«Io se fossi Gaber»

di Antonio Fantozzi

Quasi una “scor-data” pensando al 25 gennaio, il giorno in cui “il signor G” venne al mondo

Eccole qui di seguito, parole scritte anni fa che mai come oggi mi sembrano così puntuali e vere.

«Com’è bello occuparsi dei dolori

di tanta, tanta gente

dal momento che in fondo

non ce ne frega niente» (Il tutto è falso – 2003)

«Ma un po’ per non morire

o forse un po’ per celia

abbiam fatto l’Europa

facciamo anche l’Italia» («Io non mi sento italiano» – 2003)

«Io non rispetto nessuno

se mi serve posso anche far finta

di essere buono

(…) la parola io

questo dolce monosillabo innocente

è fatale che diventi dilagante

nella logica del mondo occidentale

forse è l’ultimo peccato originale» («La parola io» – 2003)

«E su tutti i canali arriva la notizia

un attentato, uno stupro

o se va bene una disgrazia

che diventa un mistero

di dimensioni colossali

quando passa dal video

a quei bordelli di pensiero

che chiamano giornali.

E leggendo i giornali

con un minimo di ironia

li dovremmo sfogliare

come romanzi di fantasia

che poi il giorno dopo

o anche il giorno stesso

vanno molto bene

per accendere il fuoco

o per andare al cesso» («C’è un’aria» – 2003)

«Questo nostro mondo ormai è impazzito

e diventa sempre più volgare» («Se ci fosse un uomo» – 2003)

«Si può trasgredire qualsiasi mito

si può invaghirsi di un travestito

si può fare i giovani a sessant’anni

si può far riesplodere il sesso ai nonni, si può.

(…) Si può ricoprirsi di gran tatuaggi

(…) si può rinnovarsi le tette e il culo, si può.

Per ogni assillo o rovello sociale

sembra che la gente goda.

Tutti che dicon la loro facciamo un bel coro

di opinioni fino a quando

il fatto non è più di moda» («Si può» – 2001)

«(…) e poi ci sono i gay che han tutte le ragioni

ma io non riesco a tollerare

le loro esibizioni.

Non mi piace chi è troppo solidale

e fa il professionista del sociale

ma chi specula su chi è malato

su disabili, tossici e anziani

è un vero criminale.

Ma non vedo più nessuno che s’incazza

fra tutti gli assuefatti della nuova razza» («La razza in estinzione» – 2001)

«(…) L’appartenenza

è avere gli altri dentro di sé» («Canzone dell’appartenenza» – 2001)

«(…) Penso che è bello sentirsi buoni

usando i soldi degli italiani» («Il potere dei più buoni» – 2001)

Ma prima di queste parole ce n’erano state altre, anch’esse puntuali e vere, e andando indietro nel tempo mi ritrovo con un vecchio vinile in mano, dalla copertina nera. E ricordo.

Il materiale per il disco, testo e musica, era pronto poco dopo l’assassinio di Aldo Moro il 9 maggio 1978, ma nessuno lo volle incidere temendo una serie di denunce. Già, viviamo in democrazia fino a che non risulta evidente che la democrazia è una superstizione. Allora scegliamo la convenienza. Convenienza? Non si dice più così, adesso è il politicamente corretto che domina. Non mi interessa nemmeno sapere chi è l’imbecille che inventa queste espressioni, che tanto so benissimo che la mamma degli imbecilli è sempre incinta. Politicamente corretto è il telo bianco che copre il cadavere all’obitorio. «Cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti…», il signor G parlava dei giornalisti. Lui però non era così, lui era di un altro tempo. Il tempo antico, «dove si odiava, e si amava, e si ammazzava il nemico». E allora musicò le parole di questo disco che nessuno voleva pubblicare. Uscì nel 1980, quasi clandestinamente, ed era la metà di un disco perché solo un lato fu inciso, ½ LP appunto, come sta scritto sulla copertina. «Io se fossi Dio» è il titolo. Già, perché se aspetti che sia Lui a farlo stai fresco. Devi tu essere Lui per fare quello che Lui non farebbe mai.

«Io se fossi Dio maledirei davvero i giornalisti e specialmente… tutti. / (…) Compagni giornalisti, avete troppa sete / e non sapete approfittare delle libertà che avete: / avete ancora la libertà di pensare, / ma quello non lo fate / e in cambio pretendete la libertà di scrivere, / e di fotografare. / (…) Voi vi buttate sul disastro umano / col gusto della lacrima in primo piano! / (…) Io se fossi Dio / naturalmente io chiuderei la bocca a tanta gente: / nel regno dei cieli non vorrei ministri / e gente di partito tra le palle, / perché la politica è schifosa e fa male alla pelle! / E tutti quelli che fanno questo gioco, / che poi è un gioco di forze, ributtante e contagioso / come la lebbra e il tifo… / E tutti quelli che fanno questo gioco / c’hanno certe facce che a vederle fanno schifo, / che siano untuosi democristiani / o grigi compagni del piccì. / Sono nati proprio brutti o, per lo meno, tutti / finiscono così. / (…) Io se fossi Dio, / non avrei proprio più pazienza, / inventerei di nuovo una morale / e farei suonale le trombe per il Giudizio universale!».

E ad ascoltarlo ora questo ½ LP, dopo tanto tempo, a casa mia, mi viene ancora la pelle d’oca e, in quest’Italia sottoproletaria sempre più cialtrona e sempre più canaglia dove ormai la parola non conta un fico, dico che io se fossi Gaber mi cucirei la bocca e resterei muto, e con il dito medio farei il saluto a questo popolo plebeo, e uno sberleffo, marameo!

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