palestinesi perdano le loro fonti di reddito provocano un grande sbadiglio. Ascolta, lo puoi già sentire.

Questa domanda retorica non è rivolta agli israeliani, perché essi sono i potenziali beneficiari del furto, se non quelli che già ne stanno beneficiando. Ecco un piccolo, parziale esempio recente: secondo rapporti complementari dell’Ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari e di due organizzazioni non governative, “Rabbini per i Diritti Umani” e “Yesh Din”, nelle ultime settimane individui non identificati hanno rubato olive da più di 1.000 alberi in 11 villaggi palestinesi in Cisgiordania – Azmut, Awarta, Yanun, Burin, Qaryut, Far’ata, Jit, Sinjil, Al-Magheir, Al-Jinya, Al-Khader. Inoltre individui non identificati, che sembravano ebrei, hanno aggredito raccoglitori dei villaggi di Deir al-Khattab, Burin, As-Sawiya e Kafr Kalil e li hanno cacciati dai loro campi.

A parte Burin, dove l’esercito ha individuato alcuni dei ladri ebrei e riportato il raccolto ai proprietari, questi furti significano che un investimento di tempo, denaro e fatica è andato in fumo. Nella maggioranza dei villaggi il saccheggio è avvenuto in zone che avamposti e colonie hanno recintato con l’uso di intimidazioni e violenze e in cui l’esercito, in cambio, ha punito i palestinesi limitandone l’accesso alle loro terre.

E’ così che ci garantiamo il fatto che nel giro di qualche anno ci saranno terre vuote su cui costruire un altro quartiere di lusso. Gli israeliani indifferenti sanno che presto là potranno comprarsi a prezzi stracciati una villa con una fantastica vista. Quindi sbadigliano.

Ci sono furti perpetrati in apparenza da singoli individui, e poi ci sono i furti di Stato – nel villaggio di Al-Walaja, per esempio. E’ molto probabile che questo sia l’ultimo anno in cui la raccolta delle olive vi abbia luogo come al solito. Il prossimo anno gli abitanti saranno soggetti a un sistema di permessi per poter raggiungere le loro terre attraversando un cancello agricolo nel muro di separazione, che verrà aperto quando l’ufficiale di stato maggiore per l’agricoltura dell’Amministrazione Civile israeliana in Cisgiordania deciderà che debba essere aperto – per due o tre mesi all’anno. La mattina verrà aperto e chiuso immediatamente, e così alla sera.

Venerdì scorso un abitante di Al-Walaja e volontari israeliani di Engaged Dharma, che stavano aiutando nella raccolta, hanno preferito parlare di cose piacevoli: della qualità dell’olio d’oliva, delle olive succose che stavano crescendo vicino alla cisterna, di quelle più avvizzite che erano state raccolte dalla terrazza inferiore, dell’ottimo sapore dei rapanelli e delle cipolle verdi che egli coltiva tra gli alberi. Ma il prossimo anno gli abitanti del villaggio dovranno fare i conti con le restrizioni per avere un permesso – condizioni in contraddizione con l’abitudine palestinese di lavorare collettivamente la terra e che molto probabilmente non consentiranno loro di continuare a coltivarvi ortaggi.

Quelli che sbadigliano stanno già facendo un giro sulle terre di Al-Walaja, che sono state dichiarate dagli ebrei parco nazionale per l’ozio e il relax, per giostre ed immersioni rituali. E, se dio vorrà, il prossimo anno, quando la costruzione del muro sarà completata, non vi si vedranno palestinesi – i proprietari legittimi della terra.

Qui il discorso chiarisce perché, diciamo, un boicottaggio europeo e sudamericano dei, diciamo, prodotti agricoli israeliani sia necessario e giustificato. Questa sarebbe l’unica cosa che potrà far smettere gli israeliani di sbadigliare.

(traduzione di Amedeo Rossi)

https://frammentivocalimo.blogspot.it/2017/11/amira-hass-uno-sbadiglio-e-cosi-che.html

 

L’arresto e l’abuso di bambini palestinesi devono finire – Issa Amro

Come difensore dei diritti umani  dei palestinese, sono stato arrestato da Israele più volte. . Sono stato picchiato, spogliato e lasciato fuori al freddo e la mia famiglia è stata minacciata di violenza. Durante uno dei miei arresti nel 2015, ho passato cinque ore ammanettato in un bagno  sudicio. I soldati sono entrati con le loro pistole  gridando _  “Ti uccideremo  nello stesso modo che uccide l’ ISIS “.

Ma il peggior arresto è stato quando sono stato arrestato con un gruppo di bambini palestinesi. E il ricordo  mi fa ancora soffrire, provo  più dolore che per l’infortunio alla  schiena dovuto a  un altro arresto brutale.

Era il marzo 2013. Il presidente Obama stava atterrando a Tel Aviv quel giorno,  speravamo di ottenere la sua attenzione  , speravamo  che visitasse la città di Hebron, nella West Bank. Se fosse venuto avrebbe  visto con i suoi occhi le forme più palesi dell’apartheid israeliano in Cisgiordania: i numerosi posti di blocco militari, le strade dove non è permesso ai palestinesi di andare, i quartieri chiusi dietro gabbie, cancelli e soldati armati ,l’ odio diretto contro di noi   che ogni giorno viviamo  sotto il dominio militare israeliano.

In quel giorno di marzo abbiamo guidato una manifestazione lungo le strade di Hebron.La metà di noi indossava maschere di Obama, mentre l’altra metà indossava maschere di Martin Luther King. Le nostre magliette dicevano “I Have A Dream”.

Ma mentre eravamo ancora lontani dalla nostra destinazione ,Shuhada Street, la strada più notoriamente segregata di Hebron – alcuni di noi sono stati afferrati  dai soldati israeliani, gettati a terra e arrestati.

Sono stato messo nella parte posteriore di una jeep dell’esercito con sei bambini palestinesi di età compresa tra i 10 e i 13 anni. Non avevano partecipato alla manifestazione; i bambini erano usciti per osservare, curiosi come i  bambini in tutto il mondo. Nondimeno sono stati bendati e ammanettati insieme a  noi.

Erano chiaramente terrorizzati; molti di loro stavano piangendo. Secondo la legge israeliana, una volta alla stazione di polizia o alla base dell’esercito, agli arrestati dovrebbero essere  tolte le manette e le bende agli occhi. Questa legge è stata ignorata. Il fatto che i bambini non avessero partecipato ala manifestazione, fossero rimasti bendati e ammanettati, mostra   non solo una palese e volontaria violazione della legge, ma anche una vera crudeltà da parte delle forze israeliane.

Mi sentivo grato  di stare con loro, dato che i bambini palestinesi hanno raramente un adulto che li aiuta durante l’arresto e la detenzione. Ma sono ancora ossessionato da ciò che non ho potuto insegnare loro in quel breve viaggio .

Sono abituato a essere umiliato e terrorizzato durante questi arresti. Sono abituato all’abuso della polizia e dell’esercito israeliano. Ho imparato a  mantenere la mia dignità e a preservare la mia  scelta . So come frenare la mia fame e tenere la mia vescica.

Queste sono cose che non puoi insegnare ai bambini di 10 anni in un breve trafgitto . Il tempo passava e loro   sono rimasti bendati e incatenati, paralizzati dalla paura. Gli è stato negato il cibo e l’uso del bagno. Alcuni di loro si sono sporcati mentre piangevano .

Quando ho protestato a nome dei bambini, i soldati mi hanno urlato contro e hanno stretto le mie manette fino a quando non me le hanno conficcate  nei polsi. Finalmente sono riuscito a raggiungere il cuore di un soldato.Ha tolto le bende e le manette ai bambini e ha permesso loro l’accesso al bagno. Ma la squadra successiva di soldati ha rimesso le   manette e le  bende sugli occhi ai bambini.

Secondo Defense for Children International, Israele processa ogni anno trai  500 e i 700 bambini nei tribunali  militari , senza i diritti fondamentali di un processo equo.Questo vale per i bambini di 12 anni. All’età di 16 anni i minorenni palestinesi vengono  perseguiti come adulti. Ciò è in contrasto con lo status dei coloni israeliani e dei loro figli, che vivono sotto la legge civile israeliana dove l’età  adulta e il procedimento giudiziario è  fissato a 18 anni.

Tre bambini palestinesi su quattro subiscono violenza fisica durante il loro arresto e solo il 10% incontra un avvocato, secondo un rapporto dell’UNICEF. Sono spesso presi dalle loro case – in realtà sequestrati dai loro letti – dai soldati israeliani, durante incursioni terrificanti nel bel mezzo della notte. Viene  negato di vederli  ai loro genitori e sono soggetti a duri interrogatori senza l’assistenza legale. Spesso vengono posti in isolamento per spezzarli  psicologicamente ed emotivamente.

Un rapporto del 2013, pubblicato dal Dipartimento di Stato,  ha rilevato che i servizi di sicurezza israeliani abusano e in alcuni casi torturano i minori per costringerli a confessare  di aver lanciato pietre.

Io stesso ho sentito chiedere ai bambini: “Vuoi vedere tua madre? Confessa di lanciare pietre e ti faremo vedere subito tua madre. ”

Devono forzare queste confessioni perché i bambini piccoli spesso non sono gli stessi lanciatori di pietre; piuttosto, sono gli obiettivi più facili per i soldati da catturare e caricare nel retro delle loro jeep militari. Poi, dopo aver promesso che torneranno a casa, questi bambini firmano le confessioni scritte in ebraico, che non possono parlare o leggere. Invece di essere rilasciati, però, vengono portati al centro di detenzione . Molti dei centri di detenzione si trovano all’interno di Israele, quindi le loro famiglie devono richiedere un permesso speciale per visitarli.Spesso i permessi vengono ritardati o negati.

Non  mi aspetto che Israele cambi la sua pratica di detenere e terrorizzare i bambini palestinesi,ma  gli Stati Uniti hanno la possibilità di intervenire . L’anno scorso, poco prima che il presidente Obama lasciasse la Presidenza , approvò un budget di 3,8 miliardi di dollari l’anno in aiuti militari a Israele per i prossimi dieci anni. Miliardi di dollari vengono ricevuti dall’esercito israeliano, indipendentemente dal numero di bambini palestinesi detenuti e maltrattati in carcere o processati nei tribunale militare,ma  questa realtà potrebbe cambiare.

Oggi abbiamo ricevuto un motivo per sperare. Il rappresentante Betty McCollum del Minnesota, insieme a nove co-sponsor, ha introdotto una proposta rivoluzionaria . Si chiama “Promuovere i diritti umani ponendo fine alla detenzione militare israeliana  sui bambini palestinesi” e mira a proteggere i diritti e la vita dei bambini palestinesi.

Questo disegno di legge richiederebbe al Segretario di Stato di certificare ogni anno alle Commissioni per gli stanziamenti della Camera e del Senato  che nessuno dei fondi ,che gli Stati Uniti hanno fornito durante l’anno fiscale precedente, è stato utilizzato per violare i diritti  dei  bambini palestinesi secondo gli standard del diritto internazionale. In particolare, impedirebbe ai bambini palestinesi di essere sottoposti a tortura o a violenza fisicacome : posizioni di stress, incappucciamento, privazione sensoriale, minacce di morte, isolamento, detenzione senza accusa o processo, proibizione di vederli a i genitori o ai consulenti legali, , confessioni ottenuto con la forza o la coercizione.

Il disegno di legge di McCollum non porrà fine a tutti gli abusi del tribunale militare israeliano. Non cambierà il fatto che, in questo momento, sto subendo un processo militare, con una probabilità del 99,74% di condanna e di carcere per, come ha scrittoAmnesty International, accuse “infondate” – Infatti chi si riunisce con  più di dieci palestinesi per la pace politica , organizzando pacificamente manifestazioni  contro l’occupazione e le zone militari chiuse, è colpevole secondo la legge militare

Il disegno di legge del rappresentante McCollum non permetterà ai coloni israeliani di uscire da Hebron o impedirà agli aiuti militari statunitensi di essere usati per acquistare i caccia della Lockheed Martin che bombardano e uccidono civili palestinesi a Gaza.Tuttavia, questo disegno di legge rappresenta il primo passo verso la protezione dei più vulnerabili tra noi in Palestina ,mentre continuiamo a vivere e a lottare contro l’opprimente occupazione militare israeliana di ben 50 anni della Cisgiordania e di Gaza.

Se la legge passa, forse la prossima volta che verrò arrestato con bambini palestinesi, i soldati ci penseranno due volte prima di metterli in manette e urlare contro di loro al punto che si sporcano.

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Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Francesco Masala

    è apparso su frammentivocalimo la traduzione di un articolo (pubblicato su Haaretz) di Brian K. Barber, che critica severamente il lavoro di Mansour citato nell’articolo di Gideon Levy.

    ecco l’articolo di Brian K. Barber:

    I palestinesi a Gaza soffrono abbastanza senza essere diffamati come devianti sessuali e malati mentali – Brian K. Barber

    L’intervista di Haaretz dell’11 novembre a uno psicologo che occasionalmente visita la Striscia di Gaza ( Gaza Kids Live in Hell: uno psicologo racconta di sfrenato abuso sessuale, droga e disperazione ) ritrae la società di Gaza come una comunità che ha completamente perso la sua spina dorsale morale- Mohammed Mansour afferma che vi sono violenze sessuali e abuso di droghe e che, a tutti gli effetti, tutti sono malati di mente.
    La nostra esperienza pluriennale di professionisti della salute mentale e ricercatori a Gaza è molto diversa.
    Praticamente tutte le asserzioni fatte nell’articolo sulla popolazione di Gaza nel suo complesso sono speculative, sembrano basate su nessuna prova o semplicemente riportano impressioni, aneddoti o esempi dell’intervistato.

    Questo è vero non solo per le asserzioni selvaggiamente esagerate dell’abuso sessuale e della malattia mentale, ma anche per le seguenti affermazioni fatte da Mansour che crediamo fermamente, in base alla nostra esperienza, false:
    la comunità di Gaza è complice dell’abuso sessuale
    Questo ‘abuso è aumentato dall’agosto di quest’anno
    Gli uomini sposati cercano costantemente il sesso extraconiugale
    I giovani uomini abusano sessualmente dei loro coetanei o dei bambini più piccoli per ottenere il controllo
    L’ abuso abuso di tramadol aumenta le aggressioni sessuali
    Tutte le convenzioni sociali a Gaza sono crollate,
    Hamas è l’unica barriera al collasso totale della società (senza la quale non ci sarebbe altro che crimine) e che ognuno pensa a sé a Gaza.
    Nell’articolo è riconosciuto che non esiste una ricerca sistematica sull’abuso sessuale a Gaza , il che rende ancor più curiosa la volontà di descrivere e pubblicare tale disinformazione.

    Ma l’articolo ignora un’attenta ricerca condotta da decenni su campioni ampi e rappresentativi degli abitanti di Gaza , alla quale ci siamo riferiti – che ha dimostrato che malgrado condizioni sempre più terribili per la salute e la vita, la stragrande maggioranza degli abitanti di Gaza non segnala alti livelli di malattia mentale e che le relazioni coniugali e il rapporto genitore-figlio sono notevolmente forti.
    L’articolo ignora gli effetti perniciosi della continua occupazione, dell’assedio e delle limitazioni del movimento che costituiscono le fonti fondamentali della sofferenza degli abitanti di i Gaza .
    Sì, gli abitanti di Gaza si riferiscono alla stretta striscia in cui vivono come “inferno”; sì, le condizioni economiche e di salute sono terribili; sì, crescono frustrazione e disperazione; sì, un numero crescente vuole uscire da Gaza per cercare migliori opportunità altrove.
    Descrivere Gaza come una società nel caos senza menzionare la sua cultura storicamente forte di resistenza collettiva e di fermezza, descrivere Gaza come una società dove tutti puntano solo a salvaguardare gli interessi personali, è semplicemente scorretto.
    Almeno tre valori fondamentali hanno e continuano a guidare gli abitanti di Gaza (e in generale i palestinesi): raggiungere il massimo livello di istruzione possibile, formare famiglie e creare mezzi di sostentamento per sostenere quelle famiglie.
    Non ci sono prove che l’impegno dei palestinesi nei confronti di questi valori sia diminuito, anche se le drastiche condizioni economiche rendono sempre più difficile il loro raggiungimento e ciò causa profonda sofferenza soprattutto per i giovani di Gaza.

    Tuttavia, continuano a vivere con il loro atteggiamento caratteristico di “non c’è altra scelta che continuare” e “un giorno avremo una piena misura di felicità”.
    In effetti, gli abitanti di Gaza sono sopravvissuti a tutte le previsioni che profetizzavano il loro crollo Quindi, dopo la guerra del 2008-9, si prevedeva che la società di Gaza si sarebbe sgretolata, e ancora di più dopo la guerra del 2014. Questo non è successo.
    I bambini ridono, giocano e sciamano verso la scuola. Le scuole – dalle elementari alle università con laurea specialistica – traboccano di studenti.Giovani donne e uomini cercano ogni opportunità per promuovere la loro istruzione a Gaza e all’estero.
    I giovani di Gaza considerano il matrimonio e la famiglia un obiettivo . Fanno di tutto per guadagnare denaro – comprese le innovative iniziative online – per sostenere le loro famiglie di origine e le loro famiglie future.
    Agricoltori e pescatori lavorano ogni giorno sotto pesanti e minacciose restrizioni. Innumerevoli organizzazioni della società civile, ONG, strutture per la salute mentale e ospedali continuano con le risorse più disparate.
    Le famiglie si incontrano costantemente, rispettano le vacanze, festeggiano i risultati dei bambini, accolgono nuovi figli e ne lamentano le perdite. Quando è possibile , le famiglie vanno in spiaggia per rilassarsi .

    Queste dinamiche sono evidenti per chiunque trascorre del tempo tra la popolazione in generale, come fa uno degli autori di questo pezzo, Yasser Abu Jamei, nel corso quotidiano della sua vita.
    In una visita di un mese a Gaza, nel maggio di quest’anno, il coautore di questo articolo, Brian Barber, per esempio, ha ripetutamente incontrato celebrazioni di ogni tipo: cerimonie di laurea, onorevoli performance degli studenti, premi per il servizio civile a Gaza, e altro .
    La visita includeva anche conversazioni interminabili nei salotti e nelle sale da pranzo delle famiglie, dentro e fuori dai campi profughi, con i genitori e i loro figli delle scuole superiori, desiderosi e ansiosi per i rigorosi esami imminenti per ilcollege tawjihi .
    Ha incluso nella convivenza con le famiglie la frustrazione, ma anche i modi creativi con i quali le famiglie affrontano i 20 più blackout di energia: dispositivi pronti per le poche ore di energia quando arriva (torce elettriche, telefoni cellulari, caricabatterie di tutti i tipi), svegliandosi a qualsiasi ora per riciclare, stirare e fare il bagno e portare prolunghe lungo i vicoli dei campi profughi per condividere l’energia con i vicini che non hanno tali dispositivi .

    Ho accompagnato anche il mukhtar (sindaco tribale) di uno dei più grandi clan di Gaza per giorni, Egli trovava il tempo di incontrare gli abitanti di Gaza e affrontare i bisogni della sua gente, risolvendo conflitti di ogni tipo e lavorando senza problemi con la polizia su questioni serie.
    Questa è la Gaza che conosco come padre e psichiatra di Gaza e come psicologo sociale americano che ha trascorso molto tempo ogni anno a Gaza per 23 anni.
    Non stiamo cercando di nascondere le reali difficoltà incontrate dalla popolazione de facto incatenata di Gaza, ma non vogliamo neanche una rappresentazione della vita a Gaza che Gaza non merita.

    https://frammentivocalimo.blogspot.it/2017/11/brian-k-barber-i-palestinesi-gaza.html

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