Ipocrisia

Fabrizio «Astrofilosofo» Melodia nella puntata 182 di «Ci manca(va) un Venerdì» da par suo saltella: da H (Hawthorne) ad H (Huxley) passando anche per Y (Yourcenar)

«Nessuno può indossare troppo a lungo una faccia in privato e un’altra davanti alla gente senza trovarsi alla fine a non sapere più quale è quella vera» afferma con arguzia il celebre scrittore statunitense Nathaniel Hawthorne, autore del romanzo «La lettera scarlatta» (pubblicato per la prima volta nel 1850) in cui si narra, non a caso, del rapporto che lega la protagonista Hester all’uomo che l’ha messa incinta e che si rivelerà nel corso della narrazione come lo stimato e intransigente predicatore del paese.

Hester viene messa alla berlina con una lettera A – come Adultera – scarlatta impressa sul petto. Il romanzo si apre con una scena magistrale. Hester, per amore sincero, protegge il reverendo (lui rimane nell’ombra) mentre le comari del paese sono tutte eccitate dalla possibilità di assistere alla pena capitale prevista per il reato di adulterio.

Doppiezza e ipocrisia la fanno da padrone nelle pagine del romanzo di Hawthorne, uno spaccato di vita reale che ancora oggi pare passato. Ma forse doppiezza e ipocrisia sono l’altra faccia della medaglia, come suggerisce lo scrittore Vittorio Imbriani: «Così porta la natura nostra: in pubblico (se, anche il pubblico è ridotto al termine minimo d’un solo individuo) affettiamo sensi sdegnosi e noncuranza suprema; soli con noi medesimi, operiamo in aperta contraddizione di quelli. V’è un po’ d’ipocrisia, anche, nella virtù più incorrotta e sincera».

Perché ipocrisia e sincerità sono unite e l’una non esiste senza l’altra; come l’ombra non esiste senza il suo oggetto investito dalla luce.

È mai possibile che si debba continuare con una tale doppiezza senza poter vivere alla luce del sole? Quanto più semplice sarebbe la nostra vita se potessimo praticare il libero amore, eliminando in questo mondo le logiche di potere e di assolutismo?

Sarebbe meno ipocrita abolire la proprietà privata? La generosità ne sarebbe compromessa? La gelosia del possesso troverebbe guarigione?

Ancora domande. Questa società può evolversi, senza paura del cambiamento e per molti senza paura di perdere i privilegi e il potere che li rende “divinità” a discapito della maggioranza che (forse) li adora ma fa una vita agra per permettere loro di vivere nel lusso sfrenato?

«Esageri l’ipocrisia degli uomini. […] La maggior parte pensa troppo poco per pensare doppio» scrive Marguerite Yourcenar, sdrammatizzando molto un dramma vecchio come il mondo.

In conclusione vorrei lasciare la parola a Hawthorne: «Per l’uomo falso, tutto l’universo non è vero, e quando cerchi di afferrarlo stringi un pugno di mosche: è impalpabile. E lui stesso, fino a quando si mostrerà sotto una luce falsa, sarà un’ombra, una cosa che non esiste più«».

In un mondo di ombre evanescenti, dove il sorriso stampato sostituisce quello autentico, dove le emozioni sono artefatte e ogni cosa sembra artificiale, una scenegrafia mal concepita che ad ogni angolo restituisce freddezza come un fondo dipinto, forse un gesto di sincerità potrebbe fare molto, se solo si trovasse il coraggio di andare oltre gli schemi sociali che ingabbiano sempre di più, fino a strangolare.

O per dirla con il filosofo Aldous Huxley “Non c’è libertà a questo mondo; solamente gabbie dorate”. 

Nell’immagine il quadro Gli ipocriti del pittore fiammingo rinascimentale Jan Matsys.  

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *