Insultanti, fastidiosi, sfacciati, brutali, insopportabili, caustici…

   Torna – con Urania – «Marziani andate a casa» di Fredric Brown

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Ennesima edizione. Vuol dire che ce n’è bisogno… e potrei io sostenere il contrario? No, guardate cosa scrivevo nel settembre 2012.

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«Erano tutti insultanti, esasperanti, fastidiosi, sfacciati, brutali, insopportabili, caustici, sfrontati, odiosi, scortesi, esecrabili, diabolici, spudorati, irritanti, ostili, dispettosi, bruschi, insolenti, impudenti, ciarlieri, irridenti, guastafeste, maligni, pestiferi, malevoli, perfidi, nauseanti, perversi, stizzosi, litigiosi, sgarbati, maleducati, sarcastici, biliosi, bisbetici, infidi, truculenti, incivili, pungenti, xenofobi, sbraitanti e zelantissimi nel rendersi insopportabili e nel causare guai a tutti coloro con cui venivano a contatto». E non si può far nulla contro di loro; perché in un batter d’occhio spariscono (si teletrasportano altrove, anzi no sanno kwimmare, cosa ben diversa: come spiegano, il teletrasporto richiede macchine, mentre il kwimm è mentale). I marziani arrivano – un miliardo circa – anzi “compaiono” su tutta la Terra il 27 marzo 1964 per andarsene il 19 agosto. Chi riuscirà a farli sparire (sto semplificando) è la parte più geniale ed esilarante del romanzo.

Accurrite guagliò (traduzione francese: «Allons enfants») in ogni buona libreria oppure su www.delosstore.it che Delosbooks – sempre sia lodata – rimette in circolazione «Marziani, andate a casa!» (diffidate degli abusi esclamativi ma ogni tanto il “!” serve e questo titolo lo dimostra) di Fredric Brown. Il libro uscì nel 1955 e ha già avuto un paio di edizioni italiane ormai introvabili: questa è una nuova traduzione (che non ho ancora letto ma presto lo farò). L’editore lo presenta come «una delle opere di fantascienza più divertenti mai scritte»: non prendetela per una iperbole, è un semplice dato di fatto.

Naturalmente anche in questa geniale presa in giro Brown – sììììììì, quello del fulminante «Sentinella» – infila, alla sua maniera, discorsi serissimi. A esempio c’è uno stregone chiamato Bugassi – «della tribù Moparobi dell’Africa equatoriale» – che viene chiamato dal suo capo. Così la racconta Brown: «Il capo si chiamava M’Carthi ma non era parente dell’omonimo senatore degli Stati uniti». Niente male considerando che Brown scrive nel 1955. Comunque anche trasformare gli invasori, i “mostri” in discoli, malandrini ecc (vedi sopra: in quella frasetta ci sono 42 precisazioni) è una bella, seria provocazione.

Se conoscete persone ossessionate dalla privacy, psichiatri molto seriosi, fans delle Nazioni Unite (ne esistono ancora?) ma anche scrittori/scrittrici di fantascienza ad alto tasso alcolico e in crisi creativa ricordate che la lettura di questo libro potrebbe essere fatale per loro. Lo consiglio invece ai restanti bipedi.

I soliti bene informati fan sapere che a questo romanzo si è ispirato il film «Martians Go Home» (che era ovviamente il titolo originale di Brown) del 1989, distribuito in Italia con il titolo «Balle spaziali 2- la vendetta»: non ne so alcunché (e qualche timore serpeggia nella mia animuccia) ma se qualcuna/o mi informa beh grazie in anticipo.

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AD AGOSTO, SI SA, IN QUESTO STIVALE MAL MESSO DI UN PIANETINO PERIFERICO IN UN SISTEMA SOLARE IMPERFETTO IN UNA SECONDARIA GALASSIA… SI RALLENTA: LO FARA’ ANCHE LA “BOTTEGA”, INCLUSO IL SUO «MARTE-DI’». (db)

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Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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