Ipotesi sul senso della depilazione

di Mauro Antonio Miglieruolo

Un signore, assiduo del blog, ex compagno di lavoro, avendo letto il post intitolato “Il peto come indizio” (vedi IVI) mi ha invitato a ripetermi cambiando soggetto, scrivendo qualcosa sul pelo. Esattamente sul perché si procede alla sua rimozione (rimozione praticata da uomini e donne, anche se più radicalmente dalle donne) e sul senso, rispetto l’umana evoluzione, che può essere individuato in questa pratica. L’ipotesi suggerita è che essa possa essere letta come un indizio del legittimo desiderio umano di prendere le distanze dal mondo naturale dal quale è emerso.
Il cortese (ma non sempre) lettore ha ragione. La rimozione dei peli dal corpo asseconda proprio questo desiderio. Desiderio di stabilire la propria distanza dal mondo animale, un desiderio forte che si esprime in diversi disparati aspetti: nel vestire, nel nutrirsi, nel culto della cura della persona, nella propria auto gratificazione come specie, nei riti funerari e persino nelle pratiche sessuali. In questi ultimi, proprio là dove apparentemente l’istinto animale sembra poter prendere il sopravvento, la distanza (non a caso)* diventa abissale.
Tutta via non ritengo che il tema “pelo” possa essere svolto e completato, come ritengo sia stato per il “peto”, allegando questa sola motivazione. Ritengo che ben altro possa ritrovarsi nascosto nelle pieghe di questo importante e diffuso costume. Lo dimostrano gli aspetti contraddittori con i quali si presenta, nonché a causa della diversità dei punti di vista con i quali il costume viene adottato. Né Le donne, né gli uomini sono coerenti nella pratica della depilazione e nei punti di vista relativi. Gli uomini conservano volentieri barba e baffi e ambedue i generi i capelli in testa. Anzi, in questo ultimo caso, la perdita dei capelli viene considerata una iattura (genere femminile) o una disdetta (genere maschile). Poter sfoggiare una bella capigliatura è possibilità che fornisce grande soddisfazione e per la quale si ha molta cura e si ricorre a molteplici espedienti (taglio, pulizia, colore ecc.), ultimo dei quali è il riporto, il trapianto o il ricorso a una parrucca. Le persone si sentono più in ordine avendo messo ordine nei capelli, più lontano dal mondo animale dal quale vuole prendere le distanze. Le donne per altro che accolgono con disperazione la perdita dei capelli, con altrettanta disperazione assistono alla crescita di peli in varie parti del corpo, crescita rispetto alla quale gli uomini ai quali tocca manifestano spesso indifferenza. Questo nonostante sia considerato “virile” in varie culture e in diversi contesti geografici, sfoggiare una significativa presenza di peli sul corpo.
Su questo punto, la presenza diffusa di peli, con la loro concentrazione in determinate parti anatomiche, la contraddizione muta in incoerenza, in caos, in anarchia. Ognuno in merito ha una propria opinione. Conosco uomini che si depilano o accettano depilarsi (sospinti dalle loro donne); e conosco donne che apprezzano gli “uomini pelosi”. Conosco donne che per se stesse non sopportano la proliferazione dei peli nemmeno nei punti considerati “legittimi” o quantomeno ammissibili, ascelle e pube, (sulle gambe e sulle braccia, sulle guance, sul labbro superiore l’opinione è quasi unanime: quantunque pressoché universalmente presenti, salvo qualche fortunata, è disdicevole averne); ed uomini che vengono colti dalla vertigine quando possono constatare la dovizia che può regnare in determinati specifici anfratti (e non si parla di – sorridendo ma anche ammirando – di “foreste nere”, di “bouquet di fiori”, di “praterie” e “boschetti rigogliosi”?) So di un simpatico cinquantenne che “fece gli occhi da pazzo”, spaventando la persona alle cui grazie gli era appena stato concesso di accedere, quando costei, forse troppo bruscamente, svelò un segreto fino allora custodito gelosamente… so di un altro invece che rinunciò a effettuare ogni profittevole verifica sul campo, freddato dal solo sospetto di potersi trovare di fronte a un genere di spettacolo che nel suo criterio era assolutamente disdicevole (ah! quante ne potrei raccontare dei miei travagliati 39 anni di lavoro nell’INPS).
Dunque, sul tema “pelo” non vige la medesima uniformità di vedute che caratterizza il “peto”. Pur essendo una questione battagliata, del quale ci si occupa con notevole impegno.
Il che indurrebbe a pensare che sull’argomento possa esserci dell’altro che la sola tendenza a esorcizzare le origini e a distinguersi dai cugini animali. In merito ritengo sia possibile solo effettuare alcune ipotesi. Che si tratti di tendenze, non so quanto secondarie, che rafforzano o debilitano (a seconda dei soggetti, della cultura e delle personali esigenze) quella principale. Potrebbe trattarsi infatti del mero evolvere di un determinato canone di bellezza (trattandosi di un criterio estetico non può godere dell’unanimità che spetta al “peto”); oppure del sopravvenire e del rafforzarsi di esigenze igieniche (non a caso la pratica di depilare il sesso, per quanto a mia conoscenza, proviene dai caldissimi paesi del bacino mediterraneo e del Medio Oriente, paesi caldi nei quali la funzione tradizionale di protezione tramite peluria non ha ragione di essere); oppure ancora per uniformare ulteriormente i corpi sottraendogli questa ulteriore possibilità di variazione (ulteriore progresso verso la standardizzazione dell’umano)? Oppure, per finire, di una moda che ha preso piede, il corpo nudo che più nudo non si può e che può durare ma anche rivelarsi passeggera…
Non saprei dire il peso che ogni opzione possiede, perciò anche scegliere quella o quelle di maggior rilievo. Né sono sicuro non esistano ragioni più profonde di quelle indicate che non mi è riuscito di individuare. Di rimandare in attesa di tempi migliori non me la sono sentita, la domanda impellente del lettore esigeva una risposta. Per quello che ho potuto, l’ho fornita. Si tratta ora di aspettare l’eventuale illuminazione ulteriore che nessuno può sapere se verrà; e se il ruminatore instancabile di pensieri che sono saprà utilizzare adeguatamente.

* Non a caso: tanto più grande il pericolo, altrettanto grandi le misure per “prevenirlo”. Si potrebbe dire che l’intera cultura umana è costruita come barriera contro le aggressioni della sessualità; che la cultura sia, in ultima analisi, sessualità sublimata, strumento per contribuire a regolarla e indirizzarla a scopi “nobili” e socialmente accettati. Nello specifico delle regole sessuali, pensiamo di quante attenzioni, prescrizioni, raccomandazioni, obblighi e galatei è circondato l’atto del solo corteggiamento; e quanto abbia esplorato l’essere umano le possibili varianti per mezzo del quale accostarlo prima di praticarlo. Se non siamo al tutto, siamo al più della vita che importa ogni essere umano.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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